Acciaio | Silvia Avallone
Il Premio Strega ha fatto il suo tempo. Scorrendo la storia dei vincitori, si leggono prima nomi come Cesare Pavese, Elsa Morante, Dino Buzzati, e poi Margaret Mazzantini e Paolo Giordano. C’è chiaramente qualcosa che non va. Si è sempre più scettici su questi riconoscimenti letterari, nazionali o internazionali che siano, ed il colpo di grazia arriverà con il Nobel a Murakami. Perché arriverà, vedrete.
Tuttavia, penso che siano ancora una fonte interessante per trovare nuove letture, forse un po’ più variegate, un po’ meno ermetiche e geniali di quello che ci aspetteremmo, ma decisamente valide. Un esempio è Acciaio di Silvia Avallone, finalista per il Premio Strega 2010 e vincitore nello stesso anno del Premio Campiello, Categoria Opera Prima.
Acciaio è il romanzo d’esordio della Avallone, neolaureata in lettere con un debole per la poesia, ed è la storia di una provincia operaia. Siamo a Piombino, precisamente in via Stalingrado, nel 2001 (anno non casuale). Questa via rappresenta il fulcro del quartiere operaio, cresciuto intorno alla mastodontica acciaieria Lucchini, luogo attorno al quale, in un modo o nell’altro, ruotano tutte le vite dei personaggi del romanzo.
Sono tanti e complessi i personaggi tratteggiati dall’autrice, ma la storia si concentra sulle avventure quotidiane delle due protagoniste, due ragazze appena adolescenti, alle prese con i problemi esistenziali dei tredici anni, costrette a confrontarsi con il mondo del lavoro operaio più che con i compagni di scuola. Con un passato difficile ed un futuro che sembra impossibile, le due ragazzine si fanno forza, tra un padre violento ed un fratello con problemi di droga.
L’immagine della grande acciaieria che domina il quartiere mi ha ricordato un passaggio del film Ovosodo di Paolo Virzì, nel quale il rione Ovosodo è ammorbato dalla fabbrica del papà di Tommaso, amico del protagonista. Io via Stalingrado a Piombino me la immagino un po’ come il rione di Piero, con tanta solidarietà ma anche tanta povertà ed inquinamento. Come in un perverso ciclo di fotosintesi, l’acciaieria assorbe le vite e le energie dei piombinesi, risputando in cambio povertà e fiumi tossici.
L’inquinamento che la Avallone racconta, infatti, è ben più del mero inquinamento ambientale, è una cortina che delimita anche l’orizzonte dei ragazzi di via Stalingrado, che non conoscono altro che l’altoforno, che non vedono nessun futuro possibile se non l’arruolamento tra le fila degli operai della Lucchini. Chi sceglie questo cammino convinto che sia ciò che meglio gli si addice è, ovviamente, felice e soddisfatto, ma chi lo vede come l’unico sbocco possibile, come scelta obbligata, è costretto a cercare distrazione e consolazione in altre cose.
Chiaramente, trattando una tematica così delicata, la Avallone è stata oggetto di molte critiche. La sinistra non ha sopportato la desacralizzazione del mito novecentesco dell’operaio, i piombinesi si sono sentiti offesi dal degrado descritto (vorrei puntualizzare che il romanzo parla sempre e solo di un’unica via immaginaria, via Stalingrado).
Nonostante sia un’esordiente, l’autrice ha saputo rispondere in modo eccellente alle critiche: “La povertà è sempre stata protagonista della letteratura, forse perché esplicita la lotta nuda e cruda con il mondo che è insita in ogni esistenza, ed è clamoroso che oggi la si voglia censurare con i mezzi di comunicazione di massa. […] Credo che la letteratura debba impegnarsi a dare un significato alla realtà che condividiamo”.
Finalmente qualcuno che ricorda la funzione civile della letteratura! Non sarà La ginestra di Leopardi, ma è una storia che non ha paura di aggredire una realtà sommersa. Ciò che noi di S.A.L.T. definiamo “sale della vita” non deve per forza essere sempre e solo una distrazione, un passatempo. Può e deve essere anche informazione e denuncia.
Ciò che la Avallone ha raccontato in Acciaio si può ritrovare a Taranto, a Marghera e in mille altre città, dove l’ambiente, nel senso green e sociale del termine, è spremuto, sfruttato, esaurito. Perché non se ne parla, a meno di disastri ambientali apocalittici? Perché sono realtà produttive e redditizie, e, finché il PIL sarà sinonimo di benessere, tutto ciò che farà crescere il PIL sarà cosa buona e giusta. Per questo vi segnalo Acciaio, un romanzo che non vi cambierà la vita, ma che vi potrà aiutare a vedere oltre lo smog creato da un’informazione spesso scadente, e a tornare coi piedi per terra.
“La realtà esige. La realtà vince comunque, qualsiasi cosa fai o pensi.”
titolo | Acciaio
anno | 2010
autore | Silvia Avallone
editore | Rizzoli
collana | La Scala
[…] gli articoli di questo numero: SOUND ACTION LITERATURE […]