È solo la fine del mondo – Xavier Dolan
“Home is where it hurts” canta Camille nella colonna sonora di È solo la fine del mondo, ed è ormai chiaro a tutti come questo sia un concetto chiave nel cinema di Xavier Dolan, regista canadese classe 1989 (e 6 film all’attivo).
Anche questa volta infatti, pur rifacendosi ad una pièce teatrale di Jean-Luc Legarce, Dolan realizza un film intimista sui conflitti, gli affetti, le recriminazioni e i sensi di colpa che si annidano dentro un nucleo familiare. Una famiglia da cui Louis, il protagonista del film, è scappato 12 anni prima e non è mai più tornato, limitandosi a mandare qualche sporadica cartolina. Decide di tornare solo ora (dopo aver ignorato il matrimonio del fratello e la nascita di due nipoti), perché ha un annuncio da fare: sta morendo. Tranquilli, non è uno spoiler: Dolan è molto abile a far conoscere allo spettatore questa verità fin dalla primissima scena, creando così la suspense che alimenta tutto il resto del film.
Ancora una volta, dopo il successo di Mommy, Dolan riesce nella non facile impresa di realizzare un film (melo)drammatico, ma allo stesso tempo incalzante, in grado di mantenere lo spettatore incollato allo schermo, in un clima di ansia e tensione crescente, nell’attesa di uno scioglimento finale liberatorio, che arriva poi, catartico, sulle note di Moby.
Dramma, commozione, rabbia, dolore e rimpianto si mescolano senza sosta in questo straordinario film, dove lo spettatore è coinvolto quasi a forza nella storia, un po’ perché cerca di ricostruire il puzzle della vita di Louis e dei rapporti con la sua famiglia, un po’ perché Dolan riesce perfettamente a ricostruire dinamiche familiari e sentimenti in cui è facile trovare qualcosa che ci appartiene.
Possiamo capire, o almeno cercare di capire, gli altri, ma alla fine vediamo tutto attraverso i nostri occhi.Questo Dolan, da bravo narcisista, lo sa benissimo e anche in questo caso non se ne dimentica: i personaggi sono, chi più chi meno, guidati da un fondamentale individualismo, da un egoismo di fondo. Ognuno (a partire dal protagonista) insegue i propri bisogni e cerca di soddisfare le proprie necessità, spesso sentendosi incompreso. Questo scontro di individualismi porta a un vicolo cieco di non comprensione: il fratello maggiore urla addosso a Louis ma non lo ascolta, la sorella cerca la sua approvazione ma non cerca di conoscerlo, la madre lo ama ma non lo comprende.
È solo la fine del mondo, Juste la fin du monde. Dolan lo dichiara anche nel titolo: un concentrato di narcisismo, autocommiserazione, bisogno di essere compresi e amati che si scontra con quello stesso bisogno di un altro, perché dove finisce l’io comincia l’altro, e non ‘è spazio per tutti se non c’è limite all’ego. È così che un weekend in famiglia si trasforma nella fine del mondo. Non è quindi solo la fine annunciata nella prima scena, e causata da una malattia sconosciuta.
Lo stile di Dolan è come sempre a tratti esagerato, barocco, persino kitsch: flashback dal gusto agrodolce intinti nella luce calda del tramonto e colonna sonora insistente, quasi fastidiosamente pop, che tuttavia si adatta con presunzione alle immagini (chi altri userebbe Dragostea Din Tei in un film del genere?).
Le inquadrature insistono sui primi e primissimi piani, le reazioni dei personaggi sono sempre forti, drammatiche, spiazzanti. Il flusso di parole e silenzi è assordante, continuo, soffocante.
Questa è la forza dirompente di Xavier Dolan: il pubblico viene investito dal film, investito dalla musica, dalla rabbia di alcuni dialoghi, dal dolore, dagli occhi di Marion Cotillard e di Gaspard Ulliel, dalla bocca di Léa Seydoux, dai gesti di Vincent Cassel.
Attori tutti straordinariamente bravi, diretti in modo ammirevole in questo corpo a corpo di sguardi, silenzi e sentimenti urlati. Su tutti spicca Marion Cotillard, cognata di Louis e quindi non legata direttamente a lui da ricordi o rancori. Un personaggio defilato eppure centrale, che osserva e parla con gli occhi, e sembra capire molto più (e molto prima) di tutti gli altri.
Forse questo bombardamento di immagini, suoni e sentimenti può risultare indigesto, ma di certo suscita qualcosa, e, parlando di film, l’indifferenza del pubblico è il peggior giudizio.
E poi riesce a far commuovere con Dragostea Dintei. Chapeau.
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Titolo originale: Juste la fin du monde
Regia: Xavier Dolan
Anno: 2016
Cast: Gaspard Ulliel, Marion Cotillard, Vincent Cassel, Léa Seydoux, Nathalie Baye