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What You Gonna Do When the Worlds’s On Fire? Interrogarsi con Roberto Minervini

Cosa farai quando il mondo sarà in fiamme?

 

Un interrogativo definitivo, spiazzante, quello che pone Roberto Minervini con il suo ultimo film What you gonna do when the world’s on fire?, presentato in concorso alla 75ª Mostra del cinema di Venezia. Cosa farai, cosa avresti fatto, e il più doloroso, cosa stai facendo per spegnere l’incendio che divampa indisturbato nei cortili, nelle strade, nei quartieri dove sei cresciuto?

Siamo a Baton Rouge, Louisiana, nel cuore pulsante delle contraddizioni americane, nonché teatro dell’omicidio di Alton Sterling da parte della polizia nel luglio del 2016. Nello stesso periodo, la telecamera di Minervini si addentra nell’intimo della comunità afro-americana, scossa dalla paura, dalla frustrazione e dalla rabbia che scaturiscono dalla violenza sistematica di cui sono oggetto.

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Come nei suoi film precedenti, Stop the Pounding Heart e Louisiana, il regista marchigiano, texano d’adozione, colleziona le storie di un’umanità sfaccettata e multiforme: il capo della parata del Mardi Gras, che unisce con colla, lustrini e candidi piumaggi l’eredità degli indiani e quella dei neri d’America, rievocata nelle note dolenti degli spirituals. Due fratelli, Ronaldo e Titus, la cui formazione tra i giochi, i treni, il girovagare per le strade del quartiere è segnata dalla paura, unico mezzo di sopravvivenza che la madre insegna con la ferocia di un automatismo. La cantante Judy, in lotta per salvare il suo bar dalla gentrificazione di Tremé, il quartiere nero di New Orleans che rischia di scomparire. Il partito ricostituito delle Black Panthers, intento a investigare sulla morte violenta di due giovani afro-americani a Jackson, Mississipi.

In un avvicinamento continuo e insistente, Minervini tesse un racconto non solo corale ma collettivo, che brucia come il mondo del titolo. Ognuno dei suoi protagonisti vive una condizione di disperata resistenza, nel tentativo di reagire all’ingiustizia “genetica” che è nel Dna dei neri, soprattutto nell’America del sud brutale e segregante, infiammata dal trumpismo e dal conseguente rigurgito razzista firmato KKK. Un bianco e nero estetizzante incornicia volti e gesti in un unico flusso, disvelando gioie e dolori di una società di esclusi a priori, di emarginati militanti, di dannati sulla terra.

Se nel passaggio dal piano individuale (la figlia degli allevatori di capre di Stop the Pounding Heart, l’eroinomane di Louisiana) a quello collettivo le scelte stilistiche risultano più difficili da accettare, e le annose questioni di etica, pudore, intimità premono come colpe irrisolte della forma documentaria, l’operazione di ricerca condotta da Minervini sulla rappresentazione del presente apre uno spiraglio insostituibile che supera gli inevitabili dubbi.

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Così, la scena in cui il piccolo Titus osserva spaventato il fratello maggiore giocare sulla riva del fiume, ricordandogli con pedanteria di non scivolare, strappa uno squarcio sulle forme che la paura, anch’essa “genetica”, può assumere, traducendosi in una disabilità alla vita e in una costante limitazione delle proprie azioni. Dall’altro lato, chi non ha paura rappresenta la sparuta minoranza, come i Black Panthers impegnati nella donchisciottesca impresa di chiedere giustizia, nella ripetizione rituale dei nomi delle vittime, contro l’oblio e l’indifferenza.

What you gonna do when the worlds on fire? è un appello che interroga le coscienze nel tentativo, non sempre riuscito, di svegliare dal torpore dell’abitudine: alle immagini delle news a cui siamo impermeabili, alla violenza strutturata di un sistema concepito per l’inesorabile riproduzione delle disuguaglianze.

Proprio per la sua complessità e per le problematiche sollevate, per i rischi assunti scegliendo di guardare al mondo di oggi come specchio del passato e non viceversa, accettando che un racconto sia sempre parziale e non esaurisca mai le diverse sfumature di una questione endemica e profonda come quella razziale degli Stati Uniti, già dal titolo l’opera di Minervini è lapidaria nella sua semplicità, nell’imperativo morale riecheggiante nei retroscena altrimenti invisibili delle notizie che fanno scalpore, nello sguardo partecipe sulla dignità di una comunità destinata al fallimento e all’estinzione.

Figlio di un’urgenza, nel panorama di rappresentazioni morbide e concilianti à la Green Book che dominano la scena hollywoodiana, What you gonna do when the worlds on fire? suona come una dichiarazione politica: imperfetta, scomoda, coraggiosa. Ancora di più, per un pubblico occidentale ed europeo che non rinuncerebbe nemmeno al croissant della mattina, sembra essenziale ripetersi all’infinito questa domanda.

Cosa farai quando il mondo sarà in fiamme?

 

Colonna sonora suggerita  Nina Simone – Mississipi Goddam

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