Intervista a Giulio Vita: La Guarimba ed il suo mondo
Se il caldo e gli acquazzoni estivi vi fanno sognare le ferie, ci siamo noi a darvi qualche spunto per una vacanza alternativa. Quale luogo migliore di uno sperduto paesino della Calabria, in cui oltre a rinfrescare le stanche e pallide membra nel mare del sud potrete immergervi in un ricchissimo e del tutto poco convenzionale festival di cinema indipendente?
Stiamo parlando de La Guarimba, un festival di cortometraggi giunto ormai alla sua settima edizione che si svolgerà ad Amantea (CS) dal 7 all’11 Agosto. Con 152 corti in concorso, divisi in sei categorie, una giuria tutta al femminile e un totale di 42 nazioni rappresentate, il festival continua a portare avanti il suo obiettivo espresso nel motto “riportare il cinema alla gente e la gente al cinema”.
Uno dei suoi fondatori, Giulio Vita (che insieme a Sara Fratini abbiamo intervistato ben cinque anni fa), ci racconta qualcosa in più del festival, delle vecchiette calabresi e delle soddisfazioni che dà la buona volontà e l’amore per il cinema.
Vi abbiamo incontrato nel 2014, ormai 5 anni fa. Cosa è cambiato da allora per La Guarimba?
Lo spirito e i valori del festival non sono cambiati per niente. La fede in questi valori ci ha portato a una crescita molto interessante, siamo diventati il festival di cortometraggi più grande per numeri, per pubblico e per numero di anteprime nazionali in Italia. Anche a livello di programmazione, abbiamo definito con esattezza la nostra identità. Nei primi tre anni abbiamo provato, sbagliato, e dopo cinque anni possiamo dire di aver trovato una formula, un metodo di comunicare e di agire molto preciso. Sappiamo cosa vogliamo, e soprattutto cosa non vogliamo.
Ecco, giunti alla settima edizione, se dovessi definire l’identità del festival, cosa lo rende diverso dagli altri?
Prima di tutto l’internazionalità, il nostro team è veramente variegato: io sono calabro-venezuelano, abbiamo persone che vengono dal Belgio, dalla Spagna, da Catanzaro, da tutto il mondo. Allo stesso tempo il festival conserva un legame molto forte con il territorio. Io sono originario di Amantea, e per me è molto importante fare un festival che riesca a coinvolgere le persone del posto senza chiudersi in una bolla. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di offrire una qualità di cinema molto alta, oltretutto parlando del corto che è un formato non molto popolare, rivolgendoci però al grande pubblico. Il nostro festival è riuscito a portare cinquecento persone a vedere un corto, tra cui nonne ottantenni e ragazzini calabresi che parlano solo in dialetto. Ci identifica un approccio popolare che non sacrifica la cultura, La Guarimba non è un festival per soli cinefili.
Ogni anno ragazzi da tutto il mondo, volontari, tirocinanti, appassionati di cinema, vengono ad Amantea a lavorare con voi. Com’è invece il rapporto con la comunità locale, quali sono state le difficoltà, se ci sono state, con il paese che vi sta ospitando?
Io vivo ad Amantea durante tutto l’anno. Fare un festival in Calabria è sicuramente più difficile che farlo in centro a Milano, per una serie di problematicità del tessuto sociale. Però è anche vero che abbiamo avuto la possibilità di mettere in gioco le nostre idee, anche sociologiche e pedagogiche. Il rapporto col territorio è molto più intimo di quello che ci sarebbe in una grande città, ogni mattina mi sveglio e prendo il caffè in paese, parlo col macellaio e gli chiedo cosa pensa, spiego quello che stiamo facendo. C’è un approccio viscerale con la comunità, che risponde partecipando ad esempio al pranzo che organizziamo con i registi ospiti, offerto da un’associazione di pensionati che è felice di cucinarci la pasta con la mollica, il piatto tipico di Amantea.
C’è anche chi non è stato contento della vostra presenza e del festival?
C’è tuttora ovviamente, stiamo ancora aspettando il permesso del Comune per usare il parco. C’è chi ha detto che sequestriamo il parco, c’è chi ha detto che facciamo pagare l’ingresso venti euro quando non è mai stato così. La politica, soprattutto qui, è fatta di compromessi e favori, e una caratteristica del festival è che non ci nascondiamo dietro alla scusa che facciamo cultura e quindi non possiamo parlare. Noi diciamo sempre la nostra, siamo apertamente antifascisti, non siamo rispettosi con il potere e non rinunciamo a parlare quando le cose non vanno.
De La Guarimba conosciamo la storia, ma parliamo di cinema. Quali sono i criteri che orientano la selezione, c’è un filo rosso che collega i film scelti? C’è uno spazio per gli autori calabresi, avete cercato questo tipo di collegamento col territorio?
I nostri programmatori sono otto, e il criterio di selezione alla base è quello di valutare la qualità del lavoro, e non il regista o i premi come fanno altri festival. Nel programma si possono trovare opere quasi amatoriali di ragazzi appena usciti dalla scuola di cinema, altre di chi la scuola di cinema non l’ha mai fatta, altre ancora di professionisti con alti budget. Questo perché vogliamo che i film parlino da soli, senza bisogno del pippotto del regista che ce lo spiega. Il festival in sé non ha una tematica specifica, rappresentiamo tutti i continenti e la nostra offerta è molto varia, cerca di parlare a tutti.
Per quanto riguarda il collegamento con la Calabria, per due anni abbiamo portato avanti un’iniziativa che si chiamava Calabria in corto che però non è andata bene, prima di tutto perché qui non ci sono scuole di cinema né un tessuto culturale molto attivo nel fare cinema. Esistono delle realtà belle che supportiamo, ma non amiamo il nazionalismo, tantomeno il regionalismo becero. Abbiamo avuto come ospiti registi calabresi che stavano incominciando e che magari non si conoscevano tanto, però quello che ci interessa in primis è la qualità dei film.
Il vostro festival è un successo in continua crescita. Cosa consigli a chi vorrebbe intraprendere un’avventura simile alla Guarimba?
Innanzitutto, gli consiglierei di capire cosa vuole fare. Di rispettare i propri valori, senza modificarli solo perché arrivano soldi o perché qualcuno ti dice che in quel modo avrai più pubblico. Di non stancarsi e di capire che le cose non arrivano in un giorno, ma ci vuole pazienza. La cultura, come l’agricoltura, ha bisogno di essere coltivata, non viene su dal nulla. Bisogna investire molto tempo e molto amore, professionalizzarsi, imparare sempre dai propri errori. Noi ogni anno facciamo una riunione appena finito il festival per individuare quello che è andato male e cosa migliorare, non ci interessa farci i complimenti. Anche ascoltare tutte le critiche che vengono dall’esterno non serve, quanto più che altro mettere insieme una squadra competente.
Qual è il segreto del successo della Guarimba?
Intanto la sua unicità in Italia. Sicuramente la nostra coerenza coi valori alla base del progetto e la qualità della programmazione fanno la differenza. Ci ha aiutato senza dubbio la volontà di arrivare al pubblico, domandandoci sempre dove sbagliavamo nel comunicare e senza dire semplicemente che le persone sono ignoranti. Se un corto è bellissimo e l’autore è il migliore regista del mondo, perché alla proiezione non è venuto nessuno, cosa abbiamo sbagliato noi? La nostra voglia di fare poi ci sostiene, veniamo da luoghi (la Calabria e il Venezuela ad esempio) in cui nessuno ti regala nulla. Se oggi perdessimo i finanziamenti pubblici che ci aiutano non cancelleremmo il festival né rinunceremmo a come vogliamo che sia. Anche essere arroganti e presuntuosi ci aiuta un po’.
Una particolarità della Guarimba sono le moltissime iniziative collaterali. Qual è il progetto di cui andate più fieri, l’impresa impossibile che siete riusciti a realizzare?
Il “CinemAmbulante” è stato sicuramente una bella esperienza. Si tratta di una residenza artistica che ha invitato 80 registi, anche calabresi, per ideare, girare e proiettare corti proprio qui ad Amantea, coinvolgendo il paese e trasformando i suoi abitanti in attori. In assenza di scuole di cinema, l’iniziativa ha avuto un impatto reale e di crescita sul territorio. Il bando che lo sosteneva (MigrArti) è stato cancellato quest’anno, ma noi lo abbiamo fatto lo stesso ed è stato un successo ancora più grande, portando turismo in un periodo dell’anno, a giugno, in cui solitamente non c’è per assenza di un piano turistico, di questo andiamo molto fieri.
Anche di “Cambur Project”, il progetto di sostenibilità, siamo molto contenti. Fare una cosa del genere in Calabria, dove il problema dei rifiuti è importante, non è stata cosa da poco né da tutti, neanche il festival di Venezia lo fa. Non solo è stata una soddisfazione dal punto di vista ambientale, ma abbiamo anche dimostrato che passare alla green economy ha un impatto economico decisamente positivo e ci ha fatto risparmiare.
Un sogno nel cassetto della Guarimba?
Il nostro più grande sogno oggi è di creare una Casa della cultura per essere presenti sul territorio 365 giorni l’anno, dove ci sia una biblioteca, sale prove, sale di montaggio, un orto, che sia aperta a tutti nel rispetto della nostra filosofia. Vorremmo offrire dei servizi e attivare così le risorse del paese, aiutando chi vuole fare cultura e tramandarla alle prossime generazioni.
Qui il progamma completo! https://www.laguarimba.com/it/