Sulle coste della Provenza | Le Calanques e le Iles de Frioul
Marsiglia è una città viva, luminosa, animata (o comunque così ama essere definita), una città che richiede tempo per essere capita. Ma Marsiglia è anche una base perfetta per scoprire i suoi dintorni: quelle perle della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra che rendono unica questa zona della Francia. Me ne ero accorto quest’inverno quando, scendendo lentamente col volo da Roma, avevo intravisto, a pochi chilometri dalle brulicanti vie del centro, insenature con le acque cristalline, arcipelaghi e boschi infiniti che arrivano fino al mare, con costoni di roccia disegnati dalla forza dell’acqua e del vento. E’ stato in quel momento che mi sono ripromesso di tornare col sole. E così è stato.
Luglio. Passeggiando per le vie della città alta, dove il vento si infila a tradimento, guardando verso il mare si notano alcuni piccoli isolotti che si stagliano sull’orizzonte. E’ l’arcipelago delle Iles de Frioul. Grazie alla organizzatissima gestione turistica del sud della Francia, è abbastanza facile capire come arrivarci. Un piccolo traghetto parte con cadenza quasi oraria dal suggestivo Vieux Port e, dondolando sulle onde alzate dalle grandi navi che salpano per le coste del Nord Africa, in pochi minuti la città è già un paesaggio lasciato sullo sfondo e a prua compare un castello cinquecentesco. E’ il Chateau d’If. Proprio lui, quello reso famoso dalle pagine de “Il Conte di Montecristo” di Dumas. E’ qui, in questa fortificazione, usata come prigione fino ai primi anni del Novecento, che sarebbe stato tenuto imprigionato il Conte nella finzione letteraria dell’autore.
Ed è questa la prima propaggine di quel paesaggio selvaggio che sono le Iles de Frioul. Luoghi di storia e di mare. Di odio e condanne. Di speranze perse. Di rivincite. Mura spesse, profonde. Buie. Un contrasto quasi incredibile con le rocce bianche calcaree con cui sono costruite e coi riflessi che salgono dalle acque trasparenti che le circondano.
Il cuore dell’arcipelago, però, è poco più in là. Ancora qualche minuto di navigazione e si entra nel porto nato dall’unione delle due isole più grandi e più vicine. Una spessa diga fortificata, la Digue du Barry, infatti, collega le due estremità proteggendo questa insenatura che, altrimenti, sarebbe spesso impraticabile. Marsiglia è famosa per i venti di Mistral che, come la bora, spazzano le sue coste e le sue acque con raffiche fino a 100 km/h. Ed è proprio mentre sbarchiamo che si sentono i primi aliti di questo vento che accompagnerà tutta la nostra gita. Ci mette poco a diventare impetuoso e a cambiare tutti i colori circostanti. L’aria si fa acqua mista a polvere. Il paesaggio delle isolette non lascia niente all’immaginazione rispetto alla funzione che hanno storicamente avuto, cioè quella di lazzaretto. Costruzioni in pietra color panna, tetti bassi e piatti che non hanno paura della pioggia, e in cima al promontorio un ospedale. Qui venivano mandati i malati della città per evitare contagi. Ora rimangono un paio di ristorantini intorno al porto e qualche casa che si anima l’estate. Il resto è regno dei gabbiani. Sono tanti, tantissimi. Sono ovunque. E con il loro gracchiare accompagnano tutta la camminata. Le isole sono tranquillamente visitabili a piedi in una giornata. Le insenature dove fermarsi a riposare e fare un bagno, poi, sono infinite.
E infinita è la loro bellezza. La forma dell’isola consente di approfittare sempre del mare calmo almeno da un lato e i fondali hanno tutti i colori del mediterraneo. Come quelle rocce che tendono al rosa dove l’acqua le lambisce. E andando su, su, fino al villaggio abbandonato, sembra di trovarsi sul set di un film di guerra. Salendo verso il vecchio faro, infatti, sfidando il vento che, girando le curve, ti sbatte contro le pareti, ti fa arretrare, e ti tiene in piedi se ti pieghi verso il vuoto che scendendo si fa mare e schiuma, tante piccole cassette abbandonate precedono l’accesso a una piccola baia. Sembra quasi siano state lasciate di fretta. Il tempo e il vento, sempre lui, hanno riaperto alcune finestre che sbattono lasciando intuire l’interno.
Al ritorno in città, il mare accompagna. Il Mistral soffia dal largo. Sfidarlo controcorrente è difficile, assecondarlo rientrando è quasi un piacere.
E’ sempre dal Vieux Port che si può prendere il bus per raggiungere un altro luogo prezioso di questa regione: le Calanques. Sempre quell’ufficio turistico organizzatissimo ti trova il bus e si va. Il parco delle Calanques è proprio quel posto straordinario di boschi e calette, tra le più belle di tutta la Francia, che vedevo dall’aereo l’inverno passato. Sempre quella roccia bianca, sempre quel mare trasparente. Una striscia di costa di 20 Km che dagli anni 70 è riserva naturale protetta. “Interdetta” alle macchine, come dicono i francesi, accoglie a braccia aperte i turisti che le visitano a piedi. Quanta natura e quanta arsura, l’estate, mentre sempre quel vento le spazza. Sarà per questo che uno strettissimo piano regolatore le chiude non appena il Mistral soffia troppo forte: i sentieri a strapiombo sono troppo pericolosi quando l’aria ti sposta, così come una piccola distrazione di un visitatore che fuma può trasformarsi in un incendio irrimediabile.
Camminando nei chilometri di stradine non puoi fare altro che immergerti completamente in questo paesaggio, sublimando il pensiero della fatica nel ristoro del bagno che verrà alla fine. Il mare all’inizio sembra lontanissimo, ed effettivamente lo è, mentre vaghi per quei percorsi dove l’unico rumore sono i pini, l’aria che si infila tra le coste a strapiombo e la luce che quasi brucia gli occhi scendendo dalle pareti della montagna. Ogni curva, però, vale la pena di essere affrontata. Ogni salita. Ogni gradino. Ogni sasso malmesso su cui esita il piede. Non mi sono mai piaciute le vacanze “facili” ma a metà del percorso ho pensato di avere leggermente esagerato.
Arrivati alla fine, però, c’è solo bellezza. E così, bagnati di sale, intingiamo del sedano, delle carote e una baguette in un vasetto di hummus e uno di tapenade. Fa niente se c’è tanta gente, fa niente se quegli scogli da cui buttarsi sono un dolore ai piedi e alla schiena, fa niente se la strada al ritorno sarà in salita. Mai come alle Calanques non c’è niente di più bello di voltarsi e guardarsi le spalle in continuazione.
Adesso e qui ce n’è davvero per tutti.
Rien ne va plus.
[…] gioiellino nel mediterraneo settentrionale. Potete scegliere tra regalarla in estate per consentire di scoprirne i suoi dintorni oppure in qualsiasi altro momento dell’anno, in […]
[…] o ratatolha in Provenza, poi caponata, ciambotta, tiella in Italia, pisto in Spagna, briami in Grecia, lecsò in Ungaria, […]