Christina’s World, by Andrew Wyeth

Christina’s World, by Andrew Wyeth

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TAR, cap. IV - Quando il realismo si tende fino a rompersi

Titolo: Christina’s World
Artista: Andrew Wyeth
TAR: Pittura a tempera, gesso
Anno: 1948
Collezione: MOMA, New York

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Esiste un momento in cui il realismo si tende così ferocemente da rompersi e lasciare intravedere quello che c’è sotto, nascosto. E questa magia è ancora più forte e violenta, quando nasce in seno ad un mondo che ha sempre fatto del realismo la propria bandiera, come la cultura americana. Ne è un esempio lampante nella narrativa del novecento Il vagabondo delle stelle, di Jack London, che parte da un setting iperrealista (le carceri) per addentrarsi in un misto di inconscio, viaggi astrali e vite passate.

Andrew Wyeth nel panorama pittorico d’oltreoceano incarna proprio questo istinto a trascendere il realismo e dunque la realtà. Di poco successivo ad Hopper, Wyeth ne condivide lo spirito realista dei suoi dipinti. Ma la sua poetica artistica non si conclude nella descrizione dell’America rurale, ma nel cercare una sorta di realismo magico in questa. Christina’s World è sicuramente fra i suoi dipinti il più famoso. Una semplice scena campestre, di campagna. Eppure appena lo si guarda qualcosa scricchiola dentro di noi. Ci sono dei particolari che non permettono un pensiero rasserenante sulla scena: la posizione della ragazza in primo piano, innanzitutto, del tutto innaturale; una distanza quasi abissale nei confronti delle case sullo sfondo; ed un certo sentimento inquieto di solitudine, forse trasmesso dai calori solo all’apparenza caldi.

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Non serve (e non è sufficiente) conoscere la storia per capire il racconto. Christina è una vicina di casa del pittore, affetta da una malattia neuromuscolare, che la costringe sulla sedia a rotella. Questo da solo non giustifica, però, ciò che vediamo. In cosa consiste il Mondo di Christina? Come mai è da sola così lontano da casa e perché si è voltata così di scatto? Forse è stata richiamata. Forse si è resa conto della distanza insormontabile. In questa distanza risiede tutto il suo mondo: uno spazio che è distacco dal reale, riempito dei sogni che spuntano fra i capello scompigliati dal vento, e dalle sofferenze quotidiane, come sottolineano i colori freddi dell’erba secca.

Terry Gilliam afferma che questo dipinto sia stata la base di partenza per creare uno dei suoi film più difficili: Tideland. Come il regista inglese indica, l’opera di Wyeth ci apre mondi che sono oltre lo sguardo. Al di fuori dell’istante di (parziale e soggettiva) realtà, il dipinto rimanda ad altri mondi possibili ed immaginati (o sognati, come forse fa la protagonista del quadro), che si aprono oltre le finestre e le porte spesso lasciate aperte da Wyeth ed oltre le quali i personaggi guardano; oppure oltre le colline che tagliano lo sguardo. Sicuramente al di fuori dei limiti imposti da una cornice. Lì, da qualche parte, Christina ha il suo mondo.

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