La Comune, di Thomas Vinterberg

Thomas Vinterberg, da esperto di dinamiche di comunità (sia micro, Festen, che macro, Il Sospetto), si trova a trattare con un materiale che bene conosce, essendo lui cresciuto in una comune fino a quasi vent’anni. E forse proprio per questo trova la giusta distanza per raccontare la sua storia. Una storia che parla di Princìpi e della distanza fra essi e la loro Applicazione. Gli anni ’70 vengono risolti proprio in questa distanza, apparentemente incolmabile. La vita comunitaria dell’intera umanità viene risolta in questa distinzione. Tutti vogliamo vivere insieme, ma ciascuno pensa a sé. Non siamo animali sociali, vorremmo solo esserlo. La società ci piace, vogliamo realizzarla, ma deve poi rispondere ai nostri desideri. Non ai suoi. Anche quando la società acquista, come la comune, una vita propria con proprie necessità che la mantengano. Le pulsioni del singolo tornano sempre a prevalere.

Dramma teatrale per tempi e recitazione, La Comune si svolge quasi interamente nello spazio di quattro mura, con pochi esterni transitori. Gli abitanti tendono allo spazio chiuso della casa, come fosse una forma nuova di famiglia a cui ritornare. Veri protagonisti, però, sono i giovani (bambini e ragazzi), cui Vinterberg guarda con tenerezza ed autobiografia apprensione. Sono loro i prodotti della Comune. Non è un caso che la sentenza di allontanamento dalla casa venga affidata proprio alla ragazzina, la bravissima Martha Sophie Wallstrom Hansen, considerata saggia e giusta anche quando compie un gesto agghiacciante, se osservato dall’esterno.

La Comune è un film che può far arrabbiare. La telecamera quasi sempre a mano del regista, i forti primi piani ed i contrasti di luci rendono il film molto coinvolgente. E quindi disturbante. Perché alla fine partendo da princìpi ottimi, tutti si comportano in maniera stupida. Fino alle peggiori conseguenze.

Voto: 7.5