Modugno canta Pasolini
La mente di Pier Paolo Pasolini incontra la voce di Domenico Modugno: nasce una canzone di (non) amore
– Come so’ contento! Perché so’ così contento?
– Perché sei nato!
– E perché? Che vor di’ che so’ nato?
– Vuol dire che ci sei.
Capriccio all’italiana, 1968. Sei episodi, sei registi. Tra Monicelli e Pino Zac (per citarne un paio, robetta insomma), Pier Paolo Pasolini mette in scena una rivisitazione dell’Otello nel quarto episodio del film, Che cosa sono le nuvole?, attraverso un gruppo di marionette che interpreta l’opera teatrale in questione, e dietro le quinte del piccolo teatro mette in discussione le cause dei propri comportamenti ed inizia a porsi delle domande. Per l’occasione il regista – regista. Come si può trovare un’unica definizione per l’uomo che ha respirato e fatto respirare l’arte in ogni sua forma? – cuce versi poetici per una canzone che ruba il titolo all’episodio, e che viene indossata in maniera magistrale da Domenico Modugno.
Il burattino di Otello è appena stato messo al mondo, appena plasmato, e raggiunge gli altri burattini: qui inizia il suo viaggio alla ricerca della verità, accompagnato da un Totò/Jago che dietro le quinte è quasi virgiliano, e dalla voce di Modugno, che attraverso le parole di Pasolini, racconta questa storia. Dall’inizio fino alla fine, film e canzone viaggiano di pari passo: il film – per dirla in parole banali, che tanto piacciono – è la trasposizione teatrale della vita. Nasci, cresci, nella migliore delle ipotesi metti in discussione te stesso, le tue scelte di vita, nella peggiore continui a farti manovrare dal burattinaio di turno, senza chiederti nessun perché, nessuna spiegazione. Otello si mette in discussione, si sente vittima del burattinaio, vuole capire perché non riesce a fare da sé, perché continua a dare retta a Jago sul palcoscenico, perché non può fare ciò che vorrebbe. Cosa gli impedisce di portare nella sua vita quello che sente dentro di sé dietro le quinte?
“Ma qual è la verità? È quello che penso io di me? È quello che pensa la gente?”
Ad Otello però non viene concesso il tempo di trovare una risposta, interrotto dagli spettatori che durante l’omicidio di Desdemona irrompono sulla scena, “uccidendo” lui e Jago.
“Non ci fare caso. Una volta per uno, tocca a tutti” (Cassio)
Parte la voce di Modugno. È qui che la sottoscritta, in quanto bimba speciale, ha avuto l’illuminazione. La canzone, i versi di Pasolini, mi hanno fatto dare un’interpretazione totalmente diversa da quella che credevo: il film è l’amore, o meglio il non-amore, la sua nascita, e la sua fine. La nascita di un nuovo amore (Otello); il suo fluire (la messa in scena a teatro); l’impossibilità di esprimerlo nel pieno delle proprie capacità, di tirare fuori la verità di questo amore, e i dubbi che ne conseguono (le riflessioni di Otello dietro le quinte); la fine (il pubblico, causa della morte dei due burattini). L’amore che Pasolini ha vissuto senza freni, senza filtri:
“Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l’erba, la gioventù. L’amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile. Come finirà tutto ciò? Lo ignoro.”
Modugno interpreta il monnezzaro che viene e se ne va. Viene, prende i morti, prende i morti e se ne va. È lui che raccoglie i cocci della fine di questo amore, a lui tocca il compito di mettere un punto alla vicenda. Allo stesso tempo è lui che intona la fine serena di questo amore, che ci regala la speranza che, in fin dei conti, non tutto è perduto, non tutto deve essere dimenticato.
“Il derubato che sorride
ruba qualcosa al ladro
ma il derubato che piange
ruba qualcosa a se stesso
Perciò io vi dico
finché sorriderò
tu non sarai perduta”
Arriviamo all’epilogo. Otello e Jago vengono gettati in discarica, e si sorprendono ad osservare le nuvole in cielo, con un sorriso. Il tempo di conoscere la verità, su te stesso e sull’amore, ti è stato negato, ma non tutto è perduto: l’amore è anche lasciarsi sopraffare dalla straziante, meravigliosa bellezza del creato.
Piccola nota. Qualcuno ha cercato di misurarsi con Modugno e Pasolini, coverizzando il brano. Loro sono i miei preferiti (No, non sono i Backstreet Boys. Però cliccate sul link, eh).