Il cuore di Keith Richards | Crosseyed Heart
Anche Keith Richards è stato sfigato in amore
Lunedì 21, ore 20:15. Sono su un frecciabianca che dopo un ritardo degno di Trenitalia mi riporta a casa. Capricciosa come una cinquenne, ho un disperato bisogno di ingannare queste quasi quattro ore di viaggio. Che faccio? Potrei importunare gli altri passeggeri, ma il più vicino a me è un signore che credo stia cercando di capire come funzioni il suo nuovo telefono, e sembra abbia un abbonamento a vita alla bestemmia facile. Meglio di no. Leggo? Ceeerto, dopo una giornata intera passata con gli occhi incollati sullo schermo del mio telefono/citofono a pregare il mio unico guru Google Maps, non riuscirei a decifrare nemmeno la scrittura aulica di Fabio Volo. Sai che c’è? Andiamo su Spotify, magari c’è qualcosa di bello da sentire.
Scorri, scooorri, scooorriii… OH. Eccolo.
Il 18 Settembre è uscito Crosseyed Heart, il terzo album da solista di quel genio di Keith Richards. Sì, genio. Un genio che ha sniffato le ceneri del padre, certo, ma comunque un genio. 58 minuti di bella musica, bella davvero. Solo che la bella musica il nostro Keef ha deciso di inquinarla con una delle cose che più odio sulla faccia della terra (magari nella mia personale classifica dell’odio potrebbe trovarsi appena sotto agli animatori delle feste): I CORETTI.
Ma procediamo con ordine, ho quasi quattro ore di viaggio davanti a me, ho tutto il tempo per lamentarmi di loro. Anzi, ho tutto il tempo per un’analisi pignolissima dell’album.
– Crosseyed Heart: brano che dà il nome all’album. La chitarra apre a questo blues malinconico di grande effetto. Chiude con un “That’s all I got” – e ci basta Keith, ci basta;
– Heartstopper: vuoi o non vuoi, quando fai parte di una band che ha fatto la storia della musica, non scappi. E non credo a lui dispiaccia. Puro stile Stones;
– Amnesia: ecco, questa non mi ha convinta. 3 minuti in cui ho pensato che fosse sul punto di decollare, ma niente. Salvata solo dall’assolo di chitarra (troppo breve);
– Robbed Blind: una voce rotta dalla triste consapevolezza di essere stato tradito e derubato materialmente e sentimentalmente (“Cause it ain’t the money, honey, but the heart you stole was mine”) ci accompagna in un racconto amaro. Tristemente bella;
– Trouble: voce-testo-musica perfetti, Keith al 100%. Gli equilibri sono ristabiliti e nemmeno gli “ooohhh” verso la fine riescono a farmi cambiare idea. Ci piace;
– Love Overdue: reggae vibe, stranamente non forzato;
– Nothing On Me: tipico brano fottesega, a volte sbucano. Però ‘sti coretti, eddai. “I can’t do this no more”: a me pare che continui, ‘naggiatte.
– Suspicious: “In your heart, I know that there is a part /That you’ve kept just for me /No matter what you do I’m still a part of you /You’ll never be free of me”(non è una canzone da stalker, tranquilli). Nulla da aggiungere, il testo parla da sé. Retrogusto Tom Waits;
– Blues In The Morning: blueserrimo. Si balla people, si balla parecchio;
– Something For Nothing: ridaje coi coretti. Ma perché?
– Illusion: in questa ballad si intrufola la bellissima voce di Norah Jones, che si sposa perfettamente con la voce ruvida di Keith. Il duetto convince, d’altronde era già stato sperimentato (in occasione di un tributo a Gram Parson, nel 2004);
– Just A Gift: Keith, ma che voce hai? Quasi dimentico che potrei essere tua nipote;
– Goodnight Irene: cover del bluesman Huddie Ledbetter, 1933. Piccola perla;
– Substantial Damage: pezzo ruvido, graffiante. State ballando? State almeno oscillando? Spero di sì! E soprattutto alzate il volume!
– Lover’s Plea: chiudiamo in dolcezza. Keith tira fuori una voce dolce, che accarezza con le sue dichiarazioni lievemente sussurrate.
Ok, ho finito di ascoltare l’album in maniera ossessiva per la terza volta, schivando ‘sti maledetti coretti. Mi piace, è rockmanontroppo, alterna momenti duri a momenti di dolcezza, in perfetto stile Richards: un viaggio in questo “crosseyed heart”, che ne ha viste tante, troppe per rimanere illeso. Posso scendere dal treno serena: anche Keith Richards è stato sfigato in amore.
PS: non c’entra niente con il nuovo album, ma c’è una canzone di Keef che ho sempre amato (è dei Rolling Stones, ma la canta lui), è la mia preferita, e se non l’avete sentita fatelo subito: You Got The Silver. Meravigliosa. Queste sono le dediche che ci piacciono. Peccato che a me le canzoni le dedichi solo Julio Iglesias, ahimé.