Battle at Big Rock: il miglior antipasto dell’anno
Regia: Colin Trevorrow | Anno: 2019 | Durata: 8 minuti
Non abbiamo parlato di Jurassic World: Fallen Kingdom. Il motivo è semplice: sarebbe stato difficile trovare qualcosa da dire oltre a “ma stiamo scherzando?”.
Dopo quella dolcissima espressione d’amore che fu Jurassic World, alla Universal devono aver sbattuto la testa perchè quello che venne fuori fu un film bicefalo, confuso e che decideva di insistere con ostinata caparbietà su tutto ciò che di indigesto c’era stato in Jurassic World. Eppure il film si concludeva con una sequenza di scene slegate tra loro (il mosasauro tra le onde, i velocirator nei sobborghi, Rexy allo zoo che spiega a quello stupido gatto cotonato chi è il vero re – ops, regina – della foresta) che facevano diventare la saga ciò che non era mai stata prima (nemmeno nella mente di Crichton) ma che noi abbiamo sempre sperato fosse: un Pianeta delle scimmie senza le scimmie però coi dinosauri!
Colin Trevorrow, il simpatico regista di Jurassic World (ma non di Fallen Kingdom), decide di festeggiare il suo ritorno in cabina di regia con un cortometraggio che approfondisce proprio quest’aspetto: Battle at Big Rock infatti, se abbiamo interpretato bene i segnali, diventa la dichiarazione d’intenti più attesa dell’anno nonchè il primo trailer ad essere rilasciato prima ancora dell’inizio delle riprese.
In otto generosi minuti d’azione concitata scopriamo che i dinosauri si stanno diffondendo nel mondo (leggi: negli USA); la popolazione sembra aver recepito la cosa con una certa sportività (leggi: continuano ad andare in campeggio) fino a quando il bivacco di una famigliola diviene palcoscenico di una lite tra dinosauri in cui i nostri umani vengono presto coinvolti. Stop. Nessun accenno agli ibridi, ai sempre più umanizzati velociraptor, alla storia dei dinosauri-soldato o a Chris Pratt – ovvio, sono cose che nel film torneranno ma qui, con furbizia e maestria (ambientare un corto di otto minuti di notte è furbizia, farci un intero film è paraculaggine), si riporta il focus sulla coesistenza di uomini e dinosauri. Il corto dosa attentamente citazionismo e innovazione, mescolando una certa dose di violenza (mi riferisco all’aggressività degli animali, non a splatter e gore) a sequenze piú classicamente horror che portano il franchise verso acque fino ad ora, se non inesplorate, mai davvero approfondite.
Trevorrow – ancora una volta – dimostra d’aver recepito ciò che il pubblico voleva: che l’uomo gioca a fare Dio, che siamo creature avide ed arroganti, che la Vita troverà il modo sono messaggi che vengono ripetuti da cinque film senza particolari modifiche; se questa saga vuole davvero andare avanti deve trovare il coraggio di reinventarsi e in otto minuti, il vecchio Trev ci fa la promessa che aspettavamo da 25 anni: le gabbie sono aperte, i dinosauri sono liberi, buona fortuna a tutti.
ROOOAAAAAAR!!!!
p.s. le sequenze mid-credit sono delle piccole chicche che valgono tanto quanto il cortometraggio stesso.