Give Me 5 (Disperato Erotico SALT Edition) | Vol. 112
Girando ancora un poco ho incontrato
uno che si era perduto
gli ho detto che nel centro di Bologna
non si perde neanche un bambino
mi guarda con la faccia un po’ stravolta
e mi dice “sono di Berlino”
E così se n’è andata questa prima gita SALT, due giorni a Bologna con quasi tutta la redazione: tra chiacchiere e cibo, biblioteche e librerie, chiese e altro cibo. Non abbiamo perso l’occasione di far girare le nostre idee e perfino i nostri adesivi – bellissimi, dovreste vederli! – ed è stato importante, davvero, incontrarsi di persona una volta tanto: sono tanti i chilometri che ci separano, e meno male che c’è questo progetto ad averci fatti incontrare e a tenerci uniti nonostante le distanze.
Per festeggiare questo fine settimana che non scorderemo, noi di Sound abbiamo deciso di dedicarci e dedicarvi un GiveMe5 a tema, con cinque pezzi che, per un motivo o per l’altro, sono saltati fuori tra un bicchiere e l’altro – vino o acqua, perché qua abbiamo perfino gli astemii. Buon ascolto e buona Bologna, quindi: a noi e a voi.
Via Paolo Fabbri 43 | Francesco Guccini
Non puoi dire di Bologna se non dici Guccini. Lui ci arrivò solo a 21 anni, ma alla città regalò tantissimo, pure il titolo di uno dei suoi brani-simbolo: Via Paolo Fabbri 43 (per i curiosi e i non-iniziati: la trovate tra Massarenti, Libia e l’Osteria da Vito). Dentro c’è tutto Guccini: otto minuti di struttura musicale solidissima, su cui può permettersi di appoggiare di tutto; le frecciatine ai colleghi della Canzone italiana; i riferimenti alti e bassi, da apocalittico e integrato. Krapfen e Roland Barthes, Snoopy e Borges, Clarks ai piedi e Descartes in testa.
Disperato Erotico Stomp | Lucio Dalla
Lucio Dalla. Uno dei grandi irregolari della musica leggera italiana, uno di quelli per cui si può usare l’altrimenti abusatissimo appellativo di “genio”: picchi strepitosi e sprofondi imbarazzanti, un talento capace di regalare al tramonto dei Settanta alcuni dei dischi pop più belli del nostro Novecento. I due omonimi del 1978 e del 1980 – quelli di Anna e Marco, Cosa Sarà, Futura, Cara e tante altre, tenerissime – e poi Com’è Profondo il Mare, forse il massimo capolavoro: tra tanta poesia, noi abbiamo scelto il pezzo più terreno di tutti, Disperato Erotico Stomp. A ritmo di reggae e fiati, in cinque minuti di ebbro abbandono incontriamo puttane ottimiste (e di sinistra), berlinesi spersi nel mezzo di una città tonda, scazzo a palate e una voglia insopprimibile di autoerotismo. Di quello che ti fa fare la scale di casa tre gradini alla volta.
Eptadone | Skiantos
Settantasette, in Italia, vuol dire Bologna. Settantasette, a Bologna, vuol dire Skiantos. Nel decennio successivo, nel nostro Paese l’hardcore sarà una roba seria, capace perfino d’essere esportata; il nostro punk, invece, a ben guardare non ha lasciato molto.
Ecco: il discorso non vale per Freak Antoni e la sua geniale congrega di lucidissimi matti, forse gli unici veri punk di quell’annata. Il loro secondo Monotono rimane il disco più bello di quel periodo e l’unico che sia rimasto di quel famigerato Movimento che gli Skiantos non si facevano problemi a demolire. Tanto da cantare “fate largo all’avanguardia / siete un pubblico di merda / applaudite per inerzia”: messinscena e sincerità, genio ed encefalogramma piatto, tutto in uno. Qui noi vi passiamo Eptadone, un pezzo su cui gente come Elio e Le Storie Tese costruirà mezze carriere: due-minuti-due di puro nonsense’n’roll.
Fausto | Massimo Volume
Non poteva rimanere fuori da questa selezione uno dei grandi gruppi bolognesi dei Novanta, l’età dell’oro dell’alternative rock italiano. I Massimo Volume sono Emidio Clementi (basso e parole, Carver ed ego), Egle Sommacal e Stefano Pilia (intrecci d’elettriche aeree), Vittoria Burattini (una che la batteria la fa letteralmente parlare); Fausto è il primo singolo del loro grande ritorno del 2010, Cattive Abitudini: post-hardcore di gran classe, che ha fatto la gioia dei vecchi fan e ne ha portati di nuovi. E per un Clementi che azzecca una frase memorabile via l’altra, ci sarà sempre un SALT pronto a gridare a pugno chiuso con lui:
scuoti i tuoi angeli drogati, Fausto
questa sera ce ne andremo in giro per le vie del centro
allegri come vecchi bonzi ubriachi
consapevoli che il peso del mondo
è un peso d’amore troppo puro da sopportare
Gaetano | Calcutta
Per l’ultimo brano eravamo in dubbio: il terribile tormentone 50 Special dei Lunapop, rovina di una generazione, o i Nabat? Cremonini l’abbiamo lasciato volentieri da parte, e purtroppo di Laida Bologna su Spotify non c’era traccia. Alla fine abbiamo optato per una cosa pescata da Mainstream, disco chiave per il pop di questi anni, che ha trasformato Calcutta in un’improbabile superstar: praticamente un Luca Carboni per gli anni Dieci, senza la canottiera e con i risvoltini, senza sensibilità sociale ma con un gusto identico per la melodia immediata (e pure gli stessi suoni, diremmo). Romano, lui, ma il tono da fuoricorso sbronzo che urla al pianforte è pura Bologna.