Give Me 5 (Terza Repubblica Edition) | vol. 127

Give Me 5 (Terza Repubblica Edition) | vol. 127

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Femminismo.

Nelle ultime settimane mi è capitato di assistere più volte alla definizione mediatica del nostro tempo. Una serie di piccole epifanie social, che definiscono la nostra epoca moderna, sia in termini politici che sociali.

Sicuramente le meravigliose affermazioni del nostro Governo Fasciopulista, il primo vero governo postmoderno che la Storia ricordi (Trump, impara: sei indietro di un decennio buono). Ne cito solo due, per la roboante incongruità e bellezza effimera, che racchiudono interamente la nostra epoca balorda (ed il grillismo tutto).

La prima: le vaccinazioni seguiranno un “obbligo flessibile”. Vi chiedo di ripetere ad alta voce queste parole: obbligo flessibile. Assaporatele in bocca, sentite le labbra che si muovono sulla doppia “b”, la lingua che saetta. Non è poetico? E ora rendiamoci conto che è una puttanata pazzesca, un po’ come una strada a senso unico negoziabile. Eccola, tutta la sua bellezza.

La seconda, meno poetica, ma ugualmente interessante, è l’affermazione di un burattino demente di nome Barillari, che tuona dai canali ufficiali della politica (cioè sul suo profilo FB), che “la Politica viene prima della scienza. Non si accettino le parole degli scienziati mainstream come dogmi religiosi.” Anche qui parole di rara beltade. “scienziati mainstream”. Come esistessero, per contro, degli scienziati underground che affollano le fogne sotto Berlino e Torbellamonaca con le loro verità scomode. E poi, il capolavoro, la politica prima della scienza (Bellarmino spostati propio). Equivale a dire, parafrasando, che l’opinione conta più dei fatti; che la maggioranza conta più di qualunque legge fisica o biologica. Se la maggioranza non crede alla gravità, questa scompare. Che poi, questa gravità c’è nel Contratto di Governo?

Eppure, queste due manifestazioni di prosa e poesia, benché altissime, ancora non definiscono il nostro tempo balordo completamente. Questa definizione omnicomprensiva va cercata più in alto, nella pura arte. Ed è tutta racchiusa in questa singola foto:

 

Piango ogni volta che la vedo

Massimo D’Alema che posa con M¥SS KETA, al suo concerto. È il tracollo di ogni postmodernismo, la fine della civiltà occidentale come la conosciamo, lo strappo del velo di Maya. Lei mascherata, come fosse a Tokio dopo l’olocausto nucleare; lui in perfetta camicia azzurra, appena finito l’orario di lavoro, la cravatta e la giacca lasciate nell’auto blu. Da un lato la rivoluzione di chi non vuole neppure farsi riconoscere, smembrando le vecchia vestigia borghesi rappresentate dai nomi e dai volti; dall’altro lo sguardo trasognato di chi ha attraversato trent’anni di politica come se fosse in barca a vela, mettendo il proprio riconoscibile tocco ovunque, tradendo chiunque tranne se stesso. Da un lato la scomparsa dell’Io riconoscibile, dall’altra la sua elevazione. Fare musica su un palco, a volto coperto; manovrare i fili della realtà nell’ombra, ma sempre col viso abbronzato da regata.

Non è bellissimo questo loro incontro?

Cosa si saranno detti? Avranno discusso delle sorti del paese, oppure di dove trovare il miglior chirashi a Milano?.

Eccolo, il simbolo della nostra epoca. Una immagine che ne racchiude tutte le contraddizioni e le bellezze, tutte le storture e tutta la poesia che da queste storture è fatta. Enjambement della realtà, allitterazione del tempo e dello spazio. Guardiamo bene questa immagine, perché con essa potremmo iniziare a capire cosa siamo e cosa diventeremo. E, soprattutto, trovare la bellezza ironica che sottende questo cambiamento.

Dedichiamo a questa coppia meravigliosa la nostra playlist.

 

M¥SS KETA – Milano sushi & coca (Motel Forlanini – Room 101)

Minimalista, come la poesia di Emily Dickinson. Intimista come un disco di Leonard Cohen. Con pochi taglienti versi emerge tutta la gioventù nei quartieri milanesi. Le paste fatte in casa, le nottate nei locali, il giappo all-you-can-eat, che altrimenti costa troppo. E quando parte il refrain CHIRASHI SASHIMI PARCOFORLANINI siamo tutti in piedi a cantare, con le lacrime agli occhi.

 

M¥SS KETA – XANANAS

Non siamo più nei ricordi adolescenziali e la musica è maturata esattamente come i testi. Qui si parla di millenials, alle prese con la difficoltà, il precariato, le ansie. Non è difficile immaginare la cantante scrivere il testo nella sua stanzetta in affitto, fra i clacson di Milano, mordendosi il dito perché non sa se le rinnoveranno il contratto.

 

 

Coffee Shop Acoustic Session: Get Low Cover (Lil John) by Dan Henig

Il post-postmoderno può essere anche romantico. Lo dimostra questa cover acustica, che ribalta la prospettiva: non più estremizzazione del comune, ma ridimensionamento dell’estremo in un ambiente familiare e domestico. La sua impassibilità è a dir poco miracolosa. Il ritornello mette i brividi, tanto che viene voglia di impararsi i tre accordi per poterla dedicare alla propria fidanzata: From the window/ to the wall/ Till the sweat drops down my balls/ all these bitches crawl/ oooh skit skit motherfucker/ oooh skit skit god damn (vi prego,c ercatela la traduzione).

 

Coez – La musica non c’è (CHICKEN COVER)

Nulla è degno di rispetto. La proprietà ha smesso di esistere, ma non come credeva Marx, esattamente al contrario: non per un bene societario più alto, ma per la totale assenza di questo. Se nulla conta, allora vale tutto. La cover diventa il simbolo di questo mondo al contrario e non basta che a cantare cover siano i cantanti. Tutti possono creare una cover, grazie a Youtube. E questa, personalmente, è meglio dell’originale (non ci vuole molto, direte voi).



C.S.I – Linea Gotica

Eppure eppure. Eppure, rimango ancorato ai vecchi ideali, come un dinosauro ormai destinato all’estinzione. Eppure, credo ancora che qualcosa di valido ci sia, qualcosa per cui valga la pena darsi da fare e lottare. Potrebbe anche non servire a nulla, ma al momento vivo in un paese in cui questa canzone su Youtube “non è disponibile”. Questo paese è la Germania (no, non credo sia un caso). Se tutto sembra uguale e senza valore, allora forse ancora più forte dovremmo cantare; se tutto si mescola e perde colore, allora forse ancora con più intensità dovremmo affermare la nostra unicità e i nostri valori.

Proprio per questa assenza di valori, oggi più che mai:

“occorre essere attenti occorre essere attenti

e scegliersi la parte dietro la Linea gotica”

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