To the Moon | Accanto al faro, sotto la luce della Luna
“Fly me to the Moon
Let me play among the stars”
Buon vecchio Frank, anche tu così affascinato da quel satellite roccioso che tanto ha ispirato scrittori, scienziati, musicisti, complott…no, forse possiamo terminare qui l’elenco. In ogni caso, non possiamo dimenticare Kan Gao che, con i ragazzi di Free Bird Games, ha voluto regalare il suo omaggio personale al corpo celeste in forma videoludica.
To the Moon è un’avventura grafica pubblicata nell’ormai lontano 2011, altro gioco di quelli tenuti nel cassetto per tanto tempo e riscoperti in tempi di lockdown.
Ancora una volta, ci ritroviamo nel mondo delle avventure grafiche/film interattivi, già altre volte esplorato per SALT (mi rendo conto possa sembrare che non giochi ad altro… N.d.A.), ma questa volta l’impatto è differente. Non abbiamo il fascino e l’immersione di The Vanishing of Ethan Carter, così come non abbiamo i colori cartoonosi di Abzu. To the Moon è un’avventura grafica creata con il tool RPG Maker e sviluppata con una grafica isometrica e pixellosa che tanto ricorda giochi di ruolo meravigliosi come Chrono Trigger.
Ma qui di azione ne troverete ben poca. E va benissimo così.
Eva Rosalene e Neil Watts sono due novelli Mulder e Scully, non alle prese con investigazioni horror, bensì dediti a scandagliare i ricordi dei loro clienti per manipolarli ed esaudire un loro desiderio in punto di morte per accompagnarli serenamente dall’altra parte. Che cosa si sono inventati quelli della Sigmund Agency of Life Generation, eh?
Il desiderio di Johnny Wyles, ormai incosciente e morente sul suo letto, è però decisamente singolare: andare sulla Luna.
E non è neanche così facile esaudirlo, dato che nella casa vicino al faro di Johnny ci sono solo la sua badante coi figli, non di grande aiuto. Come extrema ratio, i due investigatori decidono di utilizzare i loro marchingegni per entrare nella mente del signor Wyles e scavare tra i suoi ricordi per capire… perché andare sulla Luna?
Come dicevamo, di azione non se ne trova granché: obbiettivo del gioco è avanzare di schermata in schermata, esplorando i ricordi di Johnny, ricreando le sue memorie e individuando oggetti significativi che permettono di tracciare la storia e identificare immagini fondamentali, che dovranno poi essere ricostruite nei pochi enigmi presenti nel gioco per poter proseguire. Il tutto vi impiegherà ben poche ore di gioco.
Detta così, non sembrerebbe esserci nulla di esaltante, ma allora per quale motivo To the Moon ha ricevuto così tante recensioni positive ovunque nel corso degli anni?
Semplicemente perché è un gioiello: allo scarno gameplay, si contrappone una trama meravigliosa, delicata e toccante.
I ricordi di Johnny nascondono tra scene di normale vita quotidiana dei traumi profondi e insoluti, che si intrecciano profondamente con la vita della stramba moglie River, morta qualche anno prima dei fatti, in una delle storie d’amore più dolci che abbia mai visto su schermo. Non riuscirete a fare a meno di voler scoprire il perché di quegli origami a forma di coniglio. Per non parlare del peluche a forma di ornitorinco o del particolare legame con il faro vicino la casa, degno addirittura di avere un nome proprio, e affianco al quale è sepolta River.
Il viaggio di Eva e Neil li porterà fino alle profondità dei ricordi di infanzia del signor Wyles, mettendoli di fronte a situazioni inusuali che affronteranno con un sarcasmo apprezzabile, ma talvolta trovandosi su posizioni etiche diametralmente opposte. Soprattutto quando si tratterà di fare in modo di esaudire il desiderio del loro cliente.
Ma non ci troviamo di fronte ad una storia drammatica: l’umorismo dei due protagonisti, estremamente ben caratterizzati tanto quanto i veri protagonisti della storia, e il citazionismo tanto caro alla mia generazione rendono la narrazione molto equilibrata e leggera. Anzi, il termine più corretto è ancora una volta proprio “delicata”.
Ad impreziosire To the Moon ci pensa la splendida colonna sonora che ruota attorno alle malinconiche note di pianoforte di Kan Gao, semplici ma a dir poco incisive, e al brano Everything’s alright di Laura Shigihara, in grado di supportare alla perfezione il mood della narrazione, dando un effetto sinergico che, soprattutto nei momenti finali, ha del sublime. Su tutti i brani, For River è forse quello che si imprime maggiormente nella testa e tocca le corde giuste in modo semplicemente perfetto.
Tutto, in To the Moon, è curato al dettaglio per suscitare determinate emozioni, dalla musica alla grafica “scarna” ma con scelte di stile e di colori azzeccatissime. Tutto con il fine di dare ancora più potenza alla storia di Johnny e River.
E non è cosa da poco, perché il pathos degli ultimi minuti di questo videogioco non riuscirà a non far venire gli occhi lucidi anche al più arido dei lettori.
Perché dopo aver vissuto la vita di Johnny, sarà impossibile evitare la commozione non tanto per l’inevitabile epilogo che coincide con la realizzazione di quello strano desiderio, quanto più per il come questo venga raggiunto e per tutto quello che comporta.
Ma non voglio rivelare altro, perché To the Moon va semplicemente vissuto.
La storia di Johnny e River è meravigliosa: la loro incomunicabilità, i loro simboli, il loro compromesso sono così “normali” eppure così emozionanti. Evitate di ricascare nella serie che state seguendo, almeno per una sera. Non cercatevi un film qualsiasi, ma dedicate due-tre ore all’opera dei ragazzi di Free Bird Games, perché potrebbe regalarvi una delle esperienze artistiche emotivamente più intense che possiate desiderare.