Give Me 5 (Open Space Edition) | vol. 117
È lunedì mattina.
Nel weekend, che da definizione Treccani sarebbe il momento in cui si recuperano energie e si indugia in un ozio rigenerante, hai dormito 3 ore a notte e per giunta male. Qualche bicchiere di troppo, i figli dei vicini che di sabato alle 8 si sentono CR7, il prete che ha scambiato le campane della chiesa per il palco di Woodstock, quell’ineffabile sensazione che “se non esco anche stasera lo rimpiangerò per tutta la settimana”.
Quando alle 7 è suonata la sveglia, oggi che è lunedì mattina, hai realizzato in un attimo che hai di nuovo sbagliato tutto, ma il prossimo weekend dormo e comunque stasera alle 10:30 a letto dopo un piatto di riso in bianco e mezz’ora di Montalbano giuro nemmeno lo guardo tutto.
L’obiettivo, quindi, è passare inosservato in ufficio e scappare alle 17:59 che a confronto alle Poste fanno straordinari. Fattibile, se non fosse per quel piccolo dettaglio dell’open space.
Il brusio costante, gente che parla al telefono pensando che più si è lontani geograficamente più è necessario urlare nel microfono, quello che passa e ti fa la stessa battuta da quando vi conoscete, i cornetti per il compleanno della nuova arrivata (no vabbè, i cornetti per il compleanno sono tollerabilissimi), il capo che passa e ti chiede cose che se parlasse Klingon capiresti di più.
È lunedì mattina.
Dallo zaino sbucano gli auricolari, vanno alle orecchie, l’open space diventa un’oasi di silenzio.
Si apre Spotify e c’è una nuova playlist su gentile concessione di Salt.
Sei salvo di nuovo.
Però stasera a letto presto, promesso?
REM | Bad day
alt-J | Fitzpleasure
TV on the Radio | Happy idiot
Everything Everything | Undrowned
Portugal. The Man | Creep in a t-shirt