The Rust Kingdom, l’ultimo figlio della terra desolata
In mezzo a tutte le code infinite e alla ressa del Lucca Comics and Games 2017 c’era un “must have” preannunciato e di cui tutti hanno parlato. Nonostante di fatto sia un titolo esordito al Treviso Comic Book Festival 2017, questa Lucca è stata la prima occasione per molti per ottenerne una copia firmata e disegnata dall’autore stesso, quasi onnipresente allo stand della casa editrice; una promozione, e una qualità aggiungerei, che gli è valsa il sold out a questa edizione della fiera. Sto parlando di The Rust Kingdom (Hollow Press), seconda fatica di Spugna, alias Tommaso Di Spigna, che ormai si è guadagnato la promozione da giovane promessa ad autore affermato nel panorama del fumetto italiano.
Avevamo incontrato Spugna in uno dei miei primi articoli che potete leggere qui. Ricordo ancora il divertimento nel leggere l’avventura di quella dentatissima ciurma di pirati sempre pronti a menare le mani. Anche con questa nuova avventura Spugna non tradisce le proprie radici e ci propone la storia (SPOILER ALERT) della resurrezione di uno spadaccino rinnegato e della sua epopea nel conseguire il suo scopo, ovvero uccidere il proprio stesso figlio, il tutto ovviamente scandito e condito da sanguinolenti combattimenti e creature spaventose, viscide e provviste di un numero non meglio definito di teste.
C’è tuttavia una sostanziale differenza tra le due opere. Se “Una Brutta Storia” simboleggiava sostanzialmente la pura avventura a mezzo fumetto, in “The Rust Kingdom” dietro alla spettacolare battaglia personale del re delle spade si nasconde, potrei dire, l’avventura di tutto il genere umano. Mi spiego: la narrazione compressa, l’assenza quasi completa del dialogo, dell’approfondimento psicologico o del background dei personaggi rende ogni dettaglio di questa storia sostanzialmente un simbolo, un’icona, che quindi assume un significato ulteriore a quello rappresentato nella sola avventura in questione. “The Rust Kingdom”, non so se consapevolmente o no, infatti pesca a piene mani da molti elementi del patrimonio culturale occidentale, primo tra tutti, secondo me, il mito medievale del “Re Pescatore”.
Avrete in mente sicuramente molti film, fumetti o cartoni animati ambientati in terre aride e sterili, in cui i personaggi devono lottare per trovare le risorse per sopravvivere in quell’ambiente ostile. Forse non lo sapete, ma è un tema molto caro alla tradizione letteraria, nato probabilmente da un mito celtico e ripreso direttamente dai primi “romanzieri” del medioevo con i cicli arturiani della ricerca del Graal. In sostanza, il Re Pescatore è un uomo reso sterile da una ferita o da una menomazione e, di conseguenza, anche la sua terra è sterile e arida e solo il ritrovamento del Sacro Graal (che inizialmente non ha una connotazione cristologica) può guarire lui e la sua terra. Ma perché un mito o una leggenda sono così importanti? Perché queste storie antichissime sono indissolubilmente legate alla nostra storia, alla nostra interpretazione del mondo e ne siamo influenzati molto profondamente e spesso inconsapevolmente. E se questa storia vi ricorda qualcosa è perché nel 2015 siamo tutti andati al cinema a vedere quel capolavoro di “Mad Max” in cui la ricerca della fertilità, dell’uomo inizialmente e della terra alla fine, è il punto attorno al quale ruotano le vicende di ogni singolo personaggio, risolvendosi solo quando le ragazze accettano il loro ruolo simbolico di “portatrici di vita” e decidono di riprendersi la terra per poterla coltivare (ma Ale Pig lo ha spiegato molto bene qui, bravo Ale Pig).
Spugna conosce molto bene Mad Max, qui di fianco le prove, e sono sicura che conosca molto bene anche Ken il Guerriero, altro figlio della terra desolata. Con il suo “The Rust Kingdom” però decide di sbarazzarsi, e dico letteralmente di far fuori, dell‘ultimo ventre dell’uomo e con questo gesto condanna ineluttabilmente il destino di tutti i figli di quella terra. Nel suo racconto non esiste una dimensione escatologica, un fine più grande, esiste solo la vendetta, o la punizione forse, del padre contro il proprio figlio. Ed non esiste qualcosa di più sconvolgente e innaturale di un padre che uccide il proprio figlio. Privando i personaggi principali di un qualsiasi approfondimento, questi assumono l’identità stessa del simbolo che rappresentano, per cui il re delle dieci spade diventa “Il Padre”, colui che ha il potere, mentre “Il Figlio” è colui che toglierà al padre il suo potere, il devirilizzatore, e, infine, il necromante è “Il Fratello”, ambivalente figura di compagno e insieme di rivale. Questi simboli sono potenti perché rivivono in tutti noi e un racconto che viene portato avanti da personaggi simbolici assume contorni molto più assoluti di uno in cui i personaggi sono dettagliatissimi. Il risultato è una storia che ha tutta la potenza di una tragedia Shakespeariana e va ben oltre al semplice racconto avventuroso.
Quando si parla di simboli non si possono dimenticare i tarocchi. Sarà forse una coincidenza, ma nel suo poemetto “La Terra Desolata” T.S. Eliot affida anche lui ai miti della tradizione e ai simboli dei tarocchi il racconto dell’ineluttabile decadenza della società e dell’uomo moderno. In “The Rust Kingdom” nei personaggi principali rivedo “L’imperatore”, il padre dominatore, in lotta con “Il Diavolo”, colui che brama il potere (interessante la valenza sia maschile che femminile della carta), e mi piace pensare che il necromante rappresenti “Il Matto”, ovvero l’energia cosmica, e con l’uccisione del necromante i personaggi vengono definitivamente condannati a morte. Non per niente, infine, il protagonista è il re delle dieci spade e il re di spade è a tutti gli effetti una carta dei tarocchi.
Un contenuto simile, però, ha bisogno anche di una buona struttura per essere efficace. Spugna porta avanti la trama combattimento dopo combattimento con un ritmo scandito letteralmente dal suono dei pugni e dei fendenti. I disegni sono essenziali, ma ricchi di dettagli splatter, e le onomatopee sono così efficaci che mi sembrava veramente di sentire i suoni della battaglia. Ho adorato le Splash Pages (o dovrei dire Spluorch pages..) che comparivano quando si raggiungeva l’apice del climax. Anche la carta opaca contribuisce a dare corpo ai colori acidissimi che riempiono le pagine con campiture spesso piatte che fanno ben risaltare i personaggi e le scene di azione.
Non so se si capisce ma apprezzo moltissimo il lavoro di Spugna. Forse con questa recensione sono uscita un tantino dal seminato, ma la potenza e la solennità di questa storia non possono lasciare indifferenti. Ultimamente è stata annunciata la nascita di “Progetto Stigma”, un nuovo marchio sotto il quale collaboreranno tantissimi autori molto interessanti, tra cui Spugna, Squaz, Cammello, Ponticelli, Angri, Officina Infernale ecc. sotto la guida di Akab. Il progetto si preannuncia davvero radicale e violento: non vedo l’ora di soddisfare la mia voglia di tizi che si tirano un sacco di pizze a fumetti.
Titolo: The Rust Kingdom
Autore: Spugna
Casa Editrice: Hollow Press
Anno di pubblicazione: 2017