Alla ricerca di Vivian Maier

Alla ricerca di Vivian Maier

Vivian Maier scattò molti autoritratti. Autoritratti e non selfie, perché qui le bocche a cuore in ascensore c’entrano poco.

Tutti la conoscevano come una bambinaia, una governante per le famiglie abbienti di New York e Chicago, ma Vivian Maier passò gran parte della vita con la macchina fotografica al collo, scattando migliaia di fotografie, nessuna delle quali venne mai pubblicata prima della sua morte.

Solo negli ultimi anni i suoi scatti stanno facendo il giro delle gallerie d’arte di tutto il mondo, sebbene parte dell’establishment artistico non abbia ancora ufficialmente riconosciuto la sua opera. Il suo lavoro è stato in esposizione alla Fondazione Forma di Milano, con la mostra Vivian Maier. Una fotografa ritrovata.

Vivian, V. o Viv; Maier, Meyer o Meyers; a volte perfino signorina Smith. Ogni volta si presentava in modo diverso. Ma chi era in realtà la donna che si nascondeva dentro larghi cappotti e inventava varianti del proprio nome?

È questo che si chiedono John Maloof e Charlie Siskel nel documentario Alla ricerca di Vivian Maier, presentato in anteprima al Toronto International Film Festival nel 2013 e candidato all’Oscar nel 2015 come miglior documentario. (Consiglio N°2: il film viene riproposto dal Cinema Beltrade di Milano per tutto il periodo della mostra, potete controllare la programmazione qui)

27 luglio 1954, New York
27 luglio 1954, New York
1959, Grenoble, France
1959, Grenoble, France

 

 

 

 

 

 

 

 

Fin dall’inizio del film i due autori riescono a coinvolgere il pubblico nella loro ricerca, che sembra procedere parallelamente allo svolgersi del documentario: l’impressione è quella di partecipare in prima persona all’indagine, cercando di mettere insieme i pezzi, componendo un puzzle fatto di fotografie, vecchi quotidiani, oggetti insignificanti custoditi per anni, ricordi e aneddoti di vite passate. Si cade in un vortice di mistero e curiosità, alimentato dagli scatti stessi della Maier.

Lo stesso vortice in cui deve essere precipitato Maloof quando casualmente venne in possesso di alcuni scatoloni appartenuti all’allora sconosciuta fotografa, acquistati per pochi dollari a un’asta mentre era alla ricerca di materiale utile per scrivere un libro sulla storia di Chicago. All’interno, centinaia di negativi non sviluppati e alcune stampe delle fotografie di Vivian, oltre ad altri oggetti personali. Affascinato, Maloof cercò di reperire maggiori informazioni sull’autrice delle foto, di cui conosceva solo il nome, ma senza successo. Era il 2007, Vivian Maier era una vecchia sconosciuta che viveva nell’indigenza, in un appartamento pagato da una famiglia per cui aveva lavorato anni prima come baby sitter, passando le giornate seduta su una panchina e frugando nei bidoni della spazzatura.

Solo dopo la sua morte, avvenuta nel 2009, Maloof riuscì a trovare un indirizzo tra i documenti conservati da Vivian, e a rintracciare una delle famiglie per cui aveva lavorato. Iniziò così a scoprire la storia della bambinaia con la Rolleiflex, la macchina fotografica che la Maier portava sempre con sé, fotografando qualsiasi cosa la incuriosisse.

Alla ricerca di Vivian Maier è l’esordio alla regia per Maloof e Siskel, che hanno il grande merito di riuscire a trasmettere la passione per la ricerca e per la riscoperta del lavoro della Maier, probabilmente proprio perché Maloof stesso è stato il primo a immergersi nella storia della bambinaia fotografa, dedicandogli anni di indagini.

I registi alternano abilmente le immagini delle fotografie scattate dalla Maier ai filmati da lei girati, ricorrono a interviste con esperti di fotografia per dare un valore al suo lavoro, mentre si affidano alle testimonianze di chi la conobbe personalmente (perlopiù i bambini che le erano stati affidati e le loro famiglie) per ricostruirne la personalità. Il risultato è un documentario dinamico, che sa alternare momenti di ilarità, sfruttando le opinioni discordanti degli intervistati, a momenti più intimi di analisi.

Gennaio 1953, New York
Gennaio 1953, New York

Cercare di interpretare il lavoro di una personalità tanto schiva, ambigua e complessa si rivela da subito un percorso molto difficile: i dati certi sono pochi e le testimonianze sono spesso contraddittorie.

Vivian Maier era una bambinaia, una fotografa che sapeva cogliere attimi di tenerezza, una donna che viaggiò da sola, alla fine degli anni ’50, per gran parte del mondo, un’intellettuale con le proprie idee sulla politica e la società contemporanee, ma anche un’accumulatrice compulsiva, una perfezionista, un’egoista che trascinava con sé i bambini nei quartieri più malfamati o al mattatoio, pronta a catturare con la sua Rolleiflex ogni aspetto della bizzarria e della decadenza umana.

Il film di Maloof e Siskel non è agiografico e celebrativo, anzi, mette in luce anche le ombre e i lati più oscuri del carattere della Maier, più volte definita “pazza” e “cattiva”. Storie di abusi, di comportamenti compulsivi, di ossessioni e paure che ci lasciano intuire un mondo interiore devastato.

Non si tratta della solita storia dell’artista geniale e sfortunato che, nonostante gli sforzi, non riesce a vedere riconosciuto il proprio merito in vita. Sembra che per lei fare fotografie e riprendere la realtà fosse un bisogno primario, qualcosa a cui non avrebbe potuto rinunciare, come l’accumulare compulsivamente oggetti e giornali. Non era il suo lavoro, era la sua ossessione, il suo modo di reagire alla vita. Non ha mai realmente cercato di diventare famosa. Non è diventata bambinaia perché ha fallito come fotografa, ha scelto questo lavoro perché le dava la libertà di condurre la vita che desiderava con il minimo sforzo, come spiega una ragazza che l’aveva avuta come tata:

“Si dovrebbe supporre che Viv fosse frustrata, no? Insomma, era una bambinaia. Non è considerata una posizione elevata nella vita. Non aveva un marito, una vita sociale di cui parlare. Non aveva uno status a cui la gente aspira, ma non doveva nemmeno scendere a compromessi. Faceva quello che voleva, questo è quello che mi ha insegnato.”

La storia di Vivian Maier è una storia controversa, incompleta, paradossale. Mancano degli elementi del puzzle, probabilmente scomparsi per sempre con lei. Quello che di certo ha lasciato sono i suoi scatti, che, come lei, sembrano racchiudere la complessità e le contraddizioni dell’esistenza. Lasciando ai critici il compito di stabilire se le sue fotografie siano degne di entrare ufficialmente nel mondo dell’arte, a noi non resta che andare a vederle e immaginarne la storia.

Titolo originale: Finding Vivian Maier

Regia: John Maloof; Charlie Siskel

Anno: 2013

Cast: John Maloof, Mary Ellen Mark, Phil Donahue, Vivian Maier

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