Les garçons sauvages, l’odissea selvaggia di Bertrand Mandico

Les garçons sauvages, l’odissea selvaggia di Bertrand Mandico

 Ogni giorno uno sceneggiatore deve uccidere il proprio padre, violentare la propria madre e tradire il proprio paese.

 

Parlando del suo film d’esordio Les garçons sauvages, che viene dopo una lunghissima lista di corti e mediometraggi, il regista francese Bertrand Mandico ricorda queste parole di Buñuel. E si potrebbe quasi dire che le prenda alla lettera, Mandico, quando immagina lodissea scabrosa dei ragazzi selvaggi, guidata dal misterioso e discreto Capitano e insidiata dai mille piaceri dell isola delle sottane.

Prendete il romanzo d’avventura che avete amato da bambini, mescolatelo con il sogno erotico più strano e perverso vi sia mai capitato di fare, e agitate il tutto con una giungla lussureggiante di riferimenti cinematografici e letterari. Non sarete ancora minimamente vicini alla potenza espressiva e irriverente del film di Mandico, che ritornando al cinema artigianale delle origini sembra essere stato sputato da una navicella spaziale aliena.

Cinque ragazzi, borghesi e degenerati, violentano e uccidono la loro insegnante mentre recitano “Macbeth di Shakespeare, in preda ai deliri dell’alcool e della pulsione incontrollabile da loro chiamata “Trevor”, una sorta di demone che si presenta sotto forma di teschio glitterato. Processati per lorrendo crimine, vengono affidati dai ricchi genitori e dalle autorità ai metodi rieducativi di un olandese soprannominato il Capitano, che li condurrà per mare fino ad un’isola misteriosa, in un viaggio punitivo e brutale da cui usciranno sicuramente cambiati, forse non tutti vivi.

Minchia oh zio buona sta roba
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Echeggiando i romanzi d’avventura di Jules Verne e di William Burroughs (“The wild boys” è anche il titolo inglese del film), Mandico costruisce un universo fantastico ai limiti dellallucinazione, dove le scene in bianco e nero vengono attraversate da lampi di colori sgargianti, acidi: giallo, viola, blu, rosso, come se la pellicola bruciasse in alcuni punti, psichedelica e sciolta. Ho davvero immaginato il film come un albero nero con dei frutti colorati, un albero velenoso. dichiara il regista.

L’intero film è girato in Super-16, e la scelta materica della pellicola ben si sposa con l’erotismo velenoso che lo pervade, incontenibile e crudele. Tutti gli effetti speciali sono ottenuti con fondali e retroproiezioni, tecniche dal passato magico del cinema a servizio di unopera sperimentale e imprevedibile. La colonna sonora originale composta da Pierre Desprat e arricchita da interventi che spaziano dalla musica electro degli Scorpion Violente a quella dell’islandese Hekla Magnúsdóttir, costruisce una densa nube onirica attorno alle immagini, alimentando il surreale stato di eccitazione perenne e l’esoterismo fantastico del film.

Les garçons sauvages si apre su un tentato stupro, quello di un gruppo di marinai nei confronti di Tanguy, un ragazzino biondo dallo sguardo sperduto che racconta la storia dei ragazzi selvaggi. Rievocando la possessione della bestia in Rosemarys baby e la celeberrima scena di violenza de La Ciociara, si inaugura un tema che percorre l’intero film: quello del desiderio irrequieto e violento e della sua inevitabile soddisfazione, nella totale assenza di confini.

In un’atmosfera fantasy-coloniale, tra isole lussuriose che odorano di ostrica, frutti pelosi e deliri onirici, sarà Severine (o Severin) l’equivalente di Circe, la donna che comanda il Capitano e introduce i ragazzi alla natura ambigua dell’isola del piacere, a dichiarare l’assenza di orizzonte morale (“Niente è bene o male in sé, dipende tutto da cosa ne pensiamo). I ragazzi selvaggi sono esseri ibridi, pansessuali e sfrontati, che tra funghi, muschi, piante carnose scoprono una natura sessualizzata a cui si abbandonano senza resistenze.

Sì, era proprio buona
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Giocando ad abbattere tutti i confini, Les garçons sauvages vuole rappresentare una pubertà iper-transgender, dove il piacere è limperativo ripetuto allo sfinimento e i corpi sono in continua trasformazione tra i generi, senza che questa metamorfosi cambi la personalità dei ragazzi. La punizione del crimine si realizza nella perdita della virilità, talvolta sofferta, per lo più abbracciata nello sconfinamento libero e sfrenato al grido “il futuro è donna, il futuro è strega.

Le donne infatti hanno un ruolo fondamentale nell’opera di Mandico, capace di creare personaggi fluidi e non convenzionali per le sue attrici androgine e ammalianti, che interpretano i ragazzi selvaggi con la naturalezza di chi danza al di là delle definizioni, e per Elina Löwensohn nel ruolo di Severin, ormai da anni al fianco del regista in numerosi cortometraggi.

Trasudando una cinefilia mai nostalgica (tra i tanti riferimenti quello a LAtalante di Jean Vigo evocato nelle numerose scene subaque) e dando sfogo alle ossessioni contemporane edipiche e recondite, Les garçons sauvages è una lunga visione in stato debbrezza che si nutre di contrasti, svelando il lato grottesco, orrido, romantico e crudele che fanno delladolescenza un incubo deforme di paura e desiderio.

 

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