Inside Out, di Peter Docter
Dopo un paio di film piuttosto mediocri, la Pixar torna ai vecchi fasti con un piccolo grande capolavoro.
Inside Out non è un film per bambini, che si ricorderanno solo dei pupazzi e dei colori sgargianti. L’impianto della storia prende spunto dalle teorie sulle emozioni universali di Paul Ekman (quello di Lie to Me, per intenderci), mescolate ad alcune nozioni base di psicologica classica (l’inconscio che rimuove) e a molto sviluppo neurocognitivo. Ed il regista riesce ad amalgamare il tutto, senza pedanteria, ma anzi con grande ironia, concedendosi anche delle libertà creative (deliziosa la parte dedicata al “pensiero astratto”, spiegato dal cubismo a Flatlandia).
La rara capacità di dire cose importanti, difficili e nuove, pur sfruttando un impianto classico (il viaggio fra due improbabili compagni, le personificazioni di “oggetti”) rende il film forse il miglior film della casa di produzione, al pari di Wall E, entrambi ormai completamente svincolati da un pubblico di riferimento.
Imperdibile, senza dubbio.
Voto 8.5
“Inside Out non è un film per bambini, che si ricorderanno solo dei pupazzi e dei colori sgargianti.”
Farò un commento stupido, ma mi piace un sacco trovare recensioni che mi invogliano ad andare a guardare un film destinato ai bambini. Ottima recensione!
L’impianto teorico è piuttosto complessa e la tristezza vista e vissuta come emozione “funzionale” è solo uno dei grandi temi che affronta. Come sempre, il film si può leggere su più livelli, a partire da quello visivo-estetico, che i bambini adoreranno (ed il merchandise pure). Gli adulti e ancor di più gli addetti al mestiere, invece, ci vedranno molto altro, anche nella componente più estetica.
Bisognerebbe aprire una parentesi, piuttosto, su come sia raro vedere un film capace di parlare di qualcosa di diverso, capace di uscire dalla confort zone Hollywoodiana, pur mantenendo -come detto- una struttura classica Pixar.
Grazie mille del commento: sono contento quando riesco ad invogliare ed a stimolare discussione!
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