And SALT this is Christmas #AlePig
Non vi tedierò con manfrine su quanto sia bello il Natale e lo Spirito Natalizio, anche perché non ci credo. Tanto lo so, non c’è bisogno di vostre conferme. Voi siete come me. Credete solo al Natale in Rosso, cioè quello creato ad hoc da Sua Maestà la CocaCola. La festa dove diventa lecito mangiare fino a stare male, allentare un buco della cintura e mangiare ancora. Per poi morire sul divano a guardare Una Poltrona per Due.
E non avete ancora finito di fare i regali. Forse neppure iniziato. Come me.
Mi piacerebbe, davvero, deliziarvi con una diatriba antropologica sulla figura di Krampus (uno dei tanti aiutanti di Babbo Natale, quello cattivo: studiate, capre!), ma non mi ascoltereste, occupati a vagolare spaesati in enormi centri commerciali, alla ricerca di ispirazione.
Eccola, l’ispirazione. Krampus in famiglia è quello strano, immaginate che questa lista sia ispirata a lui
UN DISCO
Grey Tickles, Black Pressure, il nuovo album di John Grant
Se non conoscete John Grant, non sapete cosa vi siete persi finora. Ascoltatelo, lasciatevi ipnotizzare dalla voce profonda, dai testi ancor più profondi, e poi sorprendere dagli inserti elettronici che gli piace inserire, come chiosa ad una frase bellissima. Dalla ballad alla discoteca il passo è breve (?). Il precedente album, Pale Green Ghost, era un capolavoro. Questo si è messo in testa di superarlo.
Il curriculum di Grant vanta anni di canzoni e collaborazioni. Sinéad O’Connor e Amanda Palmer (così, per dare due nomi) gli fanno il controcanto in alcune canzoni (il controcanto! Neppure un duetto, come avessero reverenza!). Chi come me ha avuto la fortuna di vederlo dal vivo, non lo dimentica.
UN FILM
Non essere cattivo, di Claudio Caligari
Splendido, necessario ed incredibilmente vivo. Caligari realizza il miglior film italiano dell’anno (con buona pace di Suburra). Innanzitutto perché è uno dei pochissimi film nostrani ad avere una regia ed un afflato internazionali, ma senza mai dimenticare che storia e radici affondano in un substrato incredibilmente italiano. Questa dicotomia lo rende un piccolo capolavoro. La regia è perfetta, capace di capire quando è il momento di allargare il campo e quando invece restringere sui due protagonisti. Borghi si configura sempre più come un caratterista di grande razza, Marinelli non è da meno.
La storia narrata è italiana. Riassume, però, al contempo molte caratteristiche universali, che la rendono parabolica ed allo stesso tempo vera, senza quella patina di finzione spesso presente. Un cult, fin da subito. Un cult bellissimo, però
UN LIBRO
Pesca alla trota in America, di Richard Brautigan
Perché accontentarsi di un libro, quando si può avere un metalibro? Un oggetto capace di diventare un luogo in mezzo ai boschi, oppure un accattone ai piedi di una statua, senza soluzione di continuità. Un libro che termina con la parola “Maionese”, già di per sé dovrebbe stimolare la vostra immaginazione.
Brautigan era così folle da venir rigettato persino dalla Beat Generation. Eppure difficilmente troveremo un cantore così lucido dell’America. L’America è uno stato della mente. Non esiste. Altro non è che il sogno di un uomo morto e seppellito in una cassa di legno piena di lattine di birra vuote (Bukowski mi leggi?). E Brautigan è lì per dircelo, con l’ironia di quello che non crede fino in fondo neppure in se stesso.
Il fatto che sia pubblicato da una casa editrice fallita (la ISBN, sic), e dunque quasi introvabile, lo rende ancor più appetibile, ancor più “meta”.
UN LUOGO
“Adolfo Wildt (1868-1931). L’ultimo simbolista” al GAM di Milano
Mostra perfetta per conquistare quella ragazza hipster che vi piace, ma che i film di Sokurov e Tarkovskij li ha proprio già visti tutti. Adolfo Wildt è quasi sconosciuto, in Italia, pur essendo uno dei più grandi scultori nostrani di sempre. Stupirete la vostra amica con qualcosa di così hipster che lei stessa si sentirà mainstream e scoppierà a piangere. Ormai è vostra.
Nel caso non dovesse funzionare fin da subito, sperticatevi in supercazzole su come la matericità di Wildt sia forma e contenuto allo stesso tempo, dove la forma si incarna contenuto al suo più alto livello. Intrattenetela con dissertazioni sui materiali usati, tutti ugualmente duttili all’apparenza nella mani dell’artista, anche il marmo. Datele il colpo di grazia, raccontando come la depressione dell’artista abbia condotto ai temi più tormentati, come le orbite scavate siano lo specchio di gesso dell’interiorità dell’artista.
Se non funziona neppure così, vi sarete almeno goduti una bellissima mostra di un artista da rivalutare e studiare.