Santa Maradona prega per me, diceva una canzone
Cominciamo col dire di cosa non voglio parlare: nessun indugio sugli inni dei passati mondiali. Perché? Se ve lo state chiedendo, evidentemente non avete visto la cerimonia di inaugurazione di dieci giorni fa (Mondiali 2014): un ometto con pantaloni risvoltati a metà polpaccio e maglietta del Brasile nelle mutande che balla muovendo a destra e a sinistra il braccio. In pratica la coreografia di Dj Francesco nella mai dimenticata Canzone del Capitano.
I tempi di Argentina 1978 con il suo El Mundial di Morricone sono passati da un pezzo e i vari Ricky Martin, Shakira e Toni Braxton (Germania 2006, l’ho googlata anch’io) non mi hanno mai convinto.
Di brani ispirati al calcio ne sono stati scritti tanti, alcuni emozionano, alcuni raccontano di mondi diversi, altri invece con il calcio c’entrano poco, ma sono diventati comunque simboli di questo sport.
A quest’ultima categoria appartiene sicuramente We Are the Champions dei Queen, pubblicato nel 1977 all’interno dell’album News of the World. È stato usato per la prima volta dalla FIFA dopo la vittoria dell’Italia nella finale di Spagna ’82 e da allora è stato la colonna sonora di migliaia di cerimonie di premiazione, dai mondiali ai tornei estivi di paese. Ad accompagnare l’uscita del singolo troviamo We Will Rock You, altro brano che trasmette una carica incredibile; la base è composta soltanto dal battito di mani e piedi che accompagnano la voce di Freddie Mercury, la chitarra da pelle d’oca di Brian May chiude quello che sembra più un inno che una canzone rock.
Tornando a tempi più recenti, c’è una canzone che segue la nostra nazionale da Germania 2006. Qualcuno forse si sorprenderà, ma “poo-po-po-po” non è il suo titolo originale e i White Stripes non l’hanno mai dedicata al mondiale, né tantomeno all’Italia campione. Seven Nation Army ha però quel qualcosa “da stadio”, un riff molto semplice, che rimane immediatamente impresso nella memoria, di quelli che ti sorprendi a canticchiare sotto la doccia o mentre prepari il caffè. La parte che tutti ricordano è, non a caso, quella senza parole, perfetta per far cantare senza difficoltà qualche decina di migliaia di persone sedute sulle tribune. Non ci si può sbagliare: «Pooo popopopo pooo» ed è subito nazionale. Jack e Meg White (e i loro portafogli) hanno benedetto l’usanza ed è probabile che anche quest’anno abbiate già sentito bande di ragazzini sotto il vostro palazzo urlarla a squarciagola (se vi siete lamentati su facebook sappiate che siete vecchi dentro).
Calciatori impeccabili, con una vita da atleti modello e mai sopra le righe, difficilmente hanno fatto parte della cultura pop. Capitano dei “cattivi ragazzi” invece è Maradona, a cui sono dedicati libri, pellicole e, ovviamente, canzoni. Due tra quelle che rispecchiano meglio il personaggio sono state scritte da Manu Chao. La prima è Santa Maradona; non è stata pubblicata negli anni del Maradona campione del mondo a Messico ’86 e nemmeno in quelli dei due scudetti a Napoli; è il Maradona che ha già vissuto la squalifica per uso di cocaina nel ’91, i figli non riconosciuti, le prime indagini per evasione fiscale. L’album che la contiene (Casa Babylon dei Mano Negra) è stato pubblicato poche settimane prima dell’esclusione per doping al mondiale di USA ’94, che segnerà la fine della sua carriera internazionale.
Ma Maradona è già un’icona popolare e tutto gli si perdona. I Mano Negra ci regalano un brano che ha il ritmo dei cori da stadio, il testo è semplice, ma l’appello “Santa Maradona prega per me” fa capire che non si parla più di un calciatore: ormai è una divinità pagana, adorata in Argentina, a Napoli e nel mondo.
Manu Chao torna a cantare del campione argentino nel 2007 con La Vida Tómbola, brano che verrà ripreso nel docu-film dell’anno successivo diretto da Emir Kusturica e presentato al festival di Cannes. Questa volta il cantante francese sceglie la lingua spagnola e racconta l’uomo più che il calciatore, una vita esagerata (“mille fuochi, mille amici/ogni cosa moltiplicata per mille”) e i rapporti sempre tesi con la politica del calcio (“se io fossi Maradona/andrei in mondovisione/per gridare alla FIFA/che i ladroni sono loro”). È una melodia malinconica e non c’è bisogno di aggiungere parole per ricordare l’autodistruzione di un atleta; qui c’è spazio soltanto per l’idolo, che “di fronte a una porta non sbagliava mai”.
Se “la vita è una lotteria”, Maradona ha sempre puntato il massimo.
Santa Maradona.
Il Mondiale è una grande festa, è vero, ma alla fine anche vincere ha il suo peso ed è giusto chiudere con del sano campanilismo, dicendo che la più bella metafora di vita sul calcio l’ha scritta De Gregori ne La Leva Calcistica del ’68. Non si parla di grandi campioni né di stadi gremiti: questa è la storia di un ragazzino e del suo provino per entrare in squadra. È un invito per più giovani a provarci sempre, ma anche per tanti adulti che “hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro e adesso ridono dentro al bar”. È solo calcio, ma per chi ha praticato un qualsiasi sport è facile capire quanto possa emozionare; l’imbarbarimento negli stadi e la violenza sono un prodotto delle persone, che si portano dietro in (e da) molte altre occasioni. Il calcio è meraviglioso e i suoi valori sono altri.
Buon mondiale a tutti.
“Ma Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore,
un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.
Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette,
quest’altro anno giocherà con la maglia numero sette.”
UpCaps
Tracklist:
Queen – We Are the Champions
Queen – We Will Rock You
The White Stripes – Seven Nation Army
Mano Negra – Santa Maradona
Manu Chao – La Vida Tómbola
Francesco De Gregori – La Leva Calcistica della Classe ’68