The Revenant, di Alejandro González Iñárritu
Il regista messicano Iñárritu, reduce dall’Oscar di Birdman, realizza con Revenant un film d’avventura e lo priva della maggior parte di avventura ed azione, grazie ad una regia sempre affascinante che procede per lunghi pianosequenza, sacrificando il ritmo a favore dell’introspezione. Il risultato potrebbe essere un film di Terrence Malick – anche per la abbondante componente onirica -, pur senza i livelli parossistici di misticismo moraleggiante del regista statunitense. Molto apprezzabili le continue inquadrature dal basso, che addirittura ruotano intorno agli attori, e gli infiniti primipiani di Leonardo DiCaprio, con tanto di appannamento della telecamera. Mi aspettavo, forse, qualcosina di più da Iñárritu. La fotografia del premio Oscar Emmanuel Lubezki è come sempre molto evocativa, sebbene a tratti monotona: prosegue per linee verticali (alberi, fucili…) e orizzontali (fiumi, orizzonti…), con panorami ammiccanti a tratti troppo belli, quasi sornioni.
Al nostro Leonardo DiCaprio viene lasciato pochissimo spazio per la recitazione. La maggior parte delle scene sono realizzate “dal vero”, calandolo in un contesto come uomo, non come attore. E questo è, in assoluto, la cosa che gli riesce meglio, davanti alla cinepresa (basti ricordare il bicchiere il frantumi in Django Unchained di Tarantino). A urlare e grugnire è veramente bravo; il resto sono occhioni da cucciolo ferito e sguardi all’orizzonte. Menzione speciale merita Tom Hardy, nei panni del “cattivo” della storia. La sua carriera di attore sta disegnando una parabola di regressione dall’umano all’animale, e ci piace parecchio. Tom Hardy non è solo l’avversario “morale” di Leo, ma anche la sua nemesi “evolutiva”. Se il personaggio di Glass-DiCaprio (il Revenant, appunto) mantiene sempre una sua umanità – lo sguardo! -, anche quando mangia pesci crudi o si chiude nel ventre di un cavallo sventrato, il personaggio di Hardy risulta animalesco anche quando discute davanti al fuoco (a lui spetta la maggior parte delle battute. Lo sguardo del predatore o dell’animale cacciato, specchio di un animo ridotto solo ad istinti primitivi e primordiali.
Voto: 8–
PS: dobbiamo fare un discorso sulla CGI dell’orso. No, davvero. Basta computer grafica scadente!
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[…] possiamo pure crogiolarci nell’onanismo estetizzante di Inarritu, ma i paesaggi (simili, par altro) di The Hateful Eight si mangiano The Revenant a colaziona, […]
[…] che ha rivoluzionato un genere, ma non vincerà, mettiamoci il cuore in pace. Il grande favorito è The Revenant, ma sembra difficile che Iñárritu vinca due anni consecutivi. E poi il suo onanismo […]