Morto Stalin se ne fa un altro, di Armando Iannucci – l’assurdo...

Morto Stalin se ne fa un altro, di Armando Iannucci – l’assurdo al potere

Stalin è morto! Ed il Partito è in subbuglio!

Raccontare i giorni intorno alla morte di Stalin non è un compito facile, anche perché nessuno sa realmente dove stia la verità (e forse a nessuno davvero importa). Armando Iannucci (nome italiano, ma matricola inglese) decide di dedicarsi alla farsa, più ancora che alla commedia, con Morto Stalin se ne fa un altro. E forse trova l’unico maniera per raccontare vicende tragiche, quanto grottesche.

Lo fa affidandosi ad un cast quasi completamente anglofono di caratteristi puri, e con la chiara ispirazione di una certa commedia satirica dal sapore inglese, come quella che facevano i Monty Phyton: non è un caso che Molotov sia affidato all’ex Monty Phyton Micheal Palin. Su tutti svettano senza dubbio Simon Russell Beale, che interpreta il cattivissimo Berija, e il sempre bravissimo Steve Buscemi, nei panni di un nevrotico e calcolatore Nikita Kruščëv. Tutti gli attori sembrano a loro agio nella gigioneggiante farsa di Mosca, come sul palcoscenico di un teatro. E anche i dialoghi sembrano tratti da un’opera teatrale, sempre affilati e precisi. Il rischio di abbassare il ritmo in un opera che di questo vive, viene scongiurato da una sceneggiatura di altissimo livello.

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Si ride, e tanto. Ma poi si pensa anche. Perché Iannucci ci fa ridere di vicende tragiche, che giocano con la vita degli altri. Proprio un gioco sembra la gestione del potere, che tutti temono e che tutti bramano, ma che porta migliaia di fanatici di Stalin ad essere uccisi da altri fanatici di Stalin, al suo funerale. Si ride, ma si ride di cose vere. Forse. O forse no. Non ci è dato sapere dove risieda la verità, eppure alcune vicende sono così assurde da non poter essere che vere, come quando si cercano medici per Stalin moribondo, ma i medici migliori sono tutti stati deportati e bisogna ripiegare su anziani medici in pensione e giovani alle prime armi.

Emerge anche la paura folle che il regime instillava in tutti, compreso nei suoi vertici, dal momento che le purghe erano arbitrarie, spesso immotivate e potevano colpire chiunque. Non ci sono eroi, solo una gerarchia nevrotica, violenta, dannata. Tutti ugualmente cattivi, tutti ugualmente sporchi di sangue innocente. Un gruppo di oligarchi devoti a una causa in cui nessuno credeva, spinti solo dalla paranoia e dallo spirito di sopravvivenza. Iannucci mette tutti sullo stesso palco, nudi, alla berlina. E l’assurdo diventa padrone della scena, la caricatura supera la figura storica, e il realismo cede il passo al dileggio. Forse questo è l’unico espediente per raccontare l’irraccontabile zona grigia di un periodo storico che ha segnato, nel bene e nel male, i futuri decenni del mondo intero.

 

Voto: 8

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