Mrs. Caliban (e l’ennesimo adorabile mostro) | Rachel Ingalls
Inizio col ringraziare Guillermo Del Toro per avermi fatto irrimediabilmente ossessionare a quella che ho scoperto, a mia insaputa, essere una vasta schiera di figure femminili tendenzialmente tristi e affascinate da esotiche creature antropomorfe provenienti dagli abissi più profondi e dotate di un vorace appetito, con un aspetto discutibilmente rassicurante ma dal cuore tenero e pulsante come un succoso mollusco marino. Un grazie anche a Rachel Ingalls perché mi ha offerto una impeccabile variazione sul tema ed è solo merito del suo romanzo se ho smesso di rivedere The Shape of Water per 3 volte a settimana ed è quando penso a questi piccoli progressi che vedo la vita adulta come una meta sempre più raggiungibile.
Mrs. Caliban fu pubblicato per la prima volta nel 1982, ma è un romanzo talmente weird che è passato totalmente in sordina all’epoca. La sua ristampa americana del 2017 ha cavalcato, per l’appunto, l’onda del successo del pluripremiato film di Del Toro ed è subito diventato uno dei venti romanzi americani più importanti del Dopoguerra. Sempre valida dunque la constatazione che a volte serve solo una piccola spinta e il giusto allineamento astrale.
Fine anni ’60, siamo in un sobborgo americano che può ricordare il quartiere periferico di Revolutionary Road dell’omonimo romanzo di Yates, ambientazione perfetta per ogni suburban drama che si rispetti e che profumi fin dalla prima scena di inevitabile tragedia finale. Anche la coppia di Fred e Dorothy Caliban, la Mrs. Caliban del titolo, può ricordare gli irrequieti e insoddisfatti April e Frank. Fin dall’inizio ci si fa accompagnare nelle logore descrizioni di un disperato orrore domestico colmo di noia coniugale, indifferenza, gironi infiniti di faccende di casa da sbrigare, gite al supermercato di quartiere e straordinari in ufficio che durano decisamente troppo.
L’elemento realistico si assottiglia drasticamente quando nella vita – più precisamente nella cucina, come abbiamo detto queste irresistibili creature sono sempre accompagnate da un’importante appetito e il primo contatto tra l’umano e il quasi-umano è quasi sempre il cibo – di Mrs. Caliban c’è una inaspettata incursione. Al Centro per la Ricerca Oceanografica dal quale è riuscito a scappare lo chiamavano Aquarius Mostruomo, per Dorothy sarà più affettuosamente Larry. Si tratta sostanzialmente un uomo-rana parecchio alto e con un debole per gli avocado. Tutto sommato sembrerebbe innocuo.
Si trovava più o meno al centro del linoleum a scacchi della sua bella e sicura cucina, quando la porta sul retro si aprì e una gigantesca creatura che sembrava una rana alta due metri si fece strada in casa sua per poi rimanere di sasso davanti a lei, chinandosi leggermente a fissarla dritta negli occhi.
Mrs. Caliban, romanzo linguisticamente scarno e senza fronzoli ma caleidoscopico dal punto di vista immaginifico, nel suo alternare puro realismo a incursioni sci-fi e grottesche, segue l’altalenante evoluzione del rapporto tra Dorothy e Larry, che si instaura a prima vista: galeotto fu un gambo di sedano. Tra i lunghissimi dialoghi alla scoperta dei rispettivi mondi (come di facile previsione, per nulla lontani) si alternano azzardati piani di fuga, furtive gite notturne in riva al mare, riflessioni sul sempre labile concetto di normalità, programmi tv comici da imitare, notiziari e incessante voglia di evasione dagli schemi prestabiliti. Dorothy e Larry si nutrono reciprocamente della loro voglia di libertà e nel sentirli dialogare, così complementari, ci si dimentica totalmente di tutti i dettagli che all’apparenza dovrebbero renderli inavvicinabili tra di loro.
Preparò una grande insalata, che condì nell’insalatiera hawaiana di legno. La coprì con abbondanti fette di avocado. La famiglia di suo padre li chiamava “pere-alligatore”, ma a Larry questo non l’aveva detto.
Oltre ad essere un’originale e toccante rivisitazione del mito del selvaggio buono, Mrs. Caliban è però anche una tenace critica alla società degli anni ’80, periodo della sua composizione e prima pubblicazione. Per esempio, non mancano infatti riferimenti alla tanto temuta frammentazione della percezione dovuta alla massiva presenza dei media di massa che, unita alla probabile depressione iniziale di Dorothy frutto della sua infelicità coniugale, la rendono vittima di allarmanti allucinazioni uditive durante l’ascolto delle sue stazioni radio preferite, perenne sottofondo delle sue inarrestabili attività domestiche (Senza pensarci accese la radio, mentre si spostava tra i fornelli, il frigorifero e il lavandino, e poi corse in camera a cambiarsi e a truccarsi.). Sono proprio queste allucinazioni a fare a tratti dolorosamente sospettare che anche il Mostruomo altro non sia che frutto dell’immaginazione di Mrs. Caliban: l’eco finale presuppone che forse non avremo più tracce di Larry non appena qualche tassello nella vita e nella testa di Dorothy tornerà al suo posto. Sarebbe un vero peccato perché al solo pensarci già mi manca.
Si chiese cosa stesse facendo Larry, quanto al largo si era spinto, a che profondità. Lo pensò che nuotava in quegli splendidi colori, in un ambiente diverso da casa sua, ma familiare – come se un uomo del Connecticut fosse stato rapito e trasportato su un pianeta lontano e poi riportato in Norvegia o in Giappone; non poteva dirsi a casa, ma quasi.
Titolo | Mrs. Caliban
Autore | Rachel Ingalls
Anno | 2018 (1982)
Editore | Nottetempo
Pagine | 148