Van Morrison | Moondance en plein air
I want to rock your gipsy soul into the mystic
Non è solo l’elegante assolo di sax a rendere Moondance (Moondance, 1970) un evergreen. Superati i quattordici anni abbiamo metabolizzato la fondamentalità e l’immanenza del situazionismo, strettamente necessario tanto a sveltine ed amorazzi quanto a storie di quelle che spettinano.
And every time I touch you, you just tremble inside
And I know how much you want me that you can’t hide
Van Morrison è per l’idillio en plein air. L’amore veloce fatto nell’erba fangosa dietro gli stadi come nei parcheggi, nel brivido di notti di ottobre contro cruscotti o trascinati alla deriva in gusci di noce.
Situazioni umide, scomode e pericolose, nobilitate dal chiarore swing di una luna piena, quando anche gli appetiti voraci hanno fame di romanticismo e le ballate folk volgono al blues.
I testi di Van Morrison che sono pieni della freschezza delle camporelle e della giovinezza, fanno pensare a dita sporche e a sentimenti puliti, affrontati con l’eleganza e la dolcezza proprie dal white soul del cantautore irlandese.
Moondance è un classico di eleganza e ricercatezza, le fusa sornione di un gatto in amore. Il flauto dolce (il flauto di Pan) che era la voce dell’irrisolutezza delle ballate di Astral Weeks diventa un satiresco e dondolante stuzzichio nell’atmosfera fatata e dondolante di Moondance, le frasche degli alberi scosse dal vento nel brivido invernale e quegli incontri un po’ proibiti, ai limiti delle carreggiate. L’atmosfera avvolgente è arricchita dai virtuosismi al piano che approfondiscono la spina dorsale della chitarra classica, unico collante con il primo grande successo di Astral Weeks.
Un’avventura matura e ricca di stile, goduta a pieno sotto la coperta di un cielo di ottobre, affogato di stelle.
I want to rock your gipsy soul
Mi piace la dolcezza di Van Morrison perché è elegante, sincera ed esposta, consapevole di ogni ombra che intacca e indurisce l’animo umano.
[…] argentino di martelli piccoli. Dell’essere una e tutt’una – e soprattutto, della giovinezza, l’esistere vibrante incline al mi sono dimenticata quello che ti volevo […]