Accettiamo l’amore che crediamo di meritare
Cinque o sei anni fa ho sentito parlare di un libro, Ragazzo da parete, di un certo Stephen Chbosky. Il titolo, praticamente il mio unico criterio nella scelta di un libro, mi attirava molto, ma purtroppo il romanzo sembrava introvabile.
Così rassegnata, ho lasciato perdere fino al 2012, quando è uscito al cinema Noi siamo infinito, trasposizione cinematografica di quel romanzo di Chbosky cercato per mari e monti. E per fortuna, perchè in occasione dell’uscita del film nelle sale (complice una popular Emma Watson) venne pubblicata una riedizione del romanzo di Chbosky, questa volta con il titolo Noi siamo infinito.
Ora, non che il titolo scelto per questa riedizione non mi piaccia, ma non c’entra proprio nulla con il libro, mentre Ragazzo da parete era molto più azzeccato. Il titolo originale dell’opera è ancora più bello di quello in italiano: The perks of being a wallflower.
Il termine wallflower significa “tappezzeria”, ed è utilizzato nel linguaggio comune per indicare qualcuno di molto timido, che non noti in una stanza perché fa, appunto, da tappezzeria. Il titolo in inglese può quindi essere tradotto con qualcosa come “i vantaggi di fare da tappezzeria”. Ed è veramente geniale ed esplicativo di tutta l’opera.
Il libro, pubblicato negli U.S. nel 1999 da MTV (chi lo sapeva che MTV pubblicasse libri?) è un romanzo epistolare che racconta la storia di Charlie, un ragazzo di quindici anni che descrive la propria vita tramite lettere ad uno sconosciuto.
Charlie è decisamente un wallflower: è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico, il suo migliore amico Michael si è suicidato… tutte cose difficili da affrontare per chiunque, ma che diventano insopportabilmente pesanti quando sei un adolescente e devi affrontare il tuo primo giorno di liceo senza neanche un amico al tuo fianco. Se, in più, sei particolarmente intelligente, un po’ timido, riflessivo e dolce, allora non c’è dubbio che sarai etichettato come uno sfigato pazzesco. A causa di questa sua “diversità”, Charlie viene subito emarginato dai compagni.
Charlie fa da tappezzeria anche in senso fisico. In mensa siede nell’ultimo tavolo in fondo, da solo, quando comincia ad andare alle prime feste si appoggia al muro, ai lati della stanza, e guarda gli altri ballare e divertirsi. Il suo professore di inglese, preoccupato per lui, gli consiglia di osservare meno, e di partecipare di più. Charlie prende questo consiglio come un compito a casa e, ligio al dovere, si reca alla partita di football della squadra della scuola.
“Accettiamo l’amore che crediamo di meritare”
Qui avviene l’incontro con Patrick e Sam, che gli cambierà la vita. Patrick e Sam diventano infatti i migliori amici di Charlie, lo coinvolgono nelle loro feste pazze, lo fanno staccare dal quel muro dal quale lui guardava tutti, lo buttano nella mischia, lo fanno sentire infinito. Gli rimproverano spesso di non agire abbastanza, ma allo stesso tempo lo considerano così speciale perché, in fondo, Charlie rimane sempre un ragazzo da parete, che coglie gli aspetti più nascosti delle persone perché si prende la briga di guardarle e di ascoltarle. Sono questi i vantaggi di fare da tappezzeria, The perks of being a wallflower.
Ci sono tante cose belle in questo libro, oltre a Charlie. I personaggi pazzi, le canzoni degli Smiths, il giovane Holden, gli anni ’90, la macchina da scrivere, le cassette registrate. Ma la cosa più bella è il modo in cui Chbosky racconta queste cose.
Ho letto questo libro a 22 anni, e mi sono sentita come se ne avessi ancora 15. Tornava tutto: la sensazione di inadeguatezza davanti ai “fighi della scuola”, la solitudine, la difficoltà di capire che cavolo stai facendo nella tua vita, la tranquillità di rintanarsi nell’abbraccio della mamma, l’emozione di preparasi con le amiche per andare ad una semplicissima festa. Chbosky ha scritto un libro pazzesco, trasformando il disagio dell’emarginazione che tutti almeno una volta abbiamo provato, in una dolcissima sensazione di infinito.
“Ma, soprattutto, piangevo perché all’improvviso mi ero reso conto che ero proprio io quello in piedi, nel tunnel, con il vento che gli sferzava il viso. Non m’interessava vedere il centro della città. Non ci pensavo nemmeno. Perché ero in piedi, nel tunnel. Ed ero presente, davvero. E questo è bastato a farmi provare quella sensazione di infinito.”
Titolo | Ragazzo da parete (Noi siamo infinito)
Autore | Stephen Chbosky
Editore | Sperling & Kupfer
Anno | 2006