Miike Snow e pasticcini alla frutta
Se sono alla frutta non sono dolci. Punto.
Ci sono due svedesi e uno statunitense – no, non è una barzelletta – che si incontrano nel 2004 per scrivere un album per Britney Spears, prima che sbroccasse di brutto e si rasasse a zero. Insomma si incontrano, si corteggiano, si piacciono. Nonostante nessuno dei tre abbia madre ignota, decidono di unirsi sotto il nome di Miike Snow (Snow. La madre ignota. L’avete capita? Non sapete niente, oh), con due i. Quindi in teoria dovrebbe leggersi Ma-a-icsnò.
Vabbeh comunque dicevamo, si piacciono, scelgono il nome, e nel 2009 esce il loro album d’esordio, Miike Snow, appunto. Bello, bellissimo. Certo, un paio di canzoni magari potrebbero essere sottotono rispetto alle altre, ma in generale gran bell’album. Carico, folle, da 5 del mattino senza fermarsi un attimo. Tre canzoni su tutte: Animal, Sylvia, e Plastic Jungle. Se non ballate è perché vi hanno legato i polpacci ai piedi di una sedia scomodissima e siete visibilmente incazzati.
2012. Happy To You, secondo album. Continua l’indiepop dal retrogusto elettronico, questa volta qualche canzone sottotono in più rispetto al suo predecessore di tre anni più grande, ma ci sta, è normale. E va bene così.
2016. Quattro anni dopo, escono i due singoli che anticipano il loro terzo album, iii: Heart Is Full, e Genghis Khan – se non avete ascoltato l’ultimo, fatelo ora. Lo canterete fino allo sfinimento, ascoltandolo dalle ventordici alle millemila volte (e guarderete il video altrettante volte. C’è quella punta di follia che gli estimatori del trio hanno imparato ad apprezzare). A quel punto pensi “questa volta è la volta buona, con due singoli del genere, chissà come sarà l’album”. Perché i singoli, soprattutto se di un certo spessore, ti creano un’aspettativa che poche volte viene soddisfatta. E questa non è una di quelle volte.
Se i singoli citati sopra ti hanno caricato e sparato in aria, iii ti riporta a terra, deluso. Un po’ come i vassoi giganti di pasticcini che ti portano i parenti ai pranzi di famiglia – quelli terroni, eh: quando sono lì, avvolti da quella carta opaca che fa viaggiare l’immaginazione (e lo stomaco), spesso tenuta insieme da un bel fiocco, li immagini pieni di bomboloni, di pasticcini al mascarpone o al cioccolato; poi li apri e ti trovi davanti un fottio di cestini di frutta. Io odio di cestini di pastafrolla con la frutta (e non ci provate nemmeno a dire che sono “dolci”, vi prendo a badilate sui denti). E lì è tutto un “no grazie, davvero non mi va, è che ho mangiato tanto, non è il caso”. Stronzi.
Ecco, l’ultimo album dei Miike Snow è un vassoio pieno di cestini di pastafrolla alla frutta: dopo aver visto carta e fiocco, carico di aspettative, lo apri e ci rimani male. Non c’è una canzone che vada d’accordo con l’altra, come se fossero di famiglie diverse. Le restanti 9 tracce sono lontanissime dai due singoli che hanno anticipato l’album, facendocelo vedere per quello che è, potenza senza atto. È un vorrei ma non posso, alla base c’è la stessa bravura, forse qualche accenno della ricercatezza sonora dei tempi d’esordio, ma sono assenti sia evoluzioni che involuzioni – anzi, forse un’involuzione c’è. Sono in un limbo. Sono tutti e tre davanti allo specchio e stentano a riconoscersi.
Se – oltre ai singoli che hanno anticipato l’album – pochissime tracce ci ridanno la speranza (My Trigger, Over And Over), lasciandoci intravedere la scintilla miikesnowiana, e alcune ci lasciano a piedi davanti a una fermata dell’autobus con dei ragazzi che fanno breakdance su un tappeto di cartone pressato (Back Of The Car è uscita direttamente dall’hip hop anni ’90), ce n’è una che giuro non riesco a collocare in un tempo e spazio adatti: For U, un featuring con Charli XCX.
CHARLI XCX, quella che cantava boomclapnanananana (l’ho googlata, confesso, non sapevo che fosse lei il genio dietro cotanta bellezza). Ora, di grazia, un pezzo del genere, in un album degli Snow, ma come cazzo ci finisce? Se premete play vi sembra di avere davanti una vagonata di teenager che si fanno selfie e si ubriacano con un cocktail analcolico per dimenticare il loro unico amore, quello della quinta elementare.
Fate un favore a voi stessi, non scartate il vassoio. Per questa volta è meglio rimanere seduti a fissare la carta opaca e il bel fiocco rosso.