Alla domanda “Che cos’è la poesia?” — che può nasconderne un’altra, legittima ma più insidiosa, “A che cosa serve la poesia?” — ogni poeta darà una risposta diversa e così ogni lettore di poesia.
A me piace molto, ad esempio, la tigre di Miłosz:
Nell’essenza stessa della poesia c’è qualcosa di indecente:
sorge da noi qualcosa che non sapevamo ci fosse,
sbattiamo quindi gli occhi come se fosse balzata fuori una tigre,
ferma nella luce, sferzando la coda sui fianchi.
(da Ars Poetica?, Poesie, Adelphi, 1983)
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La poesia può essere una canaglia e non è detto che debba piacervi per forza.
A volte potrà esservi apparsa come un commerciante disonesto, con un dente d’oro fra denti marci, che abbia cercato di vendervi un vecchio tappetto comune al prezzo di un artefatto raro.
A volte potrà avervi fatto perdere tempo come un imprevisto molesto mentre andavate di fretta a lavoro; o vi sarà apparsa incommestibile come del cavolfiore stracotto, o vanesia e narcisa, o troppo sgargiante, un paio di calzini con la faccia di una mucca.
A volte potrà esservi apparsa semplicemente inutile, autoreferenziale, tragica in un modo del tutto fuoriluogo.
A volte la poesia si comporta in questo modo. Ma questa è solo metà della storia.
Sono stata giovane qui. Prendevo
la metropolitana col mio libretto
per difendermi contro
questo stesso mondo:
non sei sola,
diceva la poesia,
nel buio del tunnel.
(Louise Glück, da Ottobre, in Averno, trad. M. Bacigalupo, ed. Libreria Dante & Descartes, Napoli, 2019)
Come credo dimostreranno bene questi dieci film, ognuno può chiedere alla poesia ciò che vuole e può cercare il tipo di poesia più adatto alla propria indole e alla propria necessità.
Che la si voglia rivoluzionaria, malinconica, diretta, allegra, colta, politica, popolare, essenziale, violenta, contemplativa e così via, esiste sicuramente una specie di poesia fatta a misura per ciascuno di noi.
Esiste sempre una riposta poetica per ciascuno dei nostri bisogni: dobbiamo solo cercare.
“E cos’è che impararono gli allievi di Amalfitano? (…) Che la vera poesia vive tra l’abisso e la sventura e che vicino a casa sua passa la strada maestra dei gesti gratuiti, dell’eleganza degli occhi e della sorte di Marcabruno”
(I dispiaceri del vero poliziotto, Roberto Bolaño, Adelphi)
Potrà forse sembrare paradossale chiedere aiuto ad un’altra arte, il Cinema, per lasciarsi convincere a leggere poesie.
Posso prendere ad esempio Lucrezio che scelse di scrivere il De rereum natura in versi, per insegnare ai suoi lettori la dura filosofia di Epicuro per mezzo di uno strumento più dolce, in ciò paragonandosi ai medici che, per convincere i bambini a bere una medicina amara, cospargono l’orlo del bicchiere con del miele dolce (De rerum natura,I, 935-947).
Allo stesso modo credo che il Cinema, con la sua bellezza senza appello e diretta, possa convincerci ad avvicinarci alla poesia se ancora opponiamo resistenza: credo che il Cinema possa essere il miele sull’orlo del bicchiere.
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#1 POETRY | Lee Chang-dong (2010)
“Non è difficile scrivere una poesia, ma piuttosto avere il cuore per scriverne una”
Incheon, Corea del Sud. Mi-ja ha sessantasei anni, assomiglia ad un fiore colorato e comincia a non ricordare i nomi delle cose più semplici, come candeggina o portamonete.
Vive con il nipote adolescente, fa la badante per un anziano paralitico e frequenta un corso di composizione poetica, durante il quale viene assegnato alla classe il compito di scrivere una poesia entro la fine delle lezioni e che si rivela essere per lei un compito difficilissimo.
…un fiore rosso come il sangue…
La vita di Mi-ja viene un giorno sconvolta dal suicidio di una giovane ragazza che frequenta il liceo di suo nipote e dal fatto che lui e i suoi amici ne siano i responsabili.
Da quel momento dovrà cercare un modo per tenere insieme i cocci di se stessa andati in frantumi, per cucire insieme quella giovane vita perduta – con tutta la brutalità della violenza e dell’orrore che comporta l’averla perduta – e la poesia, apparentemente così semplice, inutile, leggera. Così ingiustamente bella.
Poetry, a pari merito con Io sono Li e In un futuro aprile, è senz’altro il mio film preferito di questa decina.
Lee Chang-dong è un maestro del non-detto, del non dicibile, dell’essenziale invisibile agli occhi: non vediamo cosa succeda dentro il cuore di Mi-ja, eppure lo sentiamo chiaramente.
Il cinema di Lee Chang- dong decifra il modo misterioso che ha la vita di contemplare violenza e bellezza insieme, luce e buio, orrorre e leggerezza e lo riproduce intatto con tutto il suo mistero e tutto il suo sconvolgimento: Poetry sembra dirci che la poesia non è un mero esercizio stilistico, è un imperativo morale.
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#2 IN UN FUTURO APRILE | Federico Savonitto e Francesco Costabile (2019)
Formalmente dovremmo definirlo un documentario, ma è molto di più.
In un futuro aprile racconta la vita di Pier Paolo Pasolini a Casarsa, in Friuli, negli anni Quaranta e le sue prime poesie, quelle in lingua friulana.
“A un certo punto Pasolini, con tutto il suo bagaglio di conoscenza della lingua, della poesia classica, citata, amata dagli italiani, si è scontrato contro una misera cosa che era il linguaggio dei contadini friuliani e ha optato per questi ultimi. È stato il primo gesto, come dire, da un punto di vista linguistico, il primo gesto sociale di allearsi agli ultimi contro i potenti”
Il film è un capolavoro. Se c’era un modo di rendere visivamente i versi di Pasolini, di trasformare in immagini tangibili le sue immagini immateriali e la sua prima riflessione poetica, Savonitto e Costabile lo hanno trovato.
…ed era pura luce…
La scelta di raccontare un periodo della vita di Pasolini meno noto di altri eppure così fondamentale per tutto ciò che verrà dopo; la preziosissima, e ormai purtroppo irripetibile, collaborazione di Nico Naldini; la straordinaria fotografia evocativa e poetica; il taglio narrativo che cuce ieri e oggi insieme, con discrezione e bellezza; la miscellanea di generi di regia differenti che attinge ai materiali più disparati; la colonna sonora. Tutto, in questo film, è benedetto. Mio dio, è così bello da essere doloroso.
“Ta na sitàt, Trièst o Udin,
ju par un viàl di tèjs,
di vierta, quan’ ch’a múdin
il colòur li fuèjs,
i colarài muàrt
sot il soreli ch’al art
biondu e alt
e i sierarài li sèjs,
lassànlu lusi, il sèil.
Sot di un tèj clípid di vert
i colarài tal neri
da la me muàrt ch’a dispièrt
i tèjs e il soreli.
I bièj zuvinús
a coraràn ta chè lus
ch’i ài pena pierdút,
svualànt fòur da li scuelis
cui ris tal sorneli.
Jo i sarài ‘ciamò zòvin
cu na blusa clara
e i dols ciavièj ch’a plòvin
tal pòlvar amàr.
Sarài ‘ciamò cialt
e un frut curínt pal sfalt
clípit dal viàl
mi pojarà na man
tal grin di cristàl. ”
(Il dí da la me muàrt, Pier Paolo Pasolini)
In una città, Trieste o Udine,
per un viale di tigli,
quando di primavera
le foglie mutano colore,
io cadrò morto
sotto il sole che arde,
biondo e alto,
e chiuderò le ciglia
lasciando il cielo al suo splendore.
Sotto un tiglio tiepido di verde,
cadrò nel nero
della mia morte che disperde
i tigli e il sole.
I bei giovinetti
correranno in quella luce
che ho appena perduto,
volando fuori dalle scuole,
coi ricci sulla fronte.
Io sarò ancora giovane,
con una camicia chiara,
e coi dolci capelli che piovono
sull’amara polvere.
Sarò ancora caldo,
e un fanciullo correndo per l’asfalto
tiepido del viale,
mi poserà una mano
sul grembo di cristallo.
(Il giorno della mia morte, Pier Paolo Pasolini)
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#3 IL GIOVANE FAVOLOSO | Mario Martone (2014)
L’unico film della decina che si affaccia sull’Ottocento (ho preferito non dare spazio a film come Bright Star e Poeti dall’inferno perché già molto noti o perché meno unanimemente acclamati dalla critica, mentre sicuramente ingiusta è l’esclusione di A quiet passion), Il giovane favoloso è un piccolo capolavoro che sa sfruttare a piene mani il talento di Elio Germano per raccontare la vita di Giacomo Leopardi.
Siamo abituati ad una certa rappresentazione scolastica del poeta di Recanati, siamo abituati ad interpretarlo come un ragazzo colto e solitario e poi un uomo depresso o malinconico. E se questa immagine, così ingiusta e scialba, fosse un falso o fosse quantomeno incompleta?
Martone e Germano ridanno vita a ciò che nella nostra memoria è troppo spesso un nobile busto di marmo incarcerato nella sua biblioteca: il sangue ricomincia a fluire nelle vene, scoppia la fame, la voglia, scoppia l’amore e scoppia il dolore.
Leopardi merita tutto questo: di essere per noi un giovane uomo in carne ed ossa, travolto dalla poesia, che ci travolge con la sua poesia.
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#4 THE BUTTERFLY’S DREAM | YILMAZ ERDOĞAN (2013)
“Una volta Zhuāng Zhōu sognò di essere una farfalla che svolazzava felice e spensierata, senza sapere di essere Zhuāng Zhōu. Quando Zhuāng Zhōu si svegliò all’improvviso, inconfondibilmente nei panni di Zhuāng Zhōu, si domandò se fosse veramente Zhuāng Zhōu ad aver sognato di essere una farfalla oppure se fosse in realtà una farfalla che proprio in quel momento stava sognando di essere Zhuāng Zhōu. Tra i due dovrebbe pur esserci qualche differenza! È ciò che si chiama Trasformazione delle Cose” (da Zhuāngzǐ)
1941, Zonguldak, Turchia. Rüştü e Muzaffer sono due giovani poeti alle prime armi, poveri in canna e in salute e, soprattutto, amici.
…la miseria è una scusa per la poesia…
“Ottimista, pessimista: chi è più eroico?”: Rüştü ama il teatro e ha sempre il riso sulle labbra; Muzaffer sogna una macchina da scrivere ed è di animo malinconico; Suzan – giovane studentessa aristocratica – ama il tennis e il ballo e guarda alla vita dei due poeti come se fosse un gioco avventuroso, eccitante.
Sulle loro vite incombono la grande miniera della città – che chiede in pegno la vita di tutti gli uomini in salute tra i quindici e i sessantacinque anni – le notizie della seconda guerra mondiale e la tubercolosi.
The Butterfly’s Dream è l’epopea, tratta da una storia vera, di queste piccole fragili vite. È la storia di un’amicizia potentissima ed è la storia di tutti i poeti dimenticati. Così fragile e potente è la poesia, così fragile la vita.
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#5 IO SONO LI | Andrea Segre (2011)
“Sebbene alle virtù io sia legato,
deriso al mattino, la sera offeso,
pure offeso intreccerò orchidee
e aggiungerò l’angelica bella”
Shun Li, interpretata da una magnifica e commovente Zhao Tao, è una ragazza cinese che lavora in Italia duramente per ripagare le spese del viaggio e del permesso di soggiorno che “quelli” le hanno anticipato e, soprattutto, per fare in modo che suo figlio, lasciato in Cina alle cure del nonno, possa finalmente raggiungerla.
A Chioggia, dove le viene ordinato di trasferirsi per lavorare in un’osteria, incontra Bepi il poeta: un pescatore slavo in pensione, così soprannominato per la sua abitudine di inventare rime sgualcite.
A fare da sfondo all’incontro di due anime pure e gentili nel frastuono routinario di un microcosmo spento e senza più vocazione, un incontro preparato con la solita bellezza curativa cui ci ha ormai abituato Andrea Segre, ci sono i versi del poeta Qu Yuan, il poeta più importante della tradizione antica cinese, e le musiche meravigliose di Fraçois Couturier. È un film bellissimo, non perdetelo.
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#6 ANTONIA | Ferdinando Cito Filomarino (2015)
“A cuore scalzo
e con laceri pesi
di gioia”
Antonia Pozzi è la più grande poetessa italiana del Novecento. Se mi esprimo con toni tanto militari è solo perché “la più” è il linguaggio che usano i bambini ed è solo nella loro magica lingua di piccoli despoti, fatta di assoluti e di primi sogni, che io posso parlare di lei.
Detta “TimiTonia” per l’eccessiva timidezza; ragazza studiosa e di buona famiglia della Milano anni ’30; alpinista; appassionata di fotografia: Antonia Pozzi è una poetessa nobile, oracolare e dura e allo stesso tempo ingenua, entusiasta e selvaggia.
I suoi versi sono colti e spontanei insieme: le sue poesie semplici sono dei rompicapo difficilissimi, disegni armonici quanto ingegneristici.
Antonia di Ferdinando Cito Filomarimo (film prodotto, tra gli altri, da Luca Guadagnino) ne racconta con cura la biografia: è un film giovane, energico e bello nella fotografia, recitato con attenzione, mai sentenzioso, devoto come un innamorato gentile.
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#7 POESÍA SIN FIN | Alejandro Jodorowsky (2016)
In Poesía sin fin Jodorowsky porta in scena la sua scoperta della poesia, il percorso di formazione accidentato e doloroso e passionale che il giovane Alejandro ha dovuto intraprendere alla ricerca della propria identità, del proprio posto nel mondo e dell’arte.
La rottura e l’emancipazione dai legami familiari, l’amore e la sessualità, il rapporto con compagni di viaggio nel mondo dell’arte, la ferita e la grazia d’essere nato artista: alla fine del tunnel ci sarà il suo sé poeta oramai consapevole, oramai adulto.
“Poesía, alumbrarás mi camino como una mariposa que arde”
Poesia, illuminerai il mio cammino come una farfalla che brucia.
Non lasciatevi ingannare dalle tinte pastello, apparentemente innocue, della locandina: stiamo parlando di Jodorowsky e, per questo, il viaggio che vi aspetta sarà un percorso surreale, esuberante, drammatico, rocambolesco, conturbante e commovente.
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#8 NERUDA | Pablo Larráin (2016)
Neruda era un cinghiale ubriaco di passione (con tutto il rispetto).
Se avete già visto Morto Stalin, se ne fa un altro di Armando Iannucci, sapete bene che ci sono molti modi di raccontare la politica e la storia e che alcuni di questi possono essere piuttosto irrispettosi e quindi totalmente adorabili.
Larraín sceglie di percorrere questa via, di essere irriverente e ironico e di confezionare un film surreale, tragicomico e quasi del tutto cinico. Dio benedica il Sud America.
In Neruda, chi dovrebbe essere al centro della scena (retorica) – il grande poeta comunista – è profondamente desacralizzato e appare piuttosto ridicolo, senza però che venga mai messa in dubbio la sua grandezza come poeta. L’antagonista che, al contrario, dovrebbe essere (ed è) ridicolo e detestato – il poliziotto Peluchonneau che dà la caccia a Neruda per motivi politici (interpretato da un sempre eccezionale Gael García Bernal) – è invece poetico fino in fondo, molto più del suo poeta.
Sullo sfondo del Cile di Videla, si scatena così una caccia all’uomo rocambolesca, epica e ridicola insieme: Neruda è un racconto storico e poliziesco quasi del tutto surreale, in cui i ruoli di preda e cacciatore si confondono, in cui sacro e profano, alto e basso, politico e poetico, comico e drammatico si nutrono l’uno dell’altro.
“Puntarono qui i fucili carichi
e ordinarono la strage spietata;
trovarono qui un popolo che cantava
un popolo raccolto per dovere e per amore,
e l’esile fanciulla cadde con la sua bandiera,
e il giovane sorridente rotolò accanto a lei ferito,
e lo stupore del popolo vide cadere i morti
con furia e con dolore.
Allora, sul posto
dove essi caddero assassinati,
si chinarono le bandiere per bagnarsi di sangue
e per rialzarsi di fronte agli assassini.
Per questi morti, i nostri morti,
chiedo castigo.
Per quelli che di sangue cosparsero la patria
chiedo castigo.
Per il carnefice che comandò questa morte
chiedo castigo.
Per il traditore che salì al potere sul delitto,
chiedo castigo.
Per colui che diede l’ordine dell’agonia
chiedo castigo.
Per quelli che difesero questo delitto
chiedo castigo.
Non voglio che mi diano la mano
intinta nel nostro sangue.
Chiedo castigo.
Non li voglio come ambasciatori
e neppure a casa loro tranquilli,
li voglio vedere qui giudicati,
in questa piazza, in questo luogo.
Voglio castigo.”
(I nemici, Pablo Neruda, da Canto General)
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#9 PATERSON | Jim Jarmusch (2016)
Che cos’è Paterson?
Paterson è una cittadina del New Jersey.
Paterson è il titolo del lungo poema epico di William Carlos Williams, uno dei padri della poesia statunitense, che a quella cittadina si ispira.
Paterson è il luogo in cui è cresciuto Allen Ginsberg, a proposito del quale vi consiglio di guardare sia Kill Your Darlings di John Krokidas sia Urlo di Rob Epstein & Jeffrey Friedman (nonostante le critiche non troppo generose, sono entrambi perfettamente in grado di raccontare la scintilla della poesia di Ginsberg).
Paterson, infine, è un film di Jim Jarmusch ed è anche il nome del suo protagonista.
Jarmusch potrebbe lasciarvi piuttosto spiazzati (o forse no, se siete già abituati all’eclettismo lirico dei suoi film, da Stranger Than Paradise a Only Lovers Left Alive, passando per Mistery Train e Broken Flowers): perché in Paterson non succede nulla, o quasi.
Paterson è un autista di autobus, vive una vita tranquilla e ordinaria, ama teneramente sua moglie e scrive brevi poesie ispirate alle persone che incontra ogni giorno, che annota sul suo fedele taccuino.
I versi che compone sono lo specchio della placidità della sua vita, del microcosmo umano che è la sua cittadina e della essenzialità della poesia di William Carlos Williams che lo ispira.
Ma che cos’è la felicità? Il film è un torrente che scorre quieto ed enigmatico e ci dà, a suo modo, una risposta.
“Ho mangiato io
le prugne
che erano
in frigorifero
e che tu
probabilmente
avevi tenuto da parte
per colazione
Scusami
ma erano deliziose
così dolci
e così fredde”
(This Is Just To Say, William Carlos Williams, 1934)
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#10 LONTANO DA QUI | Sara Colangelo (2018)
“Anna è bella
bella abbastanza per me.
Il sole colpisce la sua casa gialla
e sembra che sia quasi un segno di Dio”
Lisa, interpretata da un’eccezionale Maggie Gyllenhaal, ha quarant’anni, è una maestra e nel tempo libero frequenta un corso di scrittura poetica.
Un giorno scopre che Jimmy, uno dei bambini a cui insegna, è capace di inventare bellissime poesie: è un piccolo Mozart della poesia.
Da quel momento qualcosa dentro Lisa si rompe e allo stesso tempo si infiamma, irreparabilmente.
A contatto con il talento incontaminato naturale e geniale del piccolo Jimmy, vengono a galla tutte le frustrazioni accumulate negli anni, come artista senza dono e come madre “tradita” da quei figli che, ormai adolescenti, non condividono la sua passione.
Allo stesso tempo, però, si sente chiamata a proteggere Jimmy da tutto ciò che rischia di sprecare o contaminare il suo dono.
Sara Colangelo, promettentissima regista italoamericana, ha girato un film (remake di un omonimo film israeliano di Nadav Lapid del 2014) lirico con sfumature da thriller, commovente e molesto, in cui la disperazione, la disillusione e la passione alimentano lo stesso incendio.
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Questi dieci film sono stati scelti sulla base di due criteri del tutto discutibili: il mio gusto personale e la loro età, dal momento che ho scelto solo film dell’ultimo decennio.
Questo ha comportato una serie di inconvenienti, tra cui l’esclusione di grandi capolavori come Il postino o L’attimo fuggente e di piccole gemme come, ad esempio, Un viaggio chiamato amore di Michele Placido.
Ho scelto, inoltre, di escludere due bellissimi documentari – The Poetess di Stefanie Brockhaus & Andy Wolff (2017) e We Are Poets di Daniel Lucchesi & Alex Ramseyer-Bache (2012) – e me ne pento un poco, specialmente perché avrebbero rappresentato un altro mondo ancora della poesia, quello della protesta. Temo siano più difficili da reperire e non ho voluto accogliere nella decina più di un documentario.
Devo dare atto, infine, di non aver ancora trovato il coraggio di guardare Il colore del melograno di Paradžanov.
Ad ogni modo spero che abbiate potuto trovare buoni e nuovi suggerimenti e che questi film possano incentivarvi verso quella investigativa salvifica e sensuale indagine che è la scoperta individuale, personale dei multiformi mondi della poesia.
Quali altri film sulla poesia consigliereste?
For Colored Girls, film drammatico statunitense del 2010 diretto e scritto da Tyler Perry.
Grazie mille, prendiamo nota! 🙂