Amarone di Valpolicella: la storia di uno dei vini italiani più famosi

Amarone di Valpolicella: la storia di uno dei vini italiani più famosi

L’Amarone è un vino rosso strutturato, complesso e intenso tipico della zona della Valpolicella (dal latino Vallis-polis-cellae, ossia “valli dalle molte cantine”). Al contrario di quanto il suo nome possa suggerire a un bevitore inesperto, si tratta di un passito secco. Questo vino fu, infatti, chiamato così nel 1936 da Adelino Lucchese, capocantina della Cantina Sociale Valpolicella, che coniò questo termine dopo averlo assaggiato da una bottiglia di Recioto lasciata in cantina. Un errore dal risultato più che sorprendente, non c’è che dire! Ancora oggi, infatti, questo particolare passito è molto apprezzato e reperibile nelle migliori enoteche fisiche e online: è possibile ordinare delle bottiglie di amarone pregiato su Tannico, ad esempio, scegliendo tra le numerose etichette disponibili.

Un vino prezioso

Le origini dell’Amarone risalgono a molti secoli fa: sin dai tempi degli antichi romani, infatti, veniva prodotto un vino dolce ricavato dall’appassimento dei grappoli d’uva che era apprezzatissimo. Basti pensare che, secondo quanto riportato da alcune testimonianze scritte successive (risalenti al 1000 d.C. circa) questo particolare vino veniva spesso utilizzato come sostituto del denaro per pagare i diritti feudali.

Come già detto, alla base del gusto morbido e intenso di questo vino c’è l’appassimento degli acini d’uva, che solitamente richiede 3-4 mesi di tempo. Nel corso di questa fase il volume viene ridotto di circa un terzo, aumentando il grado zuccherino del vino e, di conseguenza, anche la sua percentuale alcolica. Per questo procedimento è necessario l’uso delle cosiddette “arelle”, dei graticci che al giorno d’oggi sono disponibili in vari materiali ma che un tempo erano fatte di bambù. Per un risultato ottimale è fondamentale che i grappoli siano disposti in modo da non ostacolare il passaggio dell’aria, quindi non sovrapposti, e tutti nello stesso verso. Per quanto riguarda la durata, la tradizione vuole che l’appassimento duri almeno fino al gennaio successivo alla vendemmia, se non di più.

Un vino famoso

L’Amarone ha conquistato anche il mondo della letteratura. Si ricorda tra i suoi principali estimatori lo scrittore Ernest Hemingway che ne sarebbe venuto a conoscenza frequentando la locanda Cipriani a Venezia. Così nacque la citazione che ne fece nel suo romanzo: “Addio alle Armi”.

Ma Hemingway non è il solo! Anche Jonathan Franzen lo cita nel suo “Libertà” uscito nel 2012: è l’Amarone il vino servito a tavola in un ristorante di Londra in un momento molto cruciale del romanzo (no spoiler, ci mancherebbe).

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Come gustarlo e conservarlo al meglio

Considerato il sapore particolare di questo vino d’altri tempi, è bene conoscere nel dettaglio gli abbinamenti migliori per valorizzarlo al massimo. I piatti che più si addicono a una buona bottiglia di Amarone sono quelli a base di carne dal gusto deciso come la selvaggina, l’arrosto e il brasato; anche l’abbinamento con dei formaggi stagionati è molto consigliato, per esaltarne il gusto grazie al contrasto creato.

Come accade per ogni vino di un certo livello, è bene seguire alcuni suggerimenti per preservarne la qualità. Prima di tutto è fondamentale conservarlo correttamente, al buio e a una temperatura compresa tra gli 11 e i 16 gradi e senza fargli subire sbalzi, per non rovinarlo. Anche l’umidità è un fattore importante in questo senso, e a questo proposito il consiglio è di non andare oltre il 50-70%. Infine, la posizione della bottiglia che dovrà essere messa in modo che il vino resti a contatto con il sughero, per evitare che il tappo si secchi lasciando entrare aria.

Per assaporare al meglio l’Amarone, poi, è necessario servirlo a una temperatura compresa tra i 18 e i 20 gradi e sorseggiarlo da un bicchiere possibilmente molto ampio, in modo da consentire una corretta ossigenazione e far sprigionare il suo profumo intenso.

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