I Premi Oscar 2022: nostalgia e mediocrità – i nostri pronostici giustissimi
Diventa ogni anno più complesso discutere dei Premi Oscar, non tanto perché le previsioni siano difficili (il più delle volte non lo sono), quanto perché le direttrici di pensiero che sembrano decidere i film candidati sono di difficile interpretazione.
Quest’anno sembra che i film candidati rendano più profondo uno scollamento dalla realtà, per svariate ragioni. Diciamo che è sempre esistito il genere “film da Oscar”, questo non stupisce. Di solito, però, questo “genere” coincideva con film ad alto budget e alto registro, con nomi importanti alla regia, capaci di portare al cinema molte persone. C’era una “qualità da blockbuster” (non da film d’essai) a cui corrispondeva un riscontro di botteghino. Quest’anno, sembra invece che i film selezionati siano distanti dalla qualità quanto dal pubblico. Film di ottima fattura sono stati lasciati completamente fuori dalla competizione (The Card Counter, The Last Duel, entrambi peraltro capaci di rientrare nel genere “da Oscar”), per non parlare di film coraggiosi ed apprezzati dalla critica (Titane, su tutti). [Per una lista esaustiva dei migliori film del 2021, leggete qui – come vedrete, l’overlap coi film candidati è minimo]
Se sappiamo che ai bianchi bacchettoni che scelgono i film certi temi non piacciono (arcinota la discussione riguardo il bellissimo Never Rarely Sometimes Always), però, ci aspettiamo che almeno vengano scelti film “da botteghino”, capaci di portare al cinema grandi masse di persone. Con poche eccezioni (Dune), invece, i film selezionati sembrano non incontrare nemmeno il plauso del grande pubblico e questo demarca una linea di scollamento degli Academy molto importante. I film che stanno letteralmente salvando i cinema non sono presenti, se non in qualche categoria minore. Sembra quasi che gli stessi promotori degli Oscars se ne siano in qualche maniera resi goffamente conto, tanto da aver dovuto inserire il ridico premio “Oscars Fan Favorite”, dove tutti possono votare tramite hashtag sui social; la manovra è stata ovviamente un fallimento, dimostrato dal fatto che film proprio pessimi sono entrati nella rosa dei papabili grazie solo ad un paio di tweet storm ben organizzate.
Al contrario, quest’anno segna la vittoria (definitiva) dei servizi di streaming, che vedono moltissimi film prodotti o diffusi da loro in lizza (SPOILER: uno di questi vincerà). Il caso forse più eclatante e triste riguarda la categoria “Film d’animazione”, dove 3 film su 5 sono di casa Disney e diffusi tramite Disney+ (aggiungo che per quanto riguarda la qualità, non sono neppure fra i migliori degli ultimi anni). Uno scollamento del mercato del cinema, un allontanamento dalla critica cinematografica, che corrisponde ad una omologazione tramite piattaforma streaming dei contenuti e dei film candidati – su questo ultimo aspetto, purtroppo, la pandemia ha avuto un ruolo importantissimo.
Lo scollamento dalla realtà si riflette molto bene anche nei temi dei film candidati. In maniera abbastanza bizzarra, su 10 film candidati solo due sono ambientati dichiaratamente al giorno d’oggi (e uno dei due è il tremendo Don’t Look Up, che non si capisce cosa ci faccia in questa rosa di film), mentre gli altri sono ambientati in epoche passate nostalgicamente dipinte. La gamma temporale è imponente: abbiamo gli anni ‘20 (The Power of the Dog), gli anni ’30 (Nightmare Alley), gli anni ’50 (West Side Story), ’60 (Belfast), ’70 (Licorice Pizza), ’80 e ’90 (King Richard e pure È stata la mano di Dio)! Questa tendenza sembra riflettere, a mio avviso, una grande difficoltà del cinema mainstream nel provare a capire o anche solo descrivere il nostro tempo. Meglio chiudersi nella nostalgia del ricordo, portando in scena epoche che sono quelle in cui eravamo bambini o adolescenti (gli anni ‘70 di Paul Thomas Anderson, la Napoli di Sorrentino, la Belfast di Branagh, ma anche la NYC di Spielberg).
Il problema della nostalgia e della memoria (sebbene lontano dalle operazioni a là Stranger Things, sia chiaro) è che quel tempo, quel mondo, non esistono e non sono mai esistiti se non nella memoria stessa. Su questo punto Paul Thomas Anderson sembra giocare a carte scoperte nel creare un bellissimo film che è pura nostalgia dell’adolescenza lunga, a partire dal titolo che è “qualcosa che non esiste”, senza arrivare al pastiche postmoderno di Tarantino, ma con un sentimento non del tutto dissimile. Per citare le stesse parole del regista: “If there’s two words that make me kind of have a Pavlovian response and memory of being a child and running around, it’s ‘licorice’ and ‘pizza’ . It instantly takes me back to that time”.
Non mi dilungherò poi su West Side Story, che al netto di una regia sontuosa (vabbè, facile dai), è un film nato vecchio che non riesce a contestualizzare gli aspetti che potrebbero essere attuali (la questione razziale, la gentrificazione, porcoddue, il materiale era tutto lì) e che addirittura in alcuni aspetti risulta peggiore dell’originale.
In questo panorama abbastanza desolante, alcuni outsiders spiccano come gemme: sto parlando soprattutto di Flee e della sua capacità di raccontare la realtà attraverso l’animazione. Si tratta peraltro del primo film contemporaneamente candidato a Miglior film straniero, Miglior documentario e Miglior film d’animazione. È importante, perché l’animazione è chiaramente un mezzo ed è usata in maniera programmatica e ragionata per veicolare un messaggio. Come per ogni genere, non esistono generi minori o maggiori, ma solo film belli o film brutti. E Flee è bellissimo
Ok, ho berciato anche abbastanza.
Facciamo ste previsioni? E facciamole, su, siamo qui per questo!
SIGLAAAA
Miglior film
Sembra chiaro che la statuetta sia ipotecata da The Power of the Dog, nonostante non sia il miglior film in gara. Si tratta, infatti, di un film che, al netto di una regia e di una fotografia splendide, di alcune ottime interpretazioni e di un paio di scene molto belle (il “duello” fra banjo e pianoforte), sfiora molti temi interessanti senza mai approfondirli. Inoltre, il film è tremendamente chiuso in sé stesso e completo: non lascia alcuna voglia di indagare oltre perché è concluso, definitivamente circoscritto (si riesce anche a curare l’alcolismo della protagonista nel giro di un funerale, miracolo!). Forse è questo aspetto che lo avvicina maggiormente a certi western, ancor più che l’ambientazione.
Poteva essere un film che parlava di mascolinità tossica, femminismo, sessualità nelle società maschili chiuse (temi non proprio nuovi, ma ok), ma alla fine risulta essere un melò che nell’ultima parte assume per qualche istante i tratti di un thriller psicologico. Incredibilmente, qualche vecchio bianco bavoso è riuscito ugualmente ad arrabbiarsi con la regista (donna) Jane Campion, ma davvero le ragioni per discutere intorno a questo film sono davvero poche, dato che i temi sono solo sfiorati e mai davvero affrontati. Vincerà? Salvo grandi sorprese, sì.
Al netto della vittoria quasi assicurata, gli unici due film che spiccano in questa rosa sono Belfast e Licorice Pizza. Film nostalgici, intrisi di memoria che modifica i contorni del mondo fino a renderlo qualcosa di non reale, ma film molto belli, curati, con una regia splendida ed una grandissima empatia nei confronti dei personaggi. Kenneth Branagh racconta l’elegia di una Belfast in preda alle guerre civili, dove solo il cinema e la famiglia sembrano essere porti sicuri; Anderson ci porta nei coloratissimi e musicalmente strepitosi anni ’70 per raccontarci una storia d’amore impossibile fra un adolescente e una giovane ragazza, fra improbabili incontri con “adulti” che sembrano parlare lingue differenti e grandi sogni da realizzare. Entrambi molto belli, nonostante l’impianto nostalgico.
Di West Side Story, come dicevo, sopravvive solo la bella regia. Né la scrittura né le interpretazioni sono davvero memorabili. Ed è interessante come l’altro musical presente (Tick Tick Boom) non sia candidato come miglior film, quando, al contrario di West Side Story, è un musical che prova ad innovare il genere, raccontando una storia molto bella (e per noi italiani sconosciuta), che affronta anche temi quali l’hiv all’inizio degli anni ’90 e le questioni di genere. Tuttavia, non è fra i candidati e solo Andrew Garfield lo rappresenta come miglior attore. Incomprensibile.
Riguardo gli altri film, c’è poco da dire. Con Nightmare Alley, Guillermo del Toro ritenta la magia fatta con La forma dell’acqua, ma senza riuscirvi: il film è bello, ottimi gli interpreti, ma alla fine è come se la somma delle parti non fosse del tutto riuscita; come il trucco di un prestigiatore che non riesce a convincerti fino in fondo. CODA è il classico film sulla disabilità degli Oscars: agli americani i sordi piacciono da morire, per qualche ragione! Il film è carino, piacevole, ma non esattamente sorprendente o innovativo. King Richard è la glorificazione dell’ossessione di un padre verso le proprie figlie; se non fossimo tutti contenti per le Williams, la figura del padre sarebbe tremenda e assolutamente negativa. Will Smith fa il suo, in un film che è estremamente moderato e mediocre nella sua messa in scena; non annoia, ma non esalta. Per Don’t Look Up lascio a Michele la parola, che condivido in pieno: pensa di farci sentire intelligenti, quando in realtà non è così. Drive my car è molto bello, ma non bisserà il successo di Parasite: lo aspettiamo come miglior film straniero. Dune a me è piaciuto moltissimo, ma non è un classico film da Oscars. Tuttavia è bellissimo e molto consigliato; attendo trepidante il seguito!
Chi vincerà: The Power of the Dog
Chi vorrei vincesse: Belfast o Licorice Pizza
Miglior regia
Anche qui premio quasi ipotecato da Jane Campion e va pure bene: la regia di The Power of the Dog è davvero ottima. Non mi aspetto grandi sorprese, a meno di un colpo di coda incredibile di Spielberg (ma dai, West Side Story no, dai). PTA, purtroppo, non è amatissimo dagli Academy; ciò non toglie che si confermi uno dei migliori registi della sua generazione.
Chi vincerà: Jane Campion
Chi vorrei vincesse: Kenneth Branagh o PTA
Miglior attrice protagonista
Ok, qui cominciano le note dolenti: quest’anno i pronostici sugli attori sono davvero complessi. Tutte le candidate sono davvero eccellenti, a partire da Jessica Chastain e Nicole Kidman che realizzano due ritratti davvero belli di due realtà americane (ok, l’appeal per noi italiani è scarso, but still). Penelope Cruz è sempre magnifica ed è la protagonista di uno dei film migliori dell’anno, così come pure Olivia Colman, che riesce sempre a dare il meglio. Kristen Stewart è forse la vera novità per gli Oscars: sappiamo tutti (quelli attenti) quanto sia cresciuta negli ultimi anni (non è che proprio tutti lavorano con Oliver Assayas) ed il suo ritratto di Lady Diana è intenso e convincente. Non lo è altrettanto, forse, la scrittura del film stesso che potrebbe penalizzare l’attrice: il fantasma di Anna Bolena ce lo saremmo risparmiato, tanto per dirne una.
I pronostici danno Jessica Chastain come vincitrice e non mi sento di dire nulla: è bravissima e soprattutto agli Oscars piace assai quando una donna viene truccata ed imbruttita – e lei nel film segue per oltre 30 anni il ruolo della protagonista, passando dall’adolescenza fino alla maturità.
BTW non si capisce perché non sia candidata Frances McDormand per la sua Lady Macbeth
Chi vincerà: Jessica Chastain
Chi vorrei vincesse: forse Penelope Cruz o Nicole Kidman, ma mi vanno davvero bene tutte!
Miglior attore protagonista
Sembra che qui il premio sia stato ipotecato da Will Smith, per la sua interpretazione in King Richard. Peccato perché Andrew Garfield fa un lavoro davvero ottimo in Tick Tick Boom ed è forse lui il vero candidato dell’anno, per me. Cumberbatch è sempre molto bravo, così come anche Bardem, ma a questo giro secondo me non riusciranno a vincere. Denzel Washington è un ottimo Macbeth, ma il film risulta più teatrale di quanto dovrebbe (al netto di una fotografia splendida e di alcune soluzioni grafiche eccellenti).
Chi vincerà: Will Smith o Benedict Cumberbatch
Chi vorrei vincesse: Andrew Garfield
Miglior attrice non protagonista
Da sempre il pronostico più difficile. Judy Dench dovrebbe vincere, perché la sua nonna in Belfast è di una poesia straziante. Non mi dispiacerebbe vincesse anche Kirsten Dunst, se non altro perché lo meritava in passato, ma purtroppo il suo screen time in The Power of the Dog è molto limitato e circoscritto a pochi tratti (per lo più negativi), quindi non saprei.
Chi vincerà: Ariana DeBose, dicono i pronostici
Chi vorrei vincesse: Judy Dench (ma pure Kirsten Dunst mi andrebbe bene)
Miglior attore non protagonista
Tutti bravissimi, ma la gara è a due fra Troy Kotsur, il padre sordo di CODA, ed il giovane Kodi Smit-McPhee in The Power of the Dog. Che J. K. Simmons sia un fuoriclasse lo sappiamo tutti, ma non vincerà.
Chi vincerà: Troy Kotsur o Kodi Smit-McPhee
Chi vorrei vincesse: J. K. Simmons, ma va bene Troy Kotsur
Sceneggiatura originale
La presenza in questa categoria di Don’t Look Up è quasi un oltraggio al pudore. Il film contiene alcuni dei peggiori dialoghi degli ultimi anni, che sembrano considerare lo spettatore un idiota senza cervello (Cito solo la povera Jennifer Lawrence che dopo 10 minuti in cui non si parla d’altro deve dire “Ma allora ci aiuterete solo perché sono uscite delle foto in cui lei (la presidente) fa sesso con un altro candidato?” che è OVVIO se abbiamo guardato lo stesso film negli ultimi 10 minuti, eddai). Spero davvero che non vinca, minando grandemente la mia fede nei premi cinematografici.
Io tifo per Licorice Pizza e Belfast. Fine.
Chi vincerà: Licorice Pizza o Belfast
Chi vorrei vincesse: Licorice Pizza o Belfast
Sceneggiatura non originale
Dovrebbe vincere Dune, anche solo per l’ambizione di riprovare a portare sullo schermo una roba difficilissima come il libro di Herbert, dopo la versione di Lynch (che nella migliore delle ipotesi possiamo definire camp). Probabilmente lo vincerà Drive my car o The Power of the Dog (ma quest’ultimo sarebbe davvero un enorme MEH)
Chi vincerà: Drive my car o The Power of the Dog
Chi vorrei vincesse: Dune
Miglior film d’animazione
Sembra che i pronostici puntino tutti verso Encanto, l’ultimo film di casa Disney, che porta con sé uno dei messaggi più reazionari e negativi visti negli ultimi anni nel campo dell’animazione. La protagonista, infatti, è figlia di una grande famiglia (di latifondisti) che con la sua magia (terra/potere/denaro) ha governato una valle della Colombia. Qualcosa sta mettendo a repentaglio la magia e la protagonista deve salvare la sua casita (cioè casata) ed evitare che crolli (letteralmente e metaforicamente). Una trama che poteva dunque puntare verso la rivoluzione e gli aspetti più sociali, che, al contrario, in maniera reazionaria punta alla restaurazione dell’antico potere e dei privilegi sempre avuti dalla famiglia della protagonista, con un completo mantenimento dello status quo familiare. Le scene finali sono, forse, le più terribili: il popolo del villaggio in cui vive/governa la famiglia della protagonista aiuta la famiglia stessa a ricostruire i propri privilegi (non condivisi): è lo sfruttato che decide di lasciarsi sfruttare, in un cortocircuito estremamente attuale ma portare di un messaggio terribile. Però è super colorato, eh, e le animazioni sono pazzesche.
Luca forse meriterebbe di più, dato che la storia e l’ambientazione non sono così scontate (nonostante il concetto di nostalgia si applichi anche qui, fortissimo). E un po’ ci spero, perché in fondo mi fa ridere che gli italiani siano finalmente diventati una “minoranza Disney”! Raya è bellissima da vedere e basta: un bel pilot di una serie tv, ma il film da solo non regge. Ci sono troppi personaggi, nessuno di questi viene approfondito minimamente; il world building però è ben fatto e vorrei magari vederne di più (in una serie, appunto).
Io sinceramente spero vinca Flee, dato che probabilmente non riuscirà a vincere il premio come miglior documentario e miglior film straniero, perché se lo merita: è un film coraggioso, nuovo, che coniuga aspetti formali importanti con aspetti contenutistici. È in forma animata anche per proteggere le identità dei protagonisti della storia, oltre che per poter raccontare per intero la vicenda nonostante ci siano solo le interviste al protagonista a guidarci.
Chi vincerà: Encanto
Chi vorrei vincesse: Flee
Miglior film straniero
Vincerà Drive my car e va pure bene così. Continuo a tifare per Flee. (Scusa Sorrentino)
Chi vincerà: Drive my car
Chi vorrei vincesse: Flee
Miglior documentario
Per me un testa a testa fra Summer of Soul e Flee; vincerà il primo.
Chi vincerà: Summer of Soul
Chi vorrei vincesse: Flee (ma mi sta bene pure Summer of Soul)
Miglior fotografia
Tutti i candidati hanno fotografie strepitose, compreso The Power of the Dog e West Side Story. Tifo per Dune perché coi chiaroscuri è riuscito a fare miracoli, anche a coprire i problemi di budget nel realizzare gli effetti speciali, ma forse lo meriterebbe The Tragedy of Macbeth.
Chi vincerà: The Power of the Dog o West Side Story
Chi vorrei vincesse: Dune o Macbeth
Miglior colonna sonora
Spero bene che vinca Zimmer per Dune, così come dovrebbe vincere anche per il sonoro. Ma temo molto un Encanto a tradimento.
Chi vincerà: Encanto
Chi vorrei vincesse: Dune
Detto questo, aspettiamo i verdetti ufficiali e poi mettiamoci a guardare film belli per davvero!