NO, i giorni dell’arcobaleno | Pablo Larrain

NO, i giorni dell’arcobaleno | Pablo Larrain

locandina NO Pablo Larrain

Quando scrivo un testo pubblicitario non voglio che lo si consideri creativo, ma tanto interessante da far comprare il prodotto. Il popolo quando sentì parlare Eschine disse “come parla bene”, ma dopo aver ascoltato Demostene gridò “prendiamo le armi contro Filippo!”

David Ogilvy, pubblicitario

Può un referendum popolare rovesciare una dittatura?

A dispetto delle repressioni, delle minacce e della censura, la risposta è sì, è possibile ed è accaduto: in Cile nel 1988, con il referendum nel quale il popolo si è espresso contro la dittatura di Pinochet, ponendovi di fatto fine.

No, i giorni dell’arcobaleno”, del regista cileno Pablo Larrain, racconta la campagna (pubblicitaria, più che elettorale) che ha preceduto la votazione del 5 ottobre. Il referendum naturalmente non era il frutto di un’apertura della dittatura militare, al potere da ormai 15 anni (dal colpo di stato del 1973 che rovesciò Allende), quanto piuttosto un’imposizione internazionale, necessaria per legittimare il governo golpista agli occhi del mondo.

Pinochet e i suoi consiglieri facevano affidamento su anni di repressioni e terrore come deterrente per il NO, e sulla paura del ritorno alla povertà, alla miseria, e al comunismo. Costretti dalle pressioni internazionali a lasciare uno spazio televisivo giornaliero di 15 minuti ciascuno alle due opposte fazioni, si sono limitati ad assicurarsi che la campagna per il NO venisse trasmessa in orari poco consoni alla fruizione TV (di notte), confidando in una vittoria certa.

Qui hanno commesso un errore di giudizio: non hanno considerato la potenza che una seppur limitata libertà di espressione avrebbe potuto avere su un popolo oppresso e stanco. E non hanno considerato il potere di persuasione del linguaggio pubblicitario, se maneggiato con consapevolezza.

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“lo dicono alla TV”

Quei 15 minuti al giorno sono stati fondamentali per la vittoria del NO, anche grazie all’intuito di un giovane Don Draper cileno, nel film René Saavedra, interpretato dal sempre bravissimo Gael Garcia Bernal. René capisce che per vincere e indurre il popolo a votare, e a votare NO, è necessario abbandonare i toni della pura denuncia ai crimini commessi dalla dittatura, per virare su un linguaggio più propriamente pubblicitario, in grado di vendere un prodotto al popolo cileno, e di discostarsi dal linguaggio dell’odio e della paura che parla solo di morte. Il prodotto venduto è l’alegria, intesa qui come più che semplice felicità, metafora di libertà e infinite possibilità di vita, inimmaginabili sotto la dittatura di Pinochet.

“La pubblicità si basa su un’unica cosa: la felicità. E sapete cos’è la felicità? La felicità è una macchina nuova, è liberarsi dalla paura, è un cartellone pubblicitario che ti salta all’occhio e che ti grida a gran voce che qualunque cosa tu faccia è ben fatta, e che sei ok.”, diceva il mitico Don Draper in Mad Men.

René e il gruppo di pubblicitari con cui lavora realizzano infatti una campagna piena di colore (l’arcobaleno ne era il logo, simboleggiante tutti i colori dei partiti politici di opposizione), con un jingle accattivante, sorrisi, famigliole felici che fanno pic nic nel prato in stile Mulino Bianco e gruppi di ragazzi che cantano come negli spot della Coca Cola.

“NO Martini?” ops, la pubblicità sbagliata

La trovata geniale di Larrain è stata quella di filmare NO con le telecamere a bassa definizione in uso a fine anni 80, e mischiare filmati di repertorio reali (anche frammenti degli spot) con le sequenze girate per il film. L’effetto finale, anche se esteticamente ricorda un po’ le telenovela tanto di moda in quegli anni, dà una sensazione di continuità tra finzione e realtà, e di avvicinamento all’epoca storica degli eventi narrati.

In questo modo il film non si limita a raccontare la storia, ma lancia la riflessione sul rapporto tra media e politica, tra linguaggio televisivo e potere di persuasione.

La pubblicità è prima di tutto una forma di linguaggio, tanto più potente in quegli anni in cui ancora l’affollamento pubblicitario era limitato. Se usato consapevolmente, il linguaggio può modificare i comportamenti e le intenzioni delle persone: può sbloccare paure, creare bisogni, costruire modelli aspirazionali a cui tendere. E questo vale sia per vendere una merendina che per vendere un’idea di futuro a un paese.

È significativo il fatto che, per tutta la durata della campagna elettorale, René continui a lavorare anche nell’agenzia pubblicitaria del suo capo, che stava parallelamente collaborando con la campagna per il SI e che arriva anche a minacciarlo per la sua visione politica.

Lo stesso approccio che René adotta per spingere il popolo a votare contro Pinochet, lo adotta anche per pubblicizzare l’ultima telenovela o vendere una bibita gassata.

Nel finale, dopo la vittoria, il film si chiude con René che presenta a un cliente la sua idea per lo spot televisivo, accompagnato dal suo capo ed ex avversario, utilizzando le stesse parole che aveva usato per introdurre ai politici di opposizione la campagna per il NO:

“Vorrei dirvi innanzitutto che quello che state per vedere è in linea con l’attuale contesto sociale. Noi crediamo che il paese sia pronto per questo tipo di comunicazione.”

Larrain si ferma qui: la riflessione è lasciata a noi, ed è una riflessione amara. 

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Titolo originale: No
Regia: Pablo Larrain
Anno: 2012
Cast: Gael García Bernal, Alfredo Castro, Antonia Zegers, Luis Gnecco, Marcial Tagle

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