The Love Witch: quando neanche la magia vince la paura
A prima vista si potrebbe essere tentatati di archiviare The Love Witch come un trip sotto acido finito male, ma in realtà io sono convinta che la regista Anna Biller sapeva benissimo quello che stava facendo quando ha deciso di ritornare sul grande schermo visto che lo ha fatto tutto da sola: ha scritto, diretto, prodotto, realizzato le scenografie, addirittura ha dipinto alcuni dei quadri esposti, e per farlo ci ha messo 9 anni: tanto infatti, è passato dal suo debutto nel 2007 con Viva.
Interamente girato con la mitica 35mm, i suoi colori appaiono vividi, saturi ed assolutamente sorprendenti, proprio come quelli di un sogno un po’ troppo felice per non trasformarsi in un incubo da un momento all’altro. Anche se in molti hanno avuto da ridire sul curioso mix tra l’atmosfera vintage e gli oggetti contemporanei come i cellulari, il look del film è assolutamente impeccabile e niente, da i costumi al trucco, è lasciato al caso: la scenografia unisce la contemporaneità odierna all’atmosfera della West Coast degli anni che furono, emblema della proiezione verso un futuro radioso che non si è mai davvero realizzato, riuscendo, così, a rendere nuovamente familiare una location bizzarra nella quale altrimenti solo Gerald Gardner si sarebbe sentito a casa.
Il film ci racconta di una ragazza, Elaine (interpretata dalla bellissima Samantha Robinson), la quale a seguito di un divorzio traumatico (ed alla “sospetta” dipartita dell’ex marito), sceglie di dedicarsi alla stregoneria e di trascorrere le sue giornate impegnata nella preparazione di fantasiosi incantesimi per fare in modo che gli uomini si innamorino perdutamente di lei.
Siamo sinceri: l’amore, forse oggi più che mai, rimane l’ultima reliquia, tanto odiata quanto bramata, di quel paradiso perduto che è l’esistenza magica alla quale noi tutti, in qualche misura, sogniamo di poter ritornare. The Love Witch, anche se potrebbe sembrare solo un semplice omaggio alla narrativa Pulp in Technicolor, è consapevole di ciò e sotto i suoi lustrini, nasconde una riflessione più che attuale e stimolante sul fallimento del tentativo di recuperare questa dimensione magica nella nostra vita.
Il film affronta un tema difficile provando a raccontare il lato oscuro dell’amore attraverso la rappresentazione simbolica dei desideri, delle paure, nevrosi e insicurezze che gli uomini e le donne si riversano l’uno sull’altra, trasformando così in incubo la magia dell’incontro amoroso, che alla fine per questo, invece di soddisfare puntualmente delude.
Gli uomini di The Love Witch, lamentano tutti di non riuscire a trovare una donna intellettualmente interessante in grado di attrarli anche sessualmente, ma quando sembrano averla trovata, questa li conduce puntualmente alla morte. La donna, rappresentata a volte strega a volte fata, del resto è da sempre stata considerata la custode dell’archetipo magico dell’esistenza umana e gli uomini, probabilmente per alleggerire i loro dubbi e le loro insicurezze al riguardo, si sono sempre limitati a definirla come una creatura incomprensibile: The Love Witch, nel suo susseguirsi di arcobaleni, strane pozioni contenenti sangue mestruale, musiche sospirate e ronzii che scorrono sotto la superficie della pellicola, ci rivela tutte le ansie che accompagnano questo pensiero nell’inconscio maschile.
Le donne, invece, come Elaine, nel tentativo di abbracciare la loro femminilità si trasformano in streghe, diventando allo stesso tempo vittime di loro stesse e carnefici degli altri. La protagonista stessa infatti, capace di infliggere enormi sofferenze alle sue vittime, si rivela essere nient’altro che un’insicura narcisista che nel tentativo di essere amata e meritare l’amore degli uomini incarnando il loro desiderio nega in continuazione se stessa, fino ad arrivare al punto di non ritorno, dove niente è mai abbastanza e il suo desiderio d’amore frustrato rimane eternamente insoddisfatto e per questo punisce i suoi amanti con la morte.
Non ci vuole molto per capire la gravità della psicosi, chiarendo così che non si tratta di un film esclusivamente femminista, ma universale: Elaine raccoglie in sé (e attorno a sé) ogni contraddizione e ogni paradosso sia maschile che femminile; infatti, anche chi, come Trish (Laura Waddell) è la perfetta rappresentazione della donna emancipata ed equilibrata che rifiuta di dare la priorità ai bisogni del suo uomo perché crede che lui la ami per ciò che è, finisce per restare fregata da questo meccanismo perverso dove il desiderio diventa vendetta, l’empatia inganno, la bellezza odio, l’amore frustrazione.
Il cinema ha spesso affrontato il tema delle relazioni conflittuali, ma era da tempo che nessuno lo faceva in modo così visivamente diretto, colorato, forte ed istintivo, la Biller, infatti ci invita alla riflessione senza giri di parole.
L’autrice predilige l’immagine alla trama e, per questo, ambienta la sua narrazione in una cornice posta tra un classico b-movie anni 60 e un decamerotico da i toni naïf e dall’estetica esuberante, a metà tra l’atmosfera sofisticata della nouvelle vague e l’espressività immediata alla Quentin Tarantino: insomma The Love Witch è il film che mai ci saremmo sognati di vedere nel 2016, e siamo contenti così, in fondo, la magia non ha bisogno di troppe parole e di certo non avvisa, colpisce e basta. E qui ha colpito… meravigliosamente!
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