I migliori libri del 2023 (secondo SALT)

I migliori libri del 2023 (secondo SALT)

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E come di consueto, eccoci qui, pronti a fare il resoconto di un altro anno letterario. 

Il 2023 è stato un anno di grandi ritorni, da Cognetti a Carrère, da McCarthy a Ellis, ma ci ha anche regalato qualche chicca inaspettata che vi raccontiamo a breve.

Avevamo preparato qualche riga aggiuntiva di introduzione, ma – diciamocelo – ne avete mai letta una?

Daje di listone!

(Qui se volete recuperare la lista del 2022 e quella del 2021)

 

Saliamo in Valsesia, pagina dopo pagina, e lo facciamo con la semplicità apparente della montagna. Perché questa è la scrittura di Paolo Cognetti. E – dopo Le Otto Montagne e La Felicità del Lupo – questo Cognetti fa anche in Giù nella Valle.
Un romanzo frutto dell’intreccio di più storie legate tra loro, in cui ogni protagonista – in diversa maniera legato agli altri narratori – racconta in prima persona la sua vita. La sua valle. In Giù nella Valle della montagna senti l’operosità silenziosa; il ritmo solo apparentemente lento. La conservazione del tempo che abbiamo perso nelle città. Senti il richiamo della delega alla natura, che è privilegio e maledizione di chi sa che a scegliere l’organizzazione della vita è la stagione.
In Giù nella Valle, forse, leggendo Paolo Cognetti, almeno per un po’ vorremmo esserci noi. Nell’egoismo avventizio ma possibilmente rispettoso di chi cerca rifugio dove nemmeno chi ci vive rifugio trova. Perché in Giù nella Valle c’è l’uomo e la sua storia semplice. Ci sono i suoi danni, personali e ambientali.
La sua vicenda di crescita, sogni, realtà, impatto, aggiustamento, lutto, risalita, raccordo. C’è l’ordinario che in fondo non è nient’altro che la nostra ritrovata passione per ciò che è semplice. Passione o, forse, ancora meglio, desiderio profondo.

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Viene quasi da pensare che il nuovo libro di Donatella Di Pietrantonio andrebbe letto insieme al nuovo di Paolo Cognetti di cui sopra. Sembra che Einaudi abbia voluto veramente accertarsi che il primo colpo inflitto con Giù nella Valle andasse davvero a fondo con un secondo proiettile: L’età fragile.
Un romanzo sui legami familiari, sui silenzi, sulle parole non dette (che dai silenzi differiscono) e sulla montagna. Un’altra montagna, però. Quella dell’Abruzzo. Quella che impari ad apprezzare – fino ad amarla – solo quando vivi a Roma o a Napoli, per intenderci.
In L’età fragile Donatella Di Pietrantonio scrive il suo personalissimo redde rationem con la pandemia e coi dialoghi intergenerazionali. Con le madri e con le figlie che popolano i suoi romanzi. Con gli uomini che sono sempre più accessorio di un letterario orgoglio matriarcale, ove non direttamente assassini. Con la natura e la conservazione dello status quo. Con la causa ambientalista e con ciò che (s)muove gli animi di chi si affaccia alla politica dopo mesi di supine menti pandemiche.
L’età fragile è un libro meraviglioso. 

 

Il tarlo è l’ingrediente onnipresente nelle vite delle quattro donne protagoniste di questa storia. È un qualcosa che hanno solo loro, da quattro generazioni, ed è quel rodimento cattivo che non ti lascia in pace e fa sì che non lasci in pace gli altri. Questo libro è per chi cerca una storia breve, intensa, con protagonisti la lotta di classe e il desiderio di rivalsa attraverso uno stile diretto, senza peli sulla lingua.

 

A detta di molti, una delle cose migliori uscite per Bao quest’anno.
Due giovani donne si incontrano per caso nello stesso paesino: la prima si è appena trasferita per diventare insegnante, la seconda è appena tornata per vendere l’antica casa di famiglia. Seppur diverse tra loro, le due scoprono di condividere fardelli interiori molto simili e riusciranno a creare un legame che stravolgerà tutti i loro piani. Due vite che potrebbero essere le nostre, tra disincanto, paura e la speranza mai del tutto sopita di poter cominciare daccapo.

Il suo nuovo libro V13 racconta il processo seguito alle stragi di Parigi al Bataclan e nei dehor di altri locali della capitale francese in quel funesto 2015. È incredibile come Carrère riesca di nuovo a mettere tutto se stesso in un evento al quale ha scelto di partecipare in prima persona, nei lunghi e infiniti giorni delle udienze. Su quelle panchine scomode ascolta la vita di chi resta, le richieste di una giustizia che comunque non può arrivare come vorrebbero e un Continente intero, che è stato sconvolto da un fatto che rimarrà indelebile.
Ed è ancora più incredibile come riesca a metterci pure dell’ironia, accanto a un profondo rispetto del dolore.
Un passaggio indimenticabile:
“‘Nome del padre e della madre?’ [chiede il Presidente della Corte all’imputato Abdeslam, ndr]
‘Il nome di mio padre e di mia madre qui non c’entrano niente’
‘Professione?’
‘Combattente dello Stato Islamico’
Il Presidente guarda i suoi appunti e, placido: ‘Io, qui, vedo lavoratore interinale’.” 

 

Malinda, fotografo di guerra, gay che convive col suo compagno e una fidanzata di facciata amando molto entrambi, viene ucciso (non è uno spoiler, è la premessa) e si sveglia in una sorta di aldilà a metà via fra il mondo dei vivi e quello dei morti, un limbo popolato di spiriti irrequieti, demoni, creature leggendarie, che cercano di influenzare la vita dei vivi sussurrando. Ha a disposizione sette lune per capire chi l’ha ucciso e perché; e per dare ai suoi cari una possibilità di riscatto e di ribellione.
Shehan Karunatilaka ci porta in uno Sri Lanka devastato dalle guerre civili (siamo nel 1990, a Colombo, la capitale), popolato da assassini in doppio petto e da spiriti senza patria. Fazioni fra i vivi e i morti che si scontrano, intrecciando mitologia e storia recente, credenze religiose e fotografia di guerra. Il risultato è un sorprendente romanzo che è il racconto di amori proibiti o semplicemente irrealizzabili, di amicize più forti dell’amore; è anche il racconto di un’indagine di omicidio che affonda le sue radici nella guerra civile. Il tutto viene narrato mescolando i generi, in un vortice che ricorda il realismo magico e la letteratura politica. Straniante, bellissimo. Consigliato a chi ama il realismo magico e anche a chi lo detesta; a chi vuole conoscere un po’ di più di una storia recente a noi sconosciuta e a chi vuole farsi trasportare dal vento popolato di spiriti che sussurrano.

 

Il mondo è in rovina, ridotto ad un enorme manicomio e gestito da un apparato burocratico di stampo socialista, dove il Partito è però diviso in un milione di fazioni differenti (tutte adeguatamente riportate in appendice al libro). In questo mondo al collasso, Monroe, ex esponente del partito ucciso dallo stesso sta organizzando una rivolta. Dall’aldilà. Per questo addestra e invia nel mondo delle ragazze, perfette macchine da combattimento che solo alcuni dotati (?) riescono a intercettare, al loro arrivo nel mondo.
Volodine prosegue la sua cavalcata nell’assurdo della letteratura post-esotica. Il mondo è al collasso, la fine è vicina, non esiste altro che il nulla davanti a noi. Ma questo non fa disperare e spesso i personaggi affrontano tutto questo (tutto cosa?) con forte umorismo. È l’umorismo del disastro, che fiorisce nella prigione più o meno immaginaria in cui sono rinchiusi i prigionieri. È senza speranza, lucido, ma non è disperato e non si lamenta. Ci sono internati, strani veggenti, sciamani, burocrati spaesati, morti che parlano (quando vogliono), tanta pioggia. E ci sono i capitoli nel numero preciso che rimanda al Bardo tibetano. Volodine fonde con incredibile maestria un approccio post-realista, quasi surreale, con la letteratura socialista. Ci verrà da chiederci a cosa rimanda. Se i nomi indichino qualcosa. Se esista una fine. Ma in fondo, davvero importa? Fa tutto parte del gioco. La fine andrà comunque a terminare nel nulla.

 

Molta ironia e infinita poesia sono gli strumenti per descrivere la storia di un giovane illustratore alle prese con le tipiche paturnie da millennials. Eppure, rispetto a tante opere simili e contemporanee, qualcosa spicca in questo racconto: l’essere introversi diventa un filtro tutto personale per leggere il mondo che circonda Nick, il protagonista. Le tavole in bianco e nero, edite Tunuè, che raccontano la sua quotidianità, si alternano a onirici paesaggi colorati, dai toni più scuri e cupi, ma che man mano riusciranno a trovare un po’ luce, per provare a superare le difficoltà, quelle vere, quelle che lacerano l’animo.

 

 

Il romanzo di cui parlano tutti. E come potrebbe essere diversamente?
L’autore di American Psycho torna a dominare le classifiche delle vendite letterarie di tutto il mondo con più di 700 pagine di pura adrenalina. In una perennemente assolata Los Angeles del 1981 si susseguono le vite cinematografiche di giovani rampolli californiani che passano svogliatamente la loro quotidianità tra una festa in piscina e due strisce di coca, finché la loro esistenza non viene sconvolta da inquietanti omicidi. Le schegge è forse il romanzo più autobiografico di Ellis, o così vuol far credere l’astuto scrittore, ed è un ritorno straordinario dopo tredici anni; un’immersione avvincente nei recessi della psiche umana e una riflessione affilata sui vizi e le ossessioni di un’epoca, confermando l’abilità senza pari di Ellis nel catturare l’essenza cruda e provocatoria della vita contemporanea.
Astenersi deboli di stomaco, naturalmente.

 

Anche qui si vola alto. Un libro, edito Sellerio, che è cresciuto piano, tra premi e passaparola. La ricreazione è finita è un viaggio dentro il non troppo magico mondo dei dottorati universitari e dentro gli anni di piombo, anni nei quali si ambienta la ricerca del dottorando protagonista: Marcello.
C’è tanta ironia nella scrittura. Un libro che fa sicuramente sorridere più volte ma anche riflettere su certi bizantinismi che sopravvivono nel mondo universitario. Ma, soprattutto, un libro che parla di una generazione, quella dei trentenni, che bene viene schiaffata in faccia al lettore fin dalle prime righe: “Ci sono decisioni che segnano la piega che prenderà tutta una vita, e io finora quelle decisioni le ho sempre prese a caso”

 

Inutile dire che Adelphi segna un altro goal, lasciando che il lettore si immerga nella straordinaria storia di John von Neumann, il creatore del MANIAC, un calcolatore universale destinato a trasformare per sempre la scienza e la società. Attraverso il più che riconoscibile stile di Labatut, autore anche di Quando abbiamo smesso di capire il mondo, esploriamo in chiave romanzata fatti realmente accaduti, sogni audaci e incubi spaventosi che hanno accompagnato la vita di Neumann, e di altri grandi scienziati e matematici dell’epoca, da Oppenheimer a Turing. Sullo sfondo, svettano Los Alamos e Princeton, dove vengono gettate le fondamenta delle moderne tecnologie digitali, e dove si svela gradualmente l’oscurità che permea questo mondo affascinante e al contempo inquietante. Del resto, questo è anche quanto si domanda implicitamente l’autore negli ultimi capitoli: a seguito della sorprendente sconfitta di Lee Sedol, campione mondiale del gioco del go, di fronte alla nuova divinità di Google, AlphaGo, si evidenzia il rapido avvento di un’era in cui la tecnologia assume un ruolo quasi divino. L’intelligenza artificiale potrebbe essere il nuovo MANIAC?

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Quello di Greta Olivo – classe 1993 – con Spilli è sicuramente uno degli esordi più interessanti di questo 2023. Uno spaccato dell’adolescenza e del suo rapporto con la malattia e il sentirsi diversi. Un lavoro che non (s)cade mai nella retorica ma, anzi, resta profondamente ancorato alla realtà di Roma nord in cui la storia si svolge. Livia, che conosciamo bambina alla diagnosi di retinite pigmentosa, cresce pagina per pagina in un processo solo apparentemente a ritroso. La diagnosi, infatti, prevede la progressiva perdita della vista fino alla cecità. L’età adulta arriverà col buio, ma sarà una ‘vista’ nuova quella che Livia svilupperà. 

 

Paolo Rumiz ci porta in cammino sulle tracce invisibili delle linee di faglia che da Sud a Nord, da Alicudi al Carso, segnano il sottosuolo dell’Italia. È un viaggio affascinante tra geologia e storia umana, una continua discesa verso un mondo sotterraneo di vulcani, terremoti e grotte per poi risalire in superficie, ad incontrare gli abitanti di città e paesi che vivono su queste terre. Un libro che sa di roccia, fuoco e Mediterraneo.

 




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