Samsara: un film di bellezza e filosofia
Samsara è un film di una bellezza irrazionale.
Sono 102 minuti di pura immagine e musica. Niente dialoghi, niente attori, niente trama, ma tutto il mondo concentrato all’interno. È pura estetica, è cinema che si fa filosofia.
Vi è mai capitato di fermarvi di fronte a un’opera d’arte, o davanti alle rovine di un tempio, ed essere catturati dal fascino di qualcosa che va oltre la bellezza che siamo abituati a gestire? Qualcosa di irrazionale, potente, indefinibile e assurdamente bello?
Tu chiamale, se vuoi, emozioni. O chiamalo Sublime, termine che trascende il bello, e lo lega al terrore, all’ignoto, alla vertigine della libertà più assoluta.
Samsara è un po’ tutto questo: guardandolo ci si perde in un mondo che è il nostro mondo, ma tuttavia sembra diverso. Più maestoso, più bello, più terribile. Tanto bello da commuovere (e da fare venire l’irrefrenabile desiderio di preparare la valigia e partire per uno dei meravigliosi luoghi mostrati nel film).
Samasara è stato girato in 25 paesi e in più di 100 locations diverse, in circa un anno e mezzo di lavoro. Il regista, Ron Fricke, ha viaggiato per il mondo con una troupe ridotta all’osso, per facilitare gli spostamenti e le riprese, e ha girato il film interamente su pellicola da 70mm, utilizzando una speciale versione della telecamera Panavision 70, da lui stesso ideata per garantire la massima definizione e nitidezza delle immagini.
Il termine Samasara, in sanscrito, indica il ciclo della vita, la circolarità di morte e rinascita. Il film infatti si apre su una sequenza che dai templi di Bagan (Myanmar) ci porta in India, dove dei monaci sono chini sul pavimento, intenti a realizzare un grande Mandala, un disegno fatto interamente di sabbia e polveri colorate, che richiede ore di lavoro, una pazienza e una concentrazione infinite.
Questa immagine torna alla fine del film: il Mandala è terminato, ogni granello di sabbia compone il disegno, dettagliatissimo. I monaci lo osservano. E poi lo distruggono. Raccolgono la polvere colorata in alcune ciotole, senza una parola, senza un apparente scopo. Samsara: niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma.
Scienza e filosofia, religione e consumismo, sesso e sacralità, povertà e sfarzo, distruzione e rinascita, tutto è mescolato in Samsara, eppure tutto fa parte del Tutto. Il mondo è un unico luogo, composto da una moltitudine di luoghi, da miliardi di persone, alimentato dalla forza della natura così come dall’ingegno umano, nel bene e nel male. Tutto è vita, anche la morte.
Anche il macello degli animali che serve ad alimentare un’economia dell’eccesso è vita, anche le sex dolls prodotte in serie sono vita, i ladyboy di Bangcok, le geishe giapponesi, la lacrima sul viso di una geisha. I grattacieli, le piste sciistiche al coperto, le discariche, i villaggi, le armi e gli effetti devastanti delle armi, il deserto, le cascate, e le case distrutte dalla violenza della sabbia e dell’acqua. Tutto è Samsara, Samsara è tutto.
Fricke ci mostra il tutto di cui facciamo parte, e lo fa per immagini, per associazioni mentali, senza dare un giudizio esplicito ma spingendo lo spettatore a riflettere. Il montaggio è essenziale in questo film, il susseguirsi delle immagini non è casuale, ma segue un percorso che spazia dalla spiritualità al rapporto tra la natura e l’uomo, ai risultati del progresso tecnologico e scientifico. Spesso viene utilizzato il time-lapse, che ci regala immagini meravigliose di paesaggi, ma non solo (la folla di fedeli che si muove e prega attorno alla Ka’ba a La Mecca è una delle sequenze più impressionanti del film).
Oltre alle immagini, l’altro grande protagonista di Samsara è la musica. La colonna sonora è stata composta appositamente per il film da Michael Stearns e Lisa Gerrard, che avevano già collaborato con Fricke per Baraka e Chronos, (film precedenti realizzati con la stessa logica e filosofia di Samsara). In questo caso il film è stato montato inizialmente senza musica: i compositori hanno lavorato poi su singole sequenze, creando così una colonna sonora in grado di interpretare le immagini sullo schermo, quasi come se fosse una sostituzione dei dialoghi. Il risultato è un lavoro dove musica e immagini sono profondamente interconnessi.
Un capolavoro di estetica, davvero imperdibile.
Titolo Originale | Samsara
Regia | Ron Fricke
Anno | 2011