Questa è una storia privata, come lo sono tutte le storie d’amore. È una storia di gioventù, e di indipendenza. È la storia di una corrispondenza a distanza. È una storia di sogni individuali, e di una guerra che sullo sfondo, infame come tutte le guerre, li attende alle porte.
Questa è una storia pubblica, perché ci riguarda. Riguarda il nostro passato, e gli uomini che, benedetti, lo hanno scritto custodito nobilitato. E anche il nostro presente: di giovani, di innamorati, di cittadini.
«Ove tutto ti tradisca e ti abbandoni, ove tutte le speranze ti falliscano, io resto per te, ora e sempre, per amarti, per confortarti, per fare la via aspra con te.»
Anche i Padri Costituenti scrivevano lettere d’amore. E fortuna vuole che esistano da sempre i ficcanaso irriducibili, subito pronti a leggerle: questa è una storia fatta su misura per loro, per noi. Irriducibili lettori delle Lettere a Milena e dei Diari di Sylvia; delle lettere di Werther, delle confessioni di Anaïs, e del Diario di una scrittrice – Virginia Woolf – che si esprime proprio come una voce di dentro. Irriducibili lettori di epistolari, diari, autobiografie e cronache giornalistiche: perché il fascino di una storia vera è un fascino diverso, tutto particolare, che sa di sangue polvere e inchiostro ancora fresco, inchiostro di timbri postali note d’archivio e diari privati.
“Ada con gli occhi stellanti” è la raccolta delle lettere che Piero Calamandrei – giovane giurista fiorentino, futuro antifascista, futuro Padre Costituente – scrisse ad Ada Cocci, sua amica poi fidanzata e poi compagna di una vita intera, fra il 1908 e il 1915: l’arco temporale che va dal loro primo incontro a Montepulciano fino al momento della partenza di Piero per il fronte.
È «un romanzo d’amore e di formazione» scritto in forma epistolare: un racconto composito come un mosaico di cui ogni missiva è un tassello, che si snoda nel tempo e nello spazio di un giovane cuore, idealista e sempre indeciso tra la sua nera malinconia e la sua vivacissima leggerezza, ironia.
È il ritratto di un ragazzo testardo che si innamora, che cresce – in parallelo con il suo amore – e si forma a poco a poco: come giurista, come poeta e come uomo. È il ritratto, indiretto, di una giovane donna di inizio Novecento, Ada, che più di tutto ha a cuore la propria indipendenza – economica, ma non solo – e che per conquistarla lavora duramente, non esitando a lasciare la sua Firenze per trasferirsi da sola in una Torino grigia e ostile e mantenersi così con il proprio lavoro.
«E tu rideresti, Adina…rideresti tanto e forte sì da far stupire gli spiriti dei giureconsulti che stanno qui in permanenza da secoli a conversar di gravissimi argomenti…Rideresti come la Primavera in presenza del triste re Severo, e tu ed io insieme cominceremmo a buttar per aria, in un impeto di santa ribellione, tutti i codici che ho qui davanti, tutti i quaderni che da mesi riempio di lambiccati ragionamenti, il calamaio, le penne, tutta questa robaccia grigia fredda che non sente che il sole ritorna, che i fiori sbocciano e che bisogna amare, perché domani si morirà…»
Mi sono innamorata di Piero Calamandrei sui banchi dell’università, mentre preparavo con fatica l’esame di Diritto costituzionale: mi piaceva il movimento dolce della lingua ch’era necessario per pronunciarne il nome, mi piaceva ciò che di suo trovavo leggendo i lavori dell’Assemblea Costituente, mi piaceva la sua storia. Scopertolo anche scrittore – non solo di lettere e diari, ma anche di fiabe romanzi e saggi – mi sono innamorata della sua melodia e del suo pensiero intimo: Piero Calamandrei è uno scrittore aristocratico, dal linguaggio al tempo stesso colto e morbido, chirurgico nel definire e raccontare i mille luoghi abitati dal cuore umano.
«Ho pensato più volte a certe secrete corrispondenze scambievoli che esistono fra la tua persona e i luoghi ov’essa mi appare: tu, colla tua presenza, riveli a me sconosciute armonie dei luoghi che ti circondano, mi aiuti a comprenderli e ad interpretarli: (…) le cose che ti sono intorno servono non so come ad integrar l’imagine tua, quasi esistessero soltanto per te: e le cose inanimate e lontane fra loro, che erano prima ciascuna separata ed estranea all’altra, concorrono per virtù tua a formare un’unità che io solo vedo, della quale tu sei la fonte e la spiegazione.»
“Ada con gli occhi stellanti” è una storia pubblica e privata al tempo stesso.
Il titolo deriva da un’annotazione dietro una fotografia: “la faccia dagli occhi stellanti” scrive Piero sul retro di una fotografia di Ada – ritratta da giovane con un grande cappello di paglia – dietro la quale lei stessa aveva già annotato “quando conobbi Piero avevo diciotto anni”. È la storia di due giovani innamoratisi un secolo fa e che, per incontrarsi, si scrivono lettere.
È la storia, perciò, di un mezzo d’amore – la lettera – che oggi non esiste più: racconta qualcosa della Storia del linguaggio dell’amore; è la stora di una giovinezza: racconta come si faceva ad essere giovani un secolo fa, come si faceva ad avere sogni ambizioni e desideri, che non sono poi molto diversi da quelli di oggi; è la storia di una complicità: racconta la costruzione di un rapporto che, oltre e anche a parte l’amore, si riempie di confidenze, di consigli e di sostegno; è la storia di una giovane donna forte e indipendente: racconta di come di lei si innamorò un ragazzo testardo, destinato di lì a poco ad affrontare due guerre ed il fascismo, ad affrontare la Ricostruzione, a scrivere la nostra Costituzione.
«E ogni sera si rinnovava l’illusione: questa immensa tragedia che ci circonda svaniva come un sogno d’incubo; era giunta per incanto la vita che speriamo da anni: tu eri mia, mia tutta, ed io potevo finalmente guardarti accanto a me con serena quiete, te, il bene unico della mia vita finalmente raggiunto, te, il centro luminoso del mio universo finalmente conquistato.»
Titolo | Ada con gli occhi stellanti
Autore | Piero Calamandrei
Casa editrice | Sellerio Editore Palermo
Anno | 2005 (1908-1915)
Pagine | 315