Zante tra pecore, movida e nostalgia
40 kilometri di lunghezza, 20 di larghezza e fino a 758 metri in altezza: sono le dimensioni esatte della profezia mediterranea, o per meglio dire, di quell’isola eletta a campione della nostra sorte passata e presente -ma soprattutto futura- che è Zante. Si parla inglese, italiano, tedesco, poi in ultimo anche greco. Le spiagge luminose ai piedi delle scogliere bianche e nude che oscurano le insenature di Zacinto sono ininterrottamente animate da voci e corpi e flash di macchine fotografiche. Le salite dei paesini d’inverno deserti, in estate rimbombano di motorini ronzanti mentre per vedere il tramonto c’è da fare la fila. Eppure Zante conserva in sé, nelle rocce, negli arbusti profumati, nelle greggi stanche di sole, nelle sedioline impagliate davanti alle case, qualcosa di remoto che incanta come la voce delle sirene.
Ci si arriva anche via cielo, ma sbarcare al porto di Zakynthos e mettere piede sul suo ristretto perimetro terrestre con il Mediterraneo intero alle spalle è un inizio decisamente migliore. Il mare qui s’invoca al femminile, τα θάλασσα, come le acque materne, a cui si deve l’origine. E sarà forse un caso, ma proprio a largo di Zante, verso settentrione, c’è un punto che è il più profondo del Mediterraneo, la fossa Calypso, un buco nero marino che risucchia la storia dei popoli che gli hanno gravitato intorno. Questo è lo Ionio delle antiche contese tra ateniesi e spartani, dei viaggi di Ulisse, delle conquiste italiane e ottomane, dei pirati moderni e degli anacronistici naufragi (come quello recente che ha reso famosa la spiaggia del Relitto, dove un’imbarcazione di contrabbandieri, arenandosi sulla costa, ha creato una piccolissima insenatura turchese).
Di mare si vive e si muore, ancora. Il mare divinità temibile ma che pure regala infinite prelibatezze: polipi (che qui si cucinano con miele, cipolle, peperoni e vino bianco), orate, sgombri, pesce spada, calamari, aragoste. Sono esposti nelle barchette bianche scrostate e sui menù turistici tradotti alla buona. Ma a loro, a questi greci dai sorrisi rugosi e gentili, gli si perdona anche questo. Si fermano per te, non hanno fretta, sono orgogliosi di spiegarti quello che sanno della loro terra, e allora ti versano l’ouzo, ma poi ti confessano che per loro la tsipoura è tutt’un’altra cosa: il primo, più famoso, distillato viene dal mosto di uva fresca e passa sempre aromatizzato con l’anice, mentre la seconda è una meno nota grappa bianca di vinaccia di soli vitigni greci. Entrambi si allungano con acqua e si bevono davanti all’orizzonte blu nei bicchieri appannati dal freddo. Come facevano i loro avi, gli avi di tutti noi, che il vino forte di sole e vento lo allungavano e lo addolcivano, col miele e le spezie, i chiodi di garofano, l’anice stellato. E la cannella, onnipresente, a ricordarci che siamo sul confine estremo dell’occidente rivolto ad est, di vedetta sul Fiore di Levante.
Cannella nei dolci di semolino inzuppati di miele -altra costante di luce appiccicosa– alla maniera turca e tunisina, cannella nel rosso secco e corposo, cannella con la carne alla brace. Fa eccezione solo il formaggio, che è oggetto di culto. Barattoli colmi di ladotyri a cubetti o a fettine sottili, sommerse di olio dorato ed erbe aromatiche a smorzare il gusto invadente del latte di capra; tyrocafteri, crema piccante di peperone e feta caprina; cartocci di feta morbida, cotta sotto la cenere con pomodorini e olive e origano e olio verde denso, pungente; insalata tiepida di fave, feta, capperi e cipolle; feta croccante in crosta di miele e sesamo.
Qui i pastori sono come sacerdoti, guardiani di una tradizione che si scruta da lontano, giusto di sfuggita, quando la lana sporca delle pecore e le corna spuntate delle caprette si affacciano dalle alture sopra le spiagge. Da loro, non molto diversamente che dai turisti, si cava il massimo del guadagno: placidi e inconsapevoli, greggi umani e ovini si mischiano per le viuzze, contribuendo all’economia di questo strano ecosistema con serena accettazione. Così, lontano dai pascoli liberi, scendendo verso il mare, si può entrare in un tempo parallelo fatto di cocktail e souvenir, dj set, urla d’ubriachezza e luci al neon che non scandalizzano nessuno e, nel bene e nel male, sono ormai integrati nel panorama.
Ma al mattino quando ancora l’aria è nuova e la mente pulita, oltre le spiagge, gli alberghi e i traghetti, dietro gli occhiali da sole, Zante racconta un dolore antichissimo, come quello di Ulisse per mare, quello che proprio i greci hanno chiamato “nostalgia”, quel desiderio bruciante di ritorno al luogo a cui apparteniamo, che è passato nello spazio e nel tempo e che è abbastanza lontano da sembrare irraggiungibile. Zacinto è un punto sospeso in questo malessere mediterraneo, tanto nostro e tanto difficile da spiegare, e forse è per questo che è patria di poeti, eroi romantici e piccoli uomini coraggiosi.
Come Dionysos Solomos, che osservando le battaglie cruente dalle alture dell’isola scisse l’inno dell’indipendenza greca, ora inno nazionale, o come Ugo Foscolo, che piangeva le sue sponde natie, o come il vescovo Chrysostomos, che quando i nazisti occuparono l’isola e gli chiesero l’elenco degli ebrei di Zacinto lui consegnò loro solo due nomi: il proprio e quello del sindaco.
Staccandosi dal porto di Zakynthos con la flemma pomposa delle mastodontiche navi turistiche, inevitabilmente ci si ritrova a pensare che questa sezione di mondo di 40 kilometri di lunghezza, per 20 di larghezza e 758 metri d’altezza ha l’accoglienza della tavola apparecchiata, la forza della sopportazione, la pazienza di chi rimane e aspetta che qualcuno ritorni dall’orizzonte. E che per tutte queste ragioni, è casa.
Special thanks to…
Margherita, che come nessuno sa dare gusto ai suoi racconti “de core”
Chris Natsiopoulos, l’accoglienza fatta youtuber, senza il quale non sarebbe stato possibile conoscere le autentiche delizie greche
Qualche indirizzo che piace a Trippa:
Thymalos, Lomvardou 78, Zakynthos: locanda greca sul porto di Zacinto, cucina tipica locale
El Greco, Agios Sostis 290 92: in bianco e blu, locale da cartolina
Paradosiaco, Alykes 252 00: cucina contemporanea con giardino
Cool Pepper, Laganas beach 291 00: locale sulla spiaggia da movida very cool