Sangue del mio sangue, di Marco Bellocchio
Il nuovo film di Bellocchio, Sangue del mio sangue, è un dittico sfuggente ed enigmatico. Si compone di una prima parte in costume, in cui viene trattato in modo “serio” e veritiero un materiale cinematograficamente discordante, quasi dissonante come la colonna sonora, caratterizzato da una regia eccessivamente prolissa e recitazioni non sempre all’altezza (soprattutto il protagonista maschile). Fa seguito una seconda parte in cui un materiale cinematograficamente serio viene girato in maniera assurda, quasi farsesca, con uno straordinario Herlitzka e qualche incursione di Filippo Timi mai fuori luogo.
Al centro della vicenda due temi fondamentali. Il primo è l’assenza di identità: tutti i protagonisti -così come il film- sono incapaci di vivere una sola vita, perennemente divisi fra due esistenze spesso opposte. Il secondo tema centrale alla vicenda è la clausura, morale e monacale, vista come sicura e bastevole maniera di vivere, che viene distrutta, scardinata, da un temibile nemico: il desiderio, sempre represso e mai domo.
La risultante di questo materiale magmatico è un film apprezzabile solo ad un livello sub-liminale e forse estetico, ma impossibile da abbracciare razionalmente. Ogni vicenda rimanda ad una realtà Altra, intangibile. Quale sia questa realtà, però, non si può dire, né tantomeno immaginare. E forse è questo il punto chiave del film.
Voto: 7-
PS: BASTA fare cover melodiche di Nothing Else Matter dei Metallica e BASTA girare scene subacquee a basso budget (vedi anche Il Racconto dei Racconti, per esempio)