Misery is a butterfly
Her heavy wings will warp your mind
With her small ugly face
And her long antenna
And her black and pink heavy wings

Sono sull’orlo di un precipizio.

Sento il vento in faccia, l’umidità che mi farà pentire di non aver messo un cappello sui miei capelli che profumano come sempre, è una fissa. Chissà se profumeranno ancora.

Poco importa, non mi interessa, sono stanca; è una lotta estenuante, continua, quella con la poca voglia di alzarsi dal letto la mattina, sentire le ossa che ti fanno male al pensiero di dover cominciare tutto daccapo, ancora, come tutti i giorni. Quella cazzo di sveglia lo sa, stronza, suona quando dopo ore di dormiveglia, di corse nel letto senza mai arrivare, il tuo cervello non ce la fa più, crolla, lo senti pesante, e decide per te che è ora di dormire, si scarica e senti che anche lui si poggia sul cuscino. Ma sono le 6, forse qualche minuto in più, giusto il tempo di realizzare che non ha senso chiudere gli occhi, devi alzarti, e lei suona, e tu bestemmi. In loop.

A volte mi sento un disco rotto, che suona sempre la stessa musica, in continuazione: una cassetta incastrata nell’autoradio della golf di mio padre, quella bianca che mi faceva sentire la figlia di un postino, quella in cui mi portava a fare i giri del quartiere la sera perché non dormivo mai e per farmi addormentare aveva imparato questo trucchetto, caricarmi in macchina e guidare. Adesso penso troppo anche in macchina; eppure a volte spengo il cervello mentre faccio sempre la stessa strada, e guido quasi per inerzia. In quelle occasioni mi sembra di capire il trick di papà: forse il segreto era farmi smettere di pensare e di chiedere il perché di qualsiasi cosa, qualsiasi cosa mi passasse per la testa.

 

Dearest Jane I should’ve known better
But I couldn’t say hello, I didn’t know why
But now I think, I think you were sad
Yes you were, you were, you were

“Perché sei triste?”

Io non so di preciso quando sia arrivata, la tristezza, quella che hai visto tu, ma c’era, lo so che c’era, e io non credevo fosse tornata, credevo di averla cacciata via per sempre, anche quando la sentivo nascosta in un angolino, che mi spiava e aspettava il momento giusto per sbucare. L’ho combattuta con le unghie e con i denti, l’ho presa a morsi la vita, me la sono sudata, sono risalita da quel mare di merda e di depressione che mi aveva tolto la la voglia di vivere. Cazzo, mi faceva male vivere, io questi occhi li volevo strappare, non volevo vedere più niente, tantomeno sentire e toccare. C’era qualcosa, c’è qualcosa che non funziona, e non riesco a capire dove. Per capire dove sia il problema, stanarlo, devo far tornare a galla tutte cose che avevo spinto nel fondo del mio stomaco, o rimosso dal cervello, mi sono trovata a fare i conti con dei pezzi di tempo, anni, di cui non ho memoria. Come fai a dimenticare delle parti della tua vita? Qual è il trauma? Cos’è che mi rende così impossibile pulire, bruciare tutto nella mia testa malata di tristezza? Sono io o sono gli altri? Perché gli altri non lo sentono questo dolore, questa sensazione di vuoto che mangia tutto quello di cui lo nutri ma non digerisce niente?

Remember when we found misery
We watched her, watched her spread her wings
And slowly fly around our room
And she asked for your gentle mind

Si chiama vulnerabilità. Quella che hai combattuto per anni, quella che hai tentato di tenere nascosta perfino a te stessa, come a far finta che a te non potesse succedere, che tu non potessi perdere il controllo – in fondo le regole erano semplici: essere sempre impeccabile, non mostrare debolezze, non lasciarti travolgere dalle persone, da quello che senti, metti sotto il tappeto, fatti una birra e non far vedere gli occhi a nessuno. Ed è stato difficile cominciare a farlo, poi di colpo così semplice, quasi naturale, fino a diventare un bagaglio emotivo, una malsana abitudine impossibile da lasciarsi alle spalle; adesso, quel cemento sul petto che hai fatto solidificare, non lo senti più tuo, non lo vuoi, lo vuoi staccare. Parte tutto da te: vuoi tornare a respirare, la pelle ti brucia, vuoi sentire l’aria addosso, vuoi mangiarti il mondo con gli occhi, guardare e farti guardare.

Per questo, tristezza, per quanto tu possa provare ogni volta a tornare, troverai sempre un pezzo di cemento in meno sul mio petto, fino a vederlo sparire. Mi troverai feroce, forte e vulnerabile, piena di brividi, con i soliti capelli profumati e gli occhi grandi e spalancati, a guardare e farmi guardare.

Sono sull’orlo del precipizio, sì, ma la vista non è niente male.

What I say, I say only to you
Cause I love and I love only you
Dearest Jane, I want to give you a dream
That no one has given you

 

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