Chiamami col tuo nome | Guadagnino goes to Hollywood
Mi guardi, mi guardi da vicino, ogni volta più da vicino e allora giochiamo al ciclope, ci guardiamo ogni volta più da vicino e gli occhi ingrandiscono, si avvicinano fra loro, si sovrappongono e i ciclopi si guardano, respirando confusi, le bocche si incontrano e lottano tepidamente, mordendosi con le labbra, appoggiando appena la lingua sui denti, giocando nei loro recinti dove un’aria pesante va e viene con un profumo vecchio e un silenzio. Allora le mie mani cercano di affondare nei tuoi capelli, carezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli mentre ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranza oscura. E se ci mordiamo il dolore è dolce, se soffochiamo in un breve e terribile assorbire simultaneo del respiro, questa istantanea morte è bella. E c’è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura, e io ti sento tremare stretta a me come una luna nell’acqua.
Julio Cortazar – Rayuela
Ammetto di essere andata a vedere Chiamami col tuo nome più per curiosità che per convinzione di trovarmi davanti un bel film. La polemica sul regista italiano andato a cercar fortuna a Hollywood sa di storia vecchia, e un film su una storia d’amore tra uomini candidato all’Oscar puzza di cliché. Mettiamoci poi che è ambientato in Italia: un paio di scene girate con la giusta luce in qualche bella piazza, uno o due affreschi, arte e decadentismo, magari una canzone malinconica in sottofondo, et voilà, il prodotto che piace al pubblico americano è servito.
Tuttavia, durante le oltre due ore di proiezione, seduta in terza fila in uno dei pochi cinema della città che proiettano il film, accanto a una signora che non smetteva di rivolgersi sottovoce agli attori sullo schermo, mi sono dovuta ricredere. C’è qualcosa di più nel film di Guadagnino.
È come un torpore che avvolge lo spettatore e lo trascina dentro il film, dentro la storia. Il modo in cui il regista riesce a raccontare il desiderio, la passione, l’amore, va oltre le differenze di genere, è universale. Come le parole di Cortazar nel bellissimo Rayuela, il film riesce a tradurre in immagini sentimenti e sensazioni che sono universali e allo stesso tempo totalizzanti. “Call me by your name and I’ll call you by mine” è il dissolversi dei confini dell’io nell’altro. Fusione di corpo e spirito.
L’amore raccontato da Guadagnino è un amore fortemente estetico ed estetizzante, che si nutre di bellezza, di cultura, di passione. Il film punta molto sull’estetica. Si apre infatti sui dettagli di alcune statue antiche, sculture di corpi muscolosi, in tensione, corpi che “ti sfidano a desiderarli”.
E quest’attenzione estetica si ripercuote anche sulla scelta musicale della bellissima colonna sonora, da Bach alle canzoni originali scritte da Surfjian Stevens appositamente per il film, passando per Battiato, Psychedelic Furs, e canzoni che in attimo ci riportano agli anni ’80 (questa primavera tutti in converse e lacoste). L’estate italiana in pianura padana è resa benissimo, tra strade assolate e deserte, bagni nel lago e pranzi in giardino, sembra quasi di sentire le cicale.
La trama è di per sé banale: 1983, Italia settentrionale. Elio (Timothèe Chalamet) è un diciasettenne che sta passando l’estate nella villa di famiglia con i genitori. Legge, ascolta e trascrive musica, esce con gli amici del posto. Il padre di Elio è un professore universitario e un archeologo, e, come ogni anno, ha invitato uno studente americano a passare l’estate con la famiglia. Lo studente è Oliver (un americanissimo Armie Hammer, capello biodo e mascella squadrata), bello e disinvolto, che piace subito a tutti. Da un’iniziale, interessata diffidenza, nasce tra i due ragazzi il desiderio. Tutta la prima metà del film si sviluppa attorno alla tensione erotica di questo incontro, tensione che è resa più acuta dall’incertezza e dal non detto: Elio sta evidentemente scoprendo se stesso e l’amore, ma non è sicuro che Oliver possa ricambiarlo, e si arrabbia quando lo vede flirtare con una ragazza sulla pista da ballo.
La tematica LGBT però si ferma qui. Sta tutta nella difficoltà di comunicare i propri sentimenti per paura della reazione dell’altro (e, considerando che stiamo parlando di un protagonista diciasettenne, anche questo non è un tema esclusivo dell’amore omo). Dal momento in cui Elio ed Oliver ammettono i propri sentimenti reciproci la storia diventa universale. Perché è universale il desiderio, la passione, e l’amore che dimostrano.
Guadagnino ha scelto di non fare un film di formazione sugli ostacoli che un giovane ragazzo gay avrebbe molto probabilmente dovuto affrontare durante il suo coming out. Lo ha scelto consapevolmente, perché è evidente che i personaggi di contorno della storia di Elio e Oliver sono poco realistici, a partire dai genitori di Elio. Colti, coltissimi, discreti, rispettosi, appoggiano il figlio in tutto e per tutto e gli concedono la massima fiducia. La madre che va alla stazione a prendere il figlio in lacrime, senza fare una domanda di troppo. Il padre che spontaneamente gli dice di avere non solo capito, ma anche invidiato, il rapporto tra lui e Oliver, in un dialogo/ monologo finale per alcuni versi molto toccante, sì, ma quanto realistico? Nell’Italia degli anni ’80, come in quella moderna, esistono davvero dei genitori così?
Anche Marzia, l’amica di Elio con cui il ragazzo ha una breve storia prima di gettarsi nel rapporto con Oliver, non lo rimprovera e non si arrabbia per essere stata trattata come un diversivo. Anzi, sembra capire perfettamente come stanno realmente le cose, lo perdona senza che lui nemmeno le abbia mai chiesto di farlo. Esistono personaggi onestamente egoisti in questo film?
No, a parte Oliver ed Elio. Perché sono loro gli unici veri personaggi, punto. Il resto è contorno, ed è un contorno idealizzato per dare più rilevanza al rapporto tra i protagonisti. È questa la scelta di Chiamami col tuo nome, e forse è quello che ci voleva per vedere la storia tra Oliver ed Elio per quello che è: una storia d’amore.
Solo il finale riporta la realtà in gioco, anche se rimane fuori-campo. La telecamera invece rimane fissa sul viso di Elio, per un lunghissimo primo piano.
Titolo Originale: Call me by your name
Anno: 2017
Regia: Luca Guadagnino
Cast: Armie Hammer, Timothèe Chalamet, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel