L’anarchia è tutta una questione di modo

“Qualunque sistema che non sia il puro sistema anarchico, il quale si prefigge l’abolizione di tutte le finzioni e di ciascuna di esse totalmente, è anche esso una finzione.”

Il banchiere anarchico, gambe large sotto il tavolo, gomiti alti, racconta la sua storia all’amico, con raffinato ragionamento.

“Era necessario distruggere quelle finzioni sociali. Tuttavia, non mi sfuggì una cosa: era necessario distruggerle, ma vantaggio della libertà e avendo sempre in mente la creazione della società libera.”

Il banchiere anarchico si vede ha letto molti libri, e sa che obiettivo della rivoluzione anarchica è la società libera. Bravo, colto e arguto.

“Dunque una cosa è evidente… Nell’ attuale stato sociale non è possibile che un gruppo di uomini, per benintenzionati che siamo tutti, per preoccupati che siano solo a combattere le finzioni sociali, a lavorare per la libertà e a lavorare insieme, non creino spontaneamente tra loro tirannia.”

E’ chiaro, l’uomo è fatto così. Più è povero, più, se gli dai una mano, ti chiede il braccio. Ingenuo chi non lo sa.

“Non potevo pensare di distruggere le finzioni sociali nè completamente nè parzialmente. Dovevo soggiogarle vincerle soggiogandole, riducendole all’inattività.”

Il banchiere anarchico è un abile stratega, giustifica tutte le sue scelte, non lascia niente al caso.

“La più importante finzione sociale, della nostra epoca perlomeno, è il denaro. Come soggiogare il denaro o, per meglio dire, la forza o la tirannia del denaro? Liberandomi dalla sua influenza, dalla sua forza, Divenendo dunque superiore alla sua influenza. Come sfuggire la sua stessa influenza e tirannia, senza evitarlo? C’era un solo modo: averne.” 

Il banchiere anarchico è l’eroe dei nostri tempi. 

“Non ha scelto i modi – confesso, amico mio, che non ho fatto caso ai modi; ho usato tutti quelli a disposizione – l’accaparramento, il sofisma finanziario, la stessa concorrenza sleale. E cosa?! Combattevo le finzioni sociali, immorali e antinaturali per eccellenza e dovevo far caso al modo?!”

Ecco, in realtà l’anarchia è tutta una questione di modo.

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La musica che ascoltiamo tutti i giorni alla radio è per il 90% dei casi musica tonale. La musica tonale è ogni tipo di musica organizzata attorno a un suono centrale, o “tonica”. In senso più stretto, si chiama “tonale” la musica che stabilisce un rapporto di gerarchia tra la tonica e tutti gli altri suoni di una scala diatonica maggiore o minore.

Wikipedia dice che “la musica tonale è in grado di creare un campo temporale orientato in senso teleologico” (nota: la teleologia, dal greco τέλος , fine, scopo, è la dottrina filosofica del finalismo, che concepisce ogni attività volontaria dell’uomo razionale indirizzata alla realizzazione di uno scopo). Non a caso essa si sviluppa parallelamente al concetto moderno di storia e a quello di progresso.

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La musica modale, al contrario, mancando di uno sviluppo lineare basato su successioni di accordi associati ai gradi della scala, favorisce una sospensione del tempo. Contrariamente a quanto accade nella musica classica occidentale (ad esempio una sinfonia con un inizio, uno sviluppo lineare attraverso un certo numero di movimenti ed una conclusione), nella musica modale prevale il tempo inteso ciclicamente, cosa che permette esecuzioni basate su improvvisazioni di durata indeterminata.

 La musica popolare è praticamente sempre musica modale. Musiche con elementi modali sono il flamenco:

Le musiche dell’area greca e le musiche balcaniche ed est-europee:

Nella musica classica indiana l’esecuzione di un raga può durare da 15 minuti a tre ore:

Nella musica dei Jalolu Mande dell’Africa occidentale, “l’esecuzione di uno jali collegava il tempo e lo spazio, portando il passato storico e mitico nelle vite di quanti erano vivi, accompagnando il canto e la narrazione con frasi melodico-ritmiche ripetute e cicliche che sospendono lo scorrere lineare del tempo” (cit. sempre Wikipedia):

Di tradizione orale la musica araba fa parte della grande famiglia delle musiche “modali”. Si basa sul concetto di “Maqam”, “il luogo dove si sta”, cioè l’ambito entro il quale si muove la composizione, che indica sia la scala modale e le sue caratteristiche sia il carattere delle emozioni che esse possono suscitare nell’ascoltatore:

All’elenco aggiungo senza paura di essere smentito anche la maggior parte delle nostre musiche popolari, la somiglianza è troppo forte, sentite da voi:

Se a un bambino di un paesino italiano qualsiasi metti in mano una fisarmonica ti suona musica modale, che ha dentro fin dai tempi arcaici.

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La musica modale sfugge le scale tonali e gioca sulle scale modali. Non si dà un tono. Non richiede gerarchie. Non richiede scopi. Piuttosto, produce un modo. Non vuole essere ascoltata e cantata, vuole creare il tempo e lo spazio del vissuto. Trattandosi per la quasi totalità di tradizioni musicali a trasmissione orale, l’improvvisazione ha un ruolo fondamentale. Sottolinea l’importanza del Qui e Ora.

La musica modale ci insegna che il Qui e Ora è la vera anarchia, l’unico modo di vincere le finzioni. E’ la festa, è l’interruzione del tempo ordinario, contro l’ordine e le gerarchie. La comunità, il sentimento popolare, contro l’isolamento.

“Così la comunità si ricostituisce festeggiando. Supera l’isolamento, l’estraneità, le divisioni, i conflitti della quotidianità. […] Il tempo della Festa è un po’ come il tempo del mito… una crepa, una interruzione nel compatto tempo dell’Utile, dell’Accumulo. […] Si sciolgono vincoli e costrizione. Si annullano le disuguaglianze. Si toglie la schiavitù. La festa è tempo di riscatto. […] La Festa non è soltanto Euforia, è soprattutto poter re-immaginare il mondo, uscire dalla menzogna della realtà e avventurarsi nella Verità dell’immaginazione. […] La festa è l’interruzione del presente, che domina incontrastato le nostre vite. È tempo pieno, tempo celebrato nella inoperosità festiva che invita a trattenersi, a indugiare, a partecipare.” (Tratto da una meravigliosa conversazione tra Donatella di Cesare e Vinicio Capossela).

Il tempo tonale è insomma ingannatore. Ci costringe a pensare che sia necessario e giustificante avere obiettivi, scopi da raggiungere. Ma il senso della vita non sta nell’obiettivo; sta piuttosto nel Qui ed Ora. Avere un obiettivo è cosa certo nobile, ma non è più che un mezzo per raggiungere e apprezzare nuovi Qui e Ora. Anche le più grandi scelte di progettualità, il matrimonio, una casa insieme, un lavoro, e via, sono mezzi per creare nuovi preziosi Qui e Ora, pazzi di gioia.

Viva, e che ogni giorno sia festa.

 

Il Banchiere Anarchico

Fernando Pessoa, 1922

Prima Traduzione Italiana – Casa Editrice Guanda, 1986

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