Give Me 5 (New New York Edition) | vol. 101
Un bel ginepraio, questa playlist. Il tema – New York, nientemeno – era chiaro fin dall’inizio, certo, ma limitare il raggio d’azione per raccontare una città come questa è stato quasi uno psicodramma. Ero partito da una cosa alla Alta Fedeltà – cinque canzoni, una per decennio – ma a New York c’è stato troppo di tutto negli ultimi 50 anni: quante storie alternative si possono scrivere, per la musica di questa città? Alla fine ho fatto la cosa più comoda e pescato cinque pezzi strepitosi dalla New York post-undicinove e post-Strokes. Bassi imponenti, ritornelli pop, atmosfere notturne: cronache scintillanti di un nuovo millennio musicale da un impero in rovina.
Say Hello To The Angels – Interpol (2002)
L’esordio degli Interpol è un miracolo irripetibile, quasi eguagliato solo nel seguito Antics e in qualche brano del terzo Our Love To Admire. Ma in effetti in Turn On The Bright Lights la visione di Paul Banks e soci era già così compiuta che poi sarebbe stato ben complicato dire altro e dirlo meglio. Una miscela di Chameleons, Joy Division, Smiths e spleen newyorkese d’inizio millennio: bastino il basso mixato altissimo, la voce baritonale e la programmatica NYC (New York Cares) per dare un’idea del contenuto a quei pochi che non avessero mai ascoltato l’album. Perla fra le perle, Say Hello To The Angels è una cavalcata trascinante ma in pieno controllo, con la locomotiva della sezione ritmica e chitarre alla Johnny Marr che squillano nel buio.
Daft Punk Is Playing At My House – LCD Soundsystem (2005)
Il 2017 sarà ricordato anche per il grande ritorno di James Murphy e dei suoi LCD Soundsystem (di American Dream abbiamo parlato diffusamente qui). Oggi torniamo indietro di una dozzina d’anni, alla traccia d’apertura del seminale LCD Soundsystem, il disco che con Sound Of Silver ha portato i fighetti indie sul dancefloor. Cosa c’è di più quintessenzialmente newyorkese di un dj già ultra-trentenne indeciso tra cinismo e ottimismo, snobismo e populismo, che ama il name-dropping e butta fuori un dance-punk esistenziale pieno di suoni pescati dai tre decenni precedenti? Niente. E infatti per non sbagliare abbiamo scelto la prima canzone del primo disco, Daft Punk Is Playing At My House.
Wolf Like Me – TV On The Radio (2006)
Nel decennio in cui si è perso il concetto di “centralità” – perché tutto è diventato improvvisamente subito disponibile per tutti – i TV On The Radio saranno comunque ricordati come una delle band-chiave. Tunde Adebimpe, Kyp Malone e Andrew Sitek in cinque anni hanno azzeccato tutto: EP d’esordio, tre album, immagine, suono tra indie-rock, new wave, elettronica e shoegaze; perfino i film giusti, visto che Adebimpe è finito in quella meraviglia di Rachel Getting Married di Jonathan Demme. Avevamo un sacco di canzoni papabili: DLZ, che ricorderemo nei secoli come accompagnamento dello “stay out of my territory” di Walter White; Province, per il feat. di David Bowie. Alla fine abbiamo optato per la tirata Wolf Like Me, singolone indimenticabile.
Bloodbuzz Ohio – The National (2010)
High Violet per me non è proprio un disco impeccabile come Boxer o Alligator, e ha pure i suoni mezzi sbagliati, ma i suoi picchi sono altissimi. Bloodbuzz Ohio è una delle canzoni più belle dei National e ha tutto quello che ha reso famoso il quintetto di Brooklyn: la voce caldissima di Matt Berninger, i fumi dell’alcool, lo struggimento e la nostalgia, i suoni corposi delle due coppie di fratelli della band (Dessner alla chitarre e Devendorf alla ritmica). Soprattutto, ce la ricorderemo per quel ritornello memorabile: “I still owe money to the money to the money I owe / I never thought about love when I thought about home”. Momenti in cui la coolness di Brooklyn te la senti piovere addosso dalle casse, anche se magari la frase poi non sai bene cosa voglia dire.
Los Ageless – St. Vincent (2017)
Annie Clark si è costruita uno studio di registrazione a Los Angeles, dice, perché la maggior parte degli artisti più interessanti, oggi, viene da lì (Kamasi Washington, Terrence Martin, Soundwave, Kendrick Lamar). Però, anche se il lavoro è lì e il cuore in Texas, la testa e lo stile sono sempre a New York: nell’ultimo, strepitoso MASSEDUCTION ci sono almeno un paio di pezzi esplicitamente dedicati a quel posto – la canzone omonima e la commovente ballad Happy Birthday Johnny, con tanto di citazione di Jim Carroll (prego recuperarsi il libro The Basketball Diaries e l’album Catholic Boy). Qui comunque ci siamo presi la libertà di inserire Los Ageless, un giocattolone pop degno di Prince che gioca col nome e la plastica di facciata di Los Angeles per regalare uno dei grandi singoli di questo 2017.