Il Panorama umano di Tommaso Pincio
“Non ricordo – lo giuro sulla mia anima – come, quando e persino dove conobbi Lady Ligeia […] È solo con questo dolce nome – il nome di Ligeia – che riesco a riportare ai miei occhi l’immagine di colei che non è più.” (Ligeia, di Edgar Allan Poe)
Grosso modo l’iter si presenta ripetutamente in questo modo: 1) lanciate un amo, con un’esca più o meno appetitosa; 2) vi armate di pazienza e sperate che qualcuno abbocchi, che legga la vostra presenza. Insomma, aspettate un cenno qualsiasi. Una palese notifica, in caso di (più sincero o meno sincero) apprezzamento. Funziona così, no? Su Facebook, intendo. Conosciamo quasi perfettamente ciò che condividiamo ma siamo solo potenzialmente consapevoli di quanto ampio sia il nostro atteso pubblico. Ci occupiamo semplicemente di lanciare l’esca luminosa, in un vuoto non cosmico ma quasi di cui siamo solo in minima parte, con la scelta dei nostri contatti, in grado di vigilare. Non siamo mai pienamente consapevoli di chi realmente ci legge, ci guarda. Per non parlare, se vogliamo essere apocalittici all’estremo (ma forse, neanche troppo), del filo di lana su cui cammina la nostra reputazione digitale (e non, se consideriamo i nostri rimasugli in pixels che si mescolano ai nostri rimasugli in atomi e così via). Bendata, proprio come la fortuna.
In linea di massima, comunque, alla nostra immagine teniamo fermamente, foss’anche ci leggano solo poche persone. Principio Panoptico, tutto questo si chiama così. Il suo artefice è un architetto utilitarista, fine ‘700, che basa sull’inconsapevolezza dell’essere osservati un’idea di struttura carceraria ottimale in cui vige vittorioso l’auto controllo degli attori. Il Panopticon, appunto, grazie alla cui struttura circolare composta da celle (prigionieri) e da una centrale torre di guardia/controllo, non permette ai prigionieri stessi di sapere quando si è effettivamente osservati. Il risultato è che, nell’incertezza, il peso della sempre possibile sorveglianza porta al perenne controllo di sé da parte dei carcerati. Reputazione.
Ottavio Tondi, protagonista del lavoro di Tommaso Pincio, vincitore dell’ultimo Premio Sinbad (Premio Internazionale degli Editori Indipendenti), pensa a Bentham e ad un’affascinante analogia tra struttura carceraria e comunicazioni alternative dietro lo schermo (ma, come Ottavio, non soffermiamoci troppo su questa analogia che mina la nostra superata certezza di essere assolutamente liberi) quando decide di iscriversi definitivamente su Panorama. Non-luogo in cui le persone diventano paesaggio. Ornamenti da guardare, sbirciare.
Sì, Panorama ha le stesse elementari funzioni del nostro social network di fiducia, con la particolare caratteristica dell’obbligo di una telecamera interna che punti 24h/24 in un determinato punto (a scelta, ci mancherebbe altro) dell’abitazione della persona iscritta. Quella di Ottavio, mira ad un riquadro della sua libreria. Più precisamente dedicata a volumi dello scrittore americano… no, provate a indovinare.
Ottavio è, infatti, da ben molto prima la sua iscrizione su Panorama, un lettore. Legge, per lavoro, selezionando testi per un editore di fiducia e per sopravvivere (sopravvivenza alla noia etc.). È assolutamente inerte, incapace di incidere sulla sua vita. Riesce ad avere successo con delle letture collettive. Gli spettatori, letteralmente, lo guardano su un palco, sopra un divano, leggere uno dei romanzi della sua collezione. Lo guardano leggere.
“Se di molte persone, al semplice guardarle in faccia, si può dire che finiranno male, qualcosa di non molto diverso era possibile dedurre dallo speciale talento di Tondi nel non incidere sulle cose, per restare assente, inerte in ogni circostanza, a meno che non ci fosse in ballo la lettura di un libro. Da una persona così era folle aspettarsi sviluppi diversi da una deriva irrefrenata degli eventi.”
Ottavio non ha alcun minimo interesse nei confronti della scrittura. Lui legge ‘soltanto’. La sua lettura, tuttavia, non è inerme come sembra, anzi: è l’unica parte rilevante e attiva della sua esistenza. È il resto, che va alla deriva, inesistente vita privata in primis, ça va sans dire.
Iscrittosi, su suggerimento, su Panorama, Ottavio incontra Ligeia Tissot (considerando che niente qui è lasciato al caso, immagino ora sia chiaro il nome dello scrittore americano di cui sopra il cui nome della bella giovane ne è omaggio).
Qualche commento che fa convergere le passioni letterarie di entrambi e, tac! Ecco che parte la chat.
C’è sintonia, Ottavio è molto fortunato: la telecamera interna di Ligeia punta dritta sul suo letto. Whisky, felpa, calze, John Donne, specchietto, posacenere, Clarissa… L’innamoramento digitale (nuovo platonismo, che orrore) è dietro l’angolo, almeno per Ottavio… Ma Ligeia, dov’è?
Ligeia non si vede. Autenticità inscenata.
Nient’altro da aggiungere se non che Panorama parla di molte cose (il comunicare è la chiave, lo schermo è solo un mezzo) non espresse ma che tutti sappiamo, e che sappiamo che gli altri sanno, a loro volta.
Le relazioni sono fluide, i sentimenti sono autentici, anche quando potrebbe non esserci nessuno dall’altra parte (o qualcuno inconsapevole della nostra presenza, il che è quasi drammaticamente la stessa cosa).
“Se c’è una cosa positiva in tutto il male che mi hai fatto e nel bene che ti ho voluto, Ligeia, è che…” TO BE CONTINUED.
titolo | Panorama
editore | NN Editore
autore | Tommaso Pincio
anno | 2015