A Dream | Edgar Allan Poe
Si può considerare ok leggere Poe Mr. Never a Joy a fine marzo, nel pieno boom primaverile? C’è qualche problema? Non saprei.
Edgar Allan Poe credo viva tuttora in un mondo capovolto, è uno che si sveglia spaventato da un bellissimo sogno ma disposto a famigliarizzare e descrivere dettagliatamente, con una certa febbrile soddisfazione, qualsiasi incubo. Sono anche quasi sicura avesse una pessima calligrafia, tipico di chi non riesce a coordinare i movimenti motori della mano con quello che gli passa troppo velocemente per la testa.
L’incubo più grande accade quando Poe è pronto a mettere da parte ogni impeto romantico e a dirti che la poesia non è altro che un meccanismo perfetto. Una delle cose più spaventose che Poe può insegnarti, e che ti fa mettere in discussione gran parte di quello che hai letto prima, è che nella sua Filosofia della composizione non fa che ripeterti che la poesia non nasce dall’ispirazione. La poesia è struttura, organizzazione, preparazione schematica, ricerca del tono perfetto per ricreare quel preciso effetto che il poeta si prefigge e dal quale non è disposto ad allontanarsi. Insomma, l’improvvisazione tende a non esistere e l’unica certezza che ora ti rimane è il jet lag poetico, quella vecchia storia che le poesie più belle sono state scritte di notte, con un certo modus operandi ben definito, certo, ma a lume di candela. Ma, anche questo, chissà se è vero.
“No one point in composition is referable either to accident or intuition.”
Per comporre efficacemente devi conoscerne le regole del gioco, e Poe ovviamente ben conosce le regole efficaci per creare un componimento perfetto nel quale la Bellezza non è una qualità effimera e materiale ma un effetto, una sensazione, da suscitare nel proprio pubblico di lettori. Ogni ingranaggio è nel posto preciso in cui dovrebbe trovarsi, la creazione della giusta atmosfera prevede che nulla sia lasciato al caso.
Poe è un poeta morboso, ossessivo. La ferita all’interno del suo A Dream, del suo sogno ricorrente, è una delle più reali: la perdita (o allontanamento) da una persona cara. Ma la scoperta che lo attende al risveglio è che quella mancanza la ritroverà anche nel mondo reale, quella mancanza è vera: il confine tra sogno e realtà, dunque, non esiste.
Cosa c’è, allora, di più brillante della verità alla quale è impossibile sottrarsi anche nei sogni?
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A Dream
In visions of the dark night
I have dreamed of joy departed –
But a waking dream of life and light
Hath left me broken-hearted.
Ah! what is not a dream by day
To him whose eyes are cast
On things around him with a ray
Turned back upon the past?
That holy dream – that holy dream.
While all the world were chiding,
Hath cheered me as a lovely beam
A lonely spirit guiding.
What though that light, thro’ storm and night.
So trembled from afar –
What could there be more purely bright
In Truth’s day-star?