Meshes of the Afternoon, sognare un sogno con Maya Deren
Fra i più influenti protagonisti del cinema sperimentale americano, Maya Deren iniziò la sua carriara con Meshes of the Afternoon, girato con una economica 16mm, tre soldi e tanto talento. Un esordio fulminante come pochi altri, radicato in una storia passata di cinema sperimentale e capace di influenzare tremendamente gli anni a venire.
Un sogno. Ma è mai solo un sogno? In meno di un quarto d’ora la regista ci porta nei meandri dell’inconscio. Una donna insegue una figura avvolta in un mantello, con uno specchio al posto del viso. Poi entra in casa e si addormenta. La scena si ripete, più volte. Ogni volta, però, è una nuova donna (sempre interpretata da Maya Deren) eppure sempre la stessa. Ogni volta alcune cose cambiano, ma nulla muta se non nel profondo della mente (addormentata o sveglia?) della protagonista. Ci sono oggetti archetipici ricorrenti: il coltello e la chiave, sopra tutti, che si scambiano non solo di significante ma anche di significato. Entrambi sono un mezzo per entrare (o uscire) dalla propria condizione. Ugualmente, entrambi rimandano a pulsioni sessuali appena accennate durante il cortometraggio. E c’è l’inconscio che riverbera nella realtà; la ripretizione, ri-azione del pensiero che si arrovella sullo stesso dilemma, tipica di molti sogni.
Alcuni riferimenti al “cinema del sogno e dell’inconscio” precedenti sono chiari: su tutti, Un Chien Andalou di Bunuel e Dalì, seminale opera in grado di influenzare i secoli a venire. I rimandi riguardano soprattutto alcuni passaggi ed il riferimento chiaro alle pulsioni sessuali dell’inconscio e del sogno. La forma, tuttavia, è molto diversa (come la stessa Deren più volte sottolineò). Non si tratta di accosatamento di libere associazioni, ma più di un flusso di coscienza che ruota intorno allo stesso tema. Nonostante i mezzi limitatissimi, la regista crea un’atmosfera da sogno/incubo, grazie anche a innovative soluzioni tecniche. Splendida la scena della scala, con la protagonista sbalzata da un muro all’altro e la telecamera che sembra seguirla, accentuando il movimento e la carica emozionale del momento. Di grande effetto anche il doppio climax, che anziché risolvere la situazione, crea il senso di straniamento del “sogno nel sogno“.
Il lascito di Meshes of the Afternoon è riscontrabile non solo nel cinema sperimentale (uno su tutti, Film di Alan Schneider), ma anche in tutto il filone onirico successivo, di cui fa parte David Lynch, con alcuni evidenti riferimenti presenti sia in Lost Highway che in Inland Empire.