Maledetto Primavera. Una lineup, un’infinità di musica, qualche sogno infranto

Maledetto Primavera. Una lineup, un’infinità di musica, qualche sogno infranto

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La lineup del Primavera Sound 2018

Lo dico ogni anno, quando il Primavera Sound finisce: il problema, poi, è tornare alla vita quotidiana, ripensarsi nel mondo reale dopo giorni passati a discutere sull’incastro perfetto dei concerti in programma. Lo dico ogni anno, da otto anni: tante sono le edizioni di uno dei più importanti festival al mondo cui ho avuto la fortuna di assistere. Un’esperienza unica di musica da ascoltare, persone da incontrare, mare da respirare; pomeriggi, sere e notti a vibrare per ogni scarica di elettricità, per ogni beat basso e profondo. Contavo che sarebbe stato così anche per quest’anno, e invece pare che stavolta il giugno catalano porterà con sé pure qualche punto interrogativo.

A questo giro c’era un po’ d’ansia per l’annuncio della lineup. Perché negli ultimi anni ogni edizione ha cercato di sovrastare la precedente; perché il cartellone – tradizionalmente – era sempre stato comunicato prima della fine di dicembre; perché proprio a dicembre l’organizzazione ha gettato benzina sul fuoco diffondendo un teaser che ha messo in moto una strepitosa macchina dell’hype. Pubblicitari, prendete nota: 10 fan estratti a sorte sono stati invitati a Barcellona, messi davanti a un computer e ripresi mentre reagivano ai nomi degli artisti in programma. Incredulità, stupore, eccitazione, pianti.

È per questo motivo che, così fomentato, la pubblicazione del cartellone del festival indie più amato d’Europa – 200.000 presenze, l’ultima volta – mi ha un po’ spiazzato. Posto che il video con cui è stata presentata la lineup si conclude con un sibillino “the end?” che lascerebbe la porta aperta a ulteriori annunci, la reazione mia e di molti altri aficionados sparsi per tutta l’Internet è stata la stessa: ma per chi avrebbero pianto, di grazia, gli invitati? Spero non per i Migos, e comunque nel cartellone non compare nessuno degli artisti che mi sarei aspettato contendersi l’headlining nel 2018LCD Soundsystem (che saranno al Sonar, però), St. Vincent (a Londra negli stessi giorni), King Krule o Kendrick Lamar (per lui Sziget, ovviamente). Nemmeno chicche come David Byrne, che io avrei date per scontate.

Lineup del Primavera Sound 2018

Il Primavera 2018 è indubitabilmente un festival un po’ diverso da quello che avremmo sognato. Sicuramente meno indie-rock (ma il MadCool si è portato via dei bei nomi storici di fascia media, come Eels, At The Drive-In o Yo La Tengo), con più pop/rap/trap, ma per certi versi meno rappresentativo del proprio tempo; in ultima analisi, con picchi meno elevati rispetto a edizioni pazzesche come quelle del 2014 o del 2016. Ma non si può crescere per sempre, credo, e arriva un momento in cui tiri la coperta, ti accorgi che è corta e ci metti una pezza. E adesso ci arrivo, alla “pezza”.

Mercoledì

Se il pop dei Belle and Sebastian è l’ideale per il primo aperitivo di Primavera, la carica distorta dei giovanissimi Starcrawler (tanti seventies, in senso hard e pure un po’ garage punk) sembra il modo perfetto per introdurci alla portata principale di questa giornata. E già la sola dicitura Spiritualized with Orchestra and Choir fa tremare i polsi, nell’attesa dolce del tornado di chitarre spaziali e purissime melodie pop di Jason Pierce che ci stringerà la gola, ogni volta come la prima.

Giovedì

Il giorno di Nick Cave e Bjork, certo: entrambi reduci da opere – Skeleton Tree e Utopia – centrali e personalissime all’interno dei rispettivi percorsi artistici. Ma è anche il giorno di veri classici contemporanei come i War On Drugs o Vince Staples. Ci sono poi tanti solo: il genietto folk rumorista Alex G, Fever Ray (metà dei The Knife, se vi aiuta), il coloratissimo Ezra Furman, l’indie-rocker Vagabon. E senza contare Warpaint o Mount Kimbie, gli eventi da non perdere di questo giovedì potrebbero essere il ritorno degli eroi free-jazz Art Ensemble Of Chicago e di quei matti glam degli Sparks.

Venerdì

C’è sempre una giornata più folle di altre, al Primavera. Di quelle in cui cominci a correre da un palco all’altro alle quattro del pomeriggio e alle cinque del mattino dopo ti ritrovi appeso a una transenna a cantare a squarciagola. Di quelle al termine delle quali di solito i miei amici mi odiano.
Quest’anno è il venerdì, ed è un venerdì con parecchie chitarre variamente declinate: Waxahatchee, Breeders, Shellac, Idles (che mazzata, questi ragazzini), Mogwai e Ty Segall (una delle esperienze live da fare almeno una volta nella vita).
Non manca la melodia, ovviamente: Father John Misty, Arca e Charlotte Gainsbourg, Cigarette After Sex (come rendere pop il sadcore) e le gemelli francesi Ibeyi. E tra il ping-pong del basso di Thundercat, un dj set di Mike D dei Beastie Boys (sigh) e la soundtrack di Stranger Things risuonata live (!!!), tutta l’attesa sarà per i National, capaci come forse nessun altro di afferrare lo zeitgeist americano del nuovo millennio. E dio solo sa quanto sarà meraviglioso veder correre come un pazzo Matt Berninger ancora una volta, intento a stringere mani a chiunque nelle prime file in una comunione di vino, canzoni e sentimenti che da concerto sa farsi rito.

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Sabato

E il sabato, alla fine, sarà forse per rilassarsi? Ma sì, certo: con la dolcezza dei Beach House, la classe infinita di Jane Birkin e l’orchestra Gainsbourg, le chitarre enormi degli Slowdive. Poi, magari, si ricomincerà a ballare con Public Service Broadcasting, Oblivians, Deerhunter e Ariel Pink; ci si strozzerà cantando a pugno chiuso gli inni storti di Car Seat Headrest o letteralmente menando le mani sui Dead Cross (presente Mike Patton e Dave Lombardo? Ecco ora stanno qui e fanno hardcore). Aspettando naturalmente il fascino magnetico e giovane di Lorde e la reunion che nessuno si aspettava (anzi, che proprio nessuno aveva chiesto): i Lift To Experience di Josh T. Pearson, pronti a riportare sul palco dopo quasi vent’anni i brani del loro unico album, un disco doppio in cui si parlava in modo serissimo di un Secondo Avvento in Texas. E questo già dovrebbe farvi riflettere sull’unicità di un festival simile, capace di trasformare oggetti alieni in veri e propri eventi di culto.

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Ecco: solo dopo aver compilato una playlist con 50 brani ed essermela riascoltata per intero, sentendomi in fondo ancora un po’ tradito, mi sono reso conto che in realtà qui dentro ci sono nomi straordinari, anche se non proprio quelli che mi sarei aspettato – e ci sarebbe poi da fare una gran riflessione, su questa cosa delle aspettative: hai tutto a portata di mano, oggi, e poi ti scontri con la dura realtà che in un festival pure enorme/meraviglioso non potrai comunque avere tutti i tuoi preferiti insieme. E allora ho capito che nonostante tutto anche quest’anno dalla quattro giorni del Primavera si tornerà elettrici, con qualche pezzetto in meno di cuore.

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