A dire il vero io volevo solo stare bene
Prologo
Questo HsO (leggasi sempre “accaso”) racconta una cosa parecchio personale che mi è successa ultimamente.
Perchè è un articolo di Sound? Perchè la colonna sonora di questo periodo sono state le canzoni di un disco molto importante e i suoi testi fanno da intervallo fra un mio sbrodolamento e l’altro.
Il disco in questione è Per un passato migliore dei Ministri. Mettetelo a palla in cameretta.
Fine Prologo
Tu che non potevi o volevi aspettare
io facevo in modo di non farmi vedere
noi da un giorno all’altro
due città lontane
(Mammut)
Sono sempre stato convinto che il lavoro non possa essere solo l’inseguimento di un assegno a fine mese. Se è vero che il fine ultimo di quasi tutti è molto prosaicamente sbarcare il lunario, è altrettanto vero che dietro quella cazzo di scrivania ci passiamo in media 40 ore alla settimana più il traffico più le pause caffè più i pranzi coi colleghi: non dico che dovremmo tutti fare il lavoro dei sogni, ma quantomeno un’attività che non ti faccia guardare l’orologio ogni 13 secondi.
L’anno scorso, dopo 5 anni in un ruolo che preferirei i Maneskin sold out a Wembley, ho cambiato tutto.
Ho optato per la svolta netta.
Vi risparmio i dettagli aziendali giusto perché non è il fulcro del discorso.
Le cose sono cambiate.
Ero sempre stato quello che teneva vita privata e lavoro orgogliosamente separate, di colpo eccomi la domenica a controllare le email e qualche volta a rispondere pure. Avevo sempre professato il distacco professionale e mi ritrovavo a fare sangue amaro se le cose non andavano come avevo previsto. La gioia di avere l’agenda piena di meeting.
Praticamente, mi piaceva e mi stavo appassionando.
Che belli i tuoi progetti, il tuo sudore
La tua fiducia cieca nel lavoro
Che ci nobilita e che ci distrae
(Comunque)
Questo è un passaggio che mi sono dimenticato di fare.
È vero, stavo molto meglio in ufficio, ma stavo togliendo sempre più attenzione e tempo a tutto il resto: ho compromesso una relazione, trascurato amici, cambiato abitudini e orario della sveglia, messo il freno alle mie passioni più vere.
Mi stavo trasformando e non me ne rendevo conto.
Mi stavo distraendo e non me ne accorgevo.
Poi basta il fascino di una giacca
e ricominci a guardar da sotto
(Le nostre condizioni)
Qualche mese dopo, ormai siamo a giugno 2018, ho accettato l’offerta di un’altra azienda e deciso di trasferirmi in Inghilterra.
Perché?
Beh, intanto i soldi. Veramente tanti.
Poi il nome blasonato, sai che botta al cv?
E vogliamo trascurare l’esperienza di vita? Il mito mai sfatato dell’estero come panacea di tutti i mali? La tessera Gold di British Airways?
Cazzo, come si fa a dire di no? Infatti ho detto di sì, convinto come di poche altre cose nella vita. Ero fiero, contento.
C’erano sguardi straniti, ogni tanto attorno a me. Persone particolarmente importanti che non mi facevano mancare il sostegno ma lasciavano trasparire un certo disappunto, una sorta di “ma sei sempre tu?”.
Me la vivevo maluccio, sta cosa, anche con un po’ di rabbia. Ma come, appena trovo una strada mi girate le spalle?
Deluso come un cieco fregato dal suo cane
l’unica tragedia buona è quella che finisce male
(La pista anarchica)
Dopo tutto il tran-tran di dimissioni, aerei prenotati a mazzetti da 15, una vacanza a Cuba che mi ha dato prospettive completamente nuove e inaspettate e qualche settimana sabbatica, sono arrivato a una settimana dalla partenza felice, contento, carico, emozionato.
Il volo, non me la scorderò mai sta data, era sabato 22 settembre 2018.
Il lunedì precedente mi sono svegliato nel panico più totale.
Io voglio stare dove sono
diceva a chi andava via
e guardando la giuria
chiuse gli occhi per un momento
(Stare dove sono)
La realtà mi è arrivata in faccia tutta insieme, dopo avermi tenuto sospeso a mezz’aria per un anno.
Mi sono visto a Oxford, ricco e infelice, senza il tempo ne la voglia di coltivare chissà cosa oltre alla carriera.
Mi sono visto attendere l’aereo che ti fa tornare a casa ogni due settimane come si attende Babbo Natale.
Mi sono visto perdere una vita costruita in 20 anni di appartenenza a un luogo, non avere più quelle piccole cose che quando le nomini una ad una sembrano cazzate, ma poi le metti tutte insieme e sono esattamente ciò che ti ha sempre tenuto in vita, in equilibrio e appagato.
Noi esseri umani ci divertiamo un mondo a filosofeggiare, ma dovremmo ricordarci un po’ più spesso che è il pane emotivo a toglierci la fame al cervello.
E se a togliere i colori fossero proprio le ambizioni?
(ancora Stare dove sono)
Ma a che cazzo stavo pensando quando ho deciso di mollare tutto? Dove avevo la testa? Quanto avevo sopravvalutato la possibilità che il lavoro sia sufficiente a sostituire tutto il resto?
A dire il vero io volevo solo stare bene
sdraiarmi sulla terra finchè scende il sole
sperando che anche gli altri abbian trovato amore
nei viali deserti delle città vuote
(Spingere)
Il lavoro, l’ho detto all’inizio, conta. Io non sarò mai adatto a fare qualcosa che non mi piace.
Ma come ho fatto a dimenticarmi per un anno intero che il benessere è tutt’altra cosa?
Come ho fatto?
Volavo sopra le nostre case
non c’era nulla di eccezionale
Non è un segreto che la terra sia una palude
senza di te
(Una palude)
Puoi avere tutti i soldi del mondo, puoi essere fighissimo dalle 9 alle 18, avere una casa che qua te la sogni di notte.
Ma se togliamo dall’equazione le relazioni e le persone che amiamo, ci ritroviamo semplicemente in una fottuta palude fetida.
Perché lasciare un intero mondo che ti piace e ti fa stare bene? Perché trascurare l’amore, gli amici, la famiglia, la musica, le facce che sanno chi sei molto meglio di te? In nome di quale Dio?
E allora lasciami andare
La scelgo io la prigione
(I tuoi weekend mi distruggono)
Il 22 settembre sono arrivato in aeroporto, Martina ha spento la macchina, ho aspettato 5 minuti.
Poi ho preso un po’ d’aria nei polmoni e le ho detto: “riportami a casa”.
Quell’aereo lì non l’ho preso.
Non ho preso quella vita che mi ero cercato da solo, che più tardi avevo capito non essere mia.
C’è chi mi ha detto che ci vuole più coraggio per restare disoccupato a Bologna che per andarsene all’estero con un contratto faraonico.
C’è chi mi ha detto che questa scelta gli ha ridato speranza nelle persone, in un concetto di umanità che vada oltre un conto in banca.
C’è chi sicuramente avrà pensato che sono un grandissimo cagasotto, che se avessi trovato un minimo di coraggio a buttarmi poi sarei stato benissimo pure lì.
C’è chi mi ha guardato in faccia, ha strabuzzato gli occhi e ha detto “tu sei pazzo”.
Non mi interessa un granchè, fa parte del gioco.
L’unica cosa che forse mi lascia stranito con me stesso è aver capito tutto così tardi, quando già avevo un piede dall’altra parte.
Probabilmente è vera quella frase da post Facebook: per comprendere il valore di alcune cose devi proprio essere a un tiro di schioppo dal perderle, perché prima è tutto un pensare per concetti astratti molto più grandi ma anche molto meno appaganti.
L’amicizia che rimane anche a distanza non ha lo stesso valore di poter bere una birra con un amico quando ti pare, senza grossi preavvisi, senza aerei da prendere.
Avere il tuo cazzo di momento settimanale con tuo padre in cui guardate le partite sul divano bestemmiando se la Juve fatica a segnare non è trascurabile, rimandabile, evitabile.
Farsi due chiacchiere con tuo fratello alle 3 di notte pure se il giorno dopo la sveglia fa driiiiiiin alle 7 ti fa stare molto meglio di un bonus aziendale.
Questo è.
Si dice che il valore di una scelta lo capisci dopo un po’, quando la riguardi a mente fredda e la analizzi da osservatore esterno.
Ho capito, ora che è passato un mese, che questa è la conclusione di un percorso fondamentale per i miei valori. Non li avrei compresi così bene, così a fondo, così lucidamente, se non con questo anno di colpi di testa e scelte contro il senso comune. Dovevo allontanarmi da me stesso, vedere cosa c’è dall’altra parte e poi trovare un nuovo punto di equilibrio.
Non c’è stato un solo minuto che io mi sia pentito.
Voglio un passato migliore