American History X
Se si pensa al termine “rivoluzione” si immagina un risveglio collettivo, centinaia di coscienze che emergono dal torpore per esigere qualcosa, un salario migliore, più diritti, più libertà, più giustizia. Eppure per arrivare a questo, deve prima accadere una piccola rivoluzione nella mente del singolo, ed essa può essere centinaia di volte più dolorosa, profonda e illuminante di una caotica e violenta rivoluzione di piazza; prendere atto di un’ingiustizia, rendersi conto di essere manipolati e ciechi, per esempio, suscita sdegno e rabbia, una rabbia feroce che non vuole altro che urlare al mondo che deve cambiare. Invece, scoprire di sostenere un’idea sbagliata, quindi di essere dalla parte del torto, ed accettarlo per cambiare, è disarmante e difficilissimo. Tutte le convinzioni crollano, lasciandoci nudi, inermi e confusi.
Ed è esattamente quello che accade al protagonista di American History X, film potente e brillante, dominato dall’imponente e superba figura di Edward Norton, nei panni di Derek Vinyard, neo-nazistello di Venice Beach. Nel clima multiculturale di Los Angeles, dove gang di ragazzi neri e nerboruti la fanno da padrone, i ragazzi bianchi si sentono frustrati, si riuniscono per essere più forti; dal fare branco ovviamente si passa a ringhiare insulti all’altro branco, l’antipatia cresce mischiandosi al razzismo che è insito nella natura umana, e se arriva un uomo carismatico che riesce a convogliare gli spiriti e a trasformare l’antipatia in odio, ecco che nasce una perfetta organizzazione neo nazista.
“Non ci mise molto Derek a farsi un nome, e Cameron (l’anziano capo dell’organizzazione, ndr) sapeva esattamente come farlo. Lo mandò dai ragazzi, da quei poveri frustrati, da tutti quelli che erano stanchi di prendere calci nel culo da bande di neri e messicani. Non essere un teppista qualunque, diventa parte di qualcosa!”
La storia di Derek ci è raccontata attraverso gli splendidi e intelligenti occhi di suo fratello, Danny, che cerca di seguire le orme del fratello, con poca convinzione ma inebriato dall’adorazione. Per essere spiritoso e “degno di lui” scrive un saggio per la scuola sul Mein Kampf, e come punizione il preside -uomo intelligente, colto, buono e nero- gli assegna un altro testo, chiedendogli di parlare di Derek. Ed è così che, attraverso flash back in bianco e nero, facciamo la conoscenza con questo personaggio, che ammalia e affascina nonostante le sue orrende idee malsane; incontriamo la sua famiglia, con una mamma giovanissima e sveglia, ma debole, un padre razzista piuttosto limitato, la sorella studiosa intellettualmente vivace e democratica, e appunto Derek, il quale dopo la morte del padre diventa il protettore della famiglia, e, seppur non volendo, colui che la distruggerà. Con il suo crimine, Derek uccide la sua famiglia.
Ma attraverso gli anni in prigione, egli rinasce. In un ambiente in cui i i tre quarti dei detenuti sono neri, e il rimanente quarto prevalentemente ispanici, un bianco muscoloso e rasato, con un’enorme svastica nera tatuata sul petto non poteva avere vita facile. Ma l’esperienza invece di fomentare ancora il suo odio, lo cambierà per sempre.
Ovviamente è un film che merita di essere visto, per la regia agile e mai pesante, per la splendida interpretazione di Edward Norton e del giovane co-protagonista Edward Furlong, per il profondo messaggio sociale, per la sua durezza ma anche per la sua dolcezza.
E’ un film sulla crescita (in Danny) e sul cambiamento (in Derek), sull’importanza di avere persone che abbiano a cuore la nostra intelligenza, senza abbandonare mai la speranza di rimetterci in carreggiata. Il cammino di Derek, che coinvolge e risucchia irresistibilmente tutto ciò che incontra, trascinandolo con sé, sembra essere tracciato e senza speranza; eppure proprio il punto estremo, apparentemente senza ritorno, segna l’inizio della sua rivoluzione esistenziale. Non è mai troppo tardi per rendersi conto di sbagliare e anche se ammetterlo può essere devastante -rendersi conto che le persone che stimavamo e di cui ci circondavamo, sono stupide, cieche, ignoranti; rendersi conto che abbiamo fatto del male a coloro che invece cercavano di proteggerci da noi stessi- bisogna trovare la forza per andare avanti; cancellare il passato è impossibile (come Derek ben sa vedendone ogni giorno le indelebili tracce tatuate sul suo corpo) ma non espiare le nostre colpe.
American History X ci insegna ad accantonare l’orgoglio, quando necessario, a guardare la vita con amore anche se è dura, a parlare, a confrontarsi, ad essere felici. Per quanto possa sembrare inutile, per quanto rendersi conto che, nonostante il nostro cambiamento niente è mutato, non possiamo arrenderci. E’ dalle singole teste, dalle nostre piccole e personali rivoluzioni, che forse riusciremo a costruire un mondo migliore, almeno un po’.
Come scrive Danny alla fine del suo saggio: “Suppongo che a questo punto dovrò dirle cos’ho imparato. La conclusione, giusto? Be’, la mia conclusione è che l’odio è una palla al piede: la vita è troppo breve per passarla sempre arrabbiati.”
Titolo: American History X
Regia: Tony Kaye
Anno: 1998
Interpreti: Edward Norton, Edward Furlong, Avery Brooks, Beverly D’Angelo
mamma mia che film !!! crudo ma bellissimo…